Birra al caffè: le produzioni artigianali italiane
L’uso del caffè nella birra può sembrare un accostamento bizzarro, ma in realtà il suo corredo aromatico è espressione di profumi e colori rintracciabili in molte birre scure caratterizzate da malti torrefatti. In un periodo in cui tra le birre di tendenza trionfano aggiunte di ingredienti particolari, per non dire fuori dal comune, il caffè rimane saldamente legato all’immaginario delle Stout, andando ad ampliare la varietà di sensazioni olfattive, gustative e boccali rintracciabili nel bicchiere. Vi proponiamo una carrellata di alcune versioni realizzate in Italia.
Tra le prime realizzate nello Stivale c’è Na Tazzulella ‘E Cafè del birrificio Karma, una Imperial Stout da 8.5% caratterizzata dall’uso di caffè Jamaica Blue Mountain. Il caffè la fa da padrone sia al naso che in bocca, proponendo sensazioni che ci ricordano l’euforia della prima tazzina della giornata.
In Piemonte grandi ricordi, su questo tema, suscita anche la Chicca, di Pausa Cafè, quando ancora Andrea Bertola era all’interno del progetto, caratterizzata da una piccola ma significativa percentuale di caffè di Huehuetenango (Presidio Slow Food). Restando in regione anche Grado Plato si è fatto conoscere per la sua Arabica Porter, una base dark ale classica con aggiunta di caffè di qualità arabica della vicina torrefazione Caffè Vergnano. Una ricetta che risale ancora ai tempi in cui Sergio Ormea, il fondatore, era saldamente il birraio, prima di ritirarsi qualche anno fa dalla scena.
E tra le birre con aggiunta di caffè non si può non citare la Donker del lombardo Extraomens, che ha suggellato il legame con la torrefazione El Mundo (proprietaria del birrificio) con una possente Imperial Coffee Stout, con caffè tostato ad hoc che accompagna, sicuro di sé, una lunga corsa evolutiva all’insegna della liquirizia e del cacao.
Fra le birre al caffè ricordiamo un interessante connubio creato dal birrificio Carrobiolo, ovvero la Coffee Brett, una imperial stout da 11% con aggiunta di caffè della torrefazione Malatesta e brettanomiceti. Il risultato è una birra dal colore tendente al nero ornata da una schiuma color cappuccino. I brettanomiceti le conferiscono dei sentori tipici dei lieviti selvaggi, cuoio, pelle di salame, che, però, ritroviamo solo accennati in bocca, dove invece trionfa un tripudio di sensazioni che rimandano al caffè tostato, al cioccolato fondente e al caramello.
Altro matrimonio tra acidità e caffè hanno pensato anche in casa Loverbeer. Stiamo parlando della Marchè’l Re. Valter Loverier, il birraio, parte da una base di Imperial Stout di casa, la Papessa, che viene messa in barrique di rovere per una durata di 12 mesi. Arrivando alla fine di questo periodo, vengono aggiunte spezie (china calissaia, rabarbaro, genziana, zafferano) e caffè 100% arabica in infusione a freddo.
Proseguiamo con l’Imperial Coffee Stout, la Panamanà, dell’umbro Birra Perugia. In questo caso viene aggiunto un estratto a freddo di caffè che conferisce alla birra i tipici tratti organolettici dello stile: colore nero impenetrabile e schiuma color cappuccino, al naso prevalgono stuzzicanti aromi di torrefazione e tostature.
Anche il piccolo Birrificio dei Castelli qualche anno fa si dedicò a questo filone: il risultato fu la Zigan Cafè, una Imperial Coffee Stout caratterizzata dall’impiego di otto varietà diverse di malti, tra cui orzo, frumento e avena, ma soprattutto dall’uso di una miscela di chicchi boliviani e sudamericani. Il corpo morbido, i suoi 7.5 gradi e la varietà aromatica che spazia dal caffè, al cacao e alla liquirizia, rendono la bevuta particolarmente godibile seppur complessa.
Sempre nel Lazio il birrificio Eastside di Latina, ha unito le forze insieme ad altri quattro marchi laziali, Hilltop (Bassano Romano, Viterbo), Rebel’s (Roma), Ritual Lab (Formello, Roma) e Vento Forte (Bracciano, Roma), per forgiare una Imperial Porter da 9 gradi e mezzo con aggiunte di caffè in fase di fermentazione. Per l’esattezza sono finiti in tino 30 chili (macinati a mano, quindi utilizzati in estrazione a freddo) su 2500 di massa liquida totale, oltre a vaniglia, nelle battute precedenti l’infustamento.
Tra le proposte italiane citiamo anche la Moak del birrificio siciliano Tarì, una Stout con aggiunta di caffè arabica monorigine Etiopia estratto a freddo della torrefazione Moak di Modica, una collaborazione tutta sicula. Continuiamo con la Birra Caffè Barrique, una collaborazione tra il birrificio abruzzese La Monna e la torrefazione Faraglia. Si tratta di una American Stout da 6.4% le cui note torrefatte vanno ad accentuare le sensazioni del caffè. In questo caso i chicchi, macinati in maniera grossolana, vengono inseriti in infusione durante la fase finale di mash. In tempi più recenti troviamo la Cocomoon del birrificio umbro Amerino, una Milk Stout da 6.3%, aromatizzata da scaglie di cocco, vaniglia Bourbon e caffè, che conferiscono alla birra un profilo aromatico decisamente marcato.
Anche la Notte Fonda del toscano Brasseria della Fonte, è un ottimo esempio di Imperial Stout con aggiunta di una miscela di caffè, arabica 75% e robusta 25%, e sciroppo d’acero. Il risultato è una birra dal colore nero con un bel cappello di schiuma cappuccino, morbida e rotonda in bocca. Gli ingredienti conferiscono note aromatiche ben conosciute agli estimatori del genere: cioccolata fondente e liquirizia.
Concludiamo con due ultimi esempi: la Buandìa del birrificio Endorama, una American Brown Ale da 6.5% con aggiunta di caffè Huehuetenango del Guatemala in infusione a freddo; e la Masca del Birrificio Torino, una Schwarz da 5.2%, in cui viene inserita una miscela di caffè dalla tostatura leggera, 80% arabica, 28% robusta.