Birrificio Lambrate

Questa storia nasce ai tempi dei banchi di scuola, quando Fabio Brocca e Davide Sangiorgi si conoscono. Quando Giampaolo, il fratellino di Davide, si unisce alla compagnia, all’epoca hanno tra i 16 e i 17 anni. Gli anni passano e a cementare quel gruppo, nel 1996, arriva Zoe, figlia di Davide e Alessandra Brocca, sorella di Fabio. È l’inizio di una delle bellissime storie della birra artigianale italiana: quella del birrificio Lambrate. Giampaolo Sangiorgi, Davide Sangiorgi e Fabio Brocca iniziano la produzione di birra artigianale nell’autunno del 1996, mentre il locale apre i battenti il 5 aprile 1997. Quel 5 aprile, in via Adelchi, fu il delirio. I lambratesi risposero in massa all’evento, la birra finì dopo qualche ora, i vicini chiamarono la polizia, terrorizzati dall’orda di clienti fuori dal locale. Per problemi di quantitativi, più che di ordine pubblico, il locale per i primi 3 o 4 mesi apriva 3 giorni a settimana per 2 o 3 ore. Il limite di consumo di Montestella e Porpora, le prime due birre, era di cento litri ad apertura. Ed ecco arrivare il secondo impianto, da 500 litri. Come dicevo i segnali per passare da subito a qualcosa di più grande erano evidenti, ma erano anni in cui già concepire un birrificio era un azzardo, e forse nemmeno i tre soci credevano davvero nel loro potenziale. In fondo erano visti come dei ragazzi scapestrati, cialtroni per autodefinizione, senza nessuna voglia di studiare o di lavorare (in ufficio). Più o meno in contemporanea il locale cambia nome. Già perché quel 5 aprile ad aprire i battenti fu lo Skunky Pub. Fabio aveva visto una cartolina in inglese con su una puzzola – racconta Giampa – e gli era piaciuta un sacco: dobbiamo chiamarci così! Fatto sta che all’ennesima domanda dei clienti se la birra fosse fatta con l’omonima droga, Giampa prendere in mano le redini della situazione: stacca l’insegna sopra la vetrina, la riporta da chi l’aveva fatta e sul retro fa scrivere Lambrate. 

Nel 1998 Alessandra inizia a lavorare per Lambrate, Giampa lascia la produzione al fratello Danko e inizia a dedicarsi al bancone della birreria. L’assetto cambia forma. Certo, la macchina non è ancora perfetta, ma in quel momento di meglio non si può fare. Intanto le birre aumentano e continuano a scorrere a fiumi nel pub. Passano tre anni e arriva il terzo impianto, da 1000 litri. Ancora una volta si sottovaluta la sete dei lambratesi, ma il 2001 porta a un cambiamento molto importante: Danko passa alla cucina del locale, ideale spalla del fratello alle spine, Fabio prende saldamente le redini della produzione. Fabio è schivo, di poche parole, comunica poco: Fabio non parla – dicono Alessandra e Giampa in coro – occorre interpretarlo. È però un attento osservatore, studia molto, ed è evidentemente portato per natura a fare il birraio, ha una bella mano e un buon palato. Ama stare in birrificio, in produzione, molto meno alla ribalta. Lui al pub non starebbe mai dietro al bancone, preferisce stare nell’ombra. Negli anni ha saputo circondarsi di persone simili a lui, di poche parole, ma concreti, come Stefano Di Stefano, Mattia Bonardi e Stefano Zandalini. 

Le birre crescono, cambiano, si evolvono, ne arrivano di nuove. Oltre alla scuola tedesca si inizia a guarda alla tradizione anglosassone e, perché no, all’emergente rivoluzione americana. È centrale, nella prima metà dei 2000, il cambio nell’uso dei luppoli: da qui in avanti ne sarà fatto un uso sempre più generoso (ma bilanciatissimo da Fabio), che, piano piano, caratterizzerà buona parte delle produzioni passate, presenti e future. L’impianto lavora a pieno regime, gli ettolitri di produzione aumentano, ma la birra non basta mai. Sono azzeccati, per modo e tempi, anche i cambi di ricetta che le birre hanno subito. La Montestella, ad esempio, racconta al meglio la crescita esponenziale dei ragazzi di Lambrate. Nata ad alta fermentazione, opalescente, sbilanciata sui malti, è oggi limpida, a bassa fermentazione, ben luppolata, ma estremamente equilibrata. 

Nel frattempo la famiglia si allarga: nel 2006 Alessandra e Paolo Maran entrano in società. Ognuno è determinante per tutta la compagine. Lambrate è una famiglia e ogni dipendente lo percepisce: sia al pub, in produzione o in ufficio si respira ironia e spensieratezza, quasi mai tensione. Certo, nei momenti cruciali si fa sul serio, ad esempio quando si prendono decisioni importanti, con nel 2008, con l’arrivo del quarto impianto, un 20 Hl della tedesca Kaspar Schulz. Oramai il birrificio occupa tutto lo spazio a disposizione nel caseggiato, ha monopolizzato il cortile fronte via Adelchi e piano piano si avvicina al picco di produzione. Anzi di lì a poco si aggiunge un altro pezzo, nel cortile posteriore, dove trova posto la linea di imbottigliamento. Per raggiungerlo, nei primi tempi, occorreva strisciare sotto due maturatori, per nulla agevole. Nel 2010 entra in squadra Ivo Fumagalli per occuparsi del laboratorio di analisi, fondamentale per dare riferimenti continui e costanti alla produzione e anche per cominciare a studiare meglio i lieviti. Il 17 dicembre 2011 inaugura un altro pub, sempre nel quartiere, in via Golgi. Danko si prende la cucina del nuovo locale, dove può dare libero sfogo alla sua passione. A occuparsi del pub ristorante è Paolo Marangon, che dopo una vita dietro le spine di Adelchi, ha saputo creare uno spazio ben diverso rispetto al primo locale, ma altrettanto caldo e accogliente. Sul fronte della produzione, nel 2012, fa la sua comparsa in birrificio l’impianto di osmosi, che permette di depurare l’ostica acqua di Milano, che può essere così bilanciata al meglio per la produzione. Arriviamo così al Rolec automatico da 40hl che oggi troneggia in un capannone non distante da Adelchi, accompagnato da una macchina di imbottigliamento di bottiglie e lattine. Il mercato lo richiede e il Lambrate, pur restando un’azienda artigianale, oggi conta una quarantina di persone impegnate.

Le etichette e i nomi delle birre sono divertenti, e omaggiano la città meneghina. A volte richiamano figure milanesi (Ghisa, Magut, Beccamort), luoghi di Milano (Montestella, Domm, Sant’Ambroeus), oggetti del desiderio (la bici Saltafoss), modi di dire dialettali (Rob de Matt, Quarantot, Gaina). Oggi sono ben 12 le referenze fisse, 6 le stagionali, 12 le speciali, oltre a one shot e collaborazioni di cui si è perso il conto.

Informazioni e contatti

Via Gaetano Sbodio 30/1
20134 Milano
birrificiolambrate.com
birra@birrificiolambrate.com
02.70638678

Dati di produzione

Anno di fondazione: 1996
Produzione annua: 8000 hl
Sala cotte: 40 hl

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