Emozioni estive: spiedini di calamari e keller
Immancabili negli archivi di qualsiasi golosario estivo, molluschi e ortaggi mediterranei sono i protagonisti di questa nuova pagina dedicata alle sperimentazioni in tema di abbinamenti tra birra e fornelli. Vogliamo parlarvi infatti di un’idea tanto leggera e tanto semplice nella preparazione, quanto gustosa e appagante al palato: gli spiedini di calamari alla mediterranea ovvero con pomodori e melanzane. Una colonna della bibliografia culinaria nazionale in salsa litoranea (a tutte le latitudini e su ciascuno dei due fianchi dello stivale, il tirrenico e l’adriatico, ma soprattutto sulle tavole delle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna); una tappa praticamente obbligatoria della gastronautica di riviera, nei mesi tra giugno e settembre.
Il dietro le quinte
L’ambientazione: pomeriggio, casa vostra. Il motore del racconto: una telefonata, la convocazione di una cena per quattro, da preparare (a quel punto) al volo. La sceneggiatura, in sintesi. Procuratevi sedici calamari, due etti di melanzane, uno di ciliegini, 30 grammi di ricotta salata, olio extravergine d’oliva, una saliera, quattro spiedini lunghi in legno. E ora, su le maniche: all’opera. Pulire e predisporre le melanzane: via la buccia, il peduncolo, la base; tagliare il fusto longitudinalmente in fette sottili, da stendere su un vassoio e da lasciar riposare per tre quarti d’ora dopo averle cosparse di sale; infine asciugarle e brunirle appena (un minuto per ogni lato) sulla griglia precedentemente lubrificata con un filo d’olio. Passare dunque ai pomodori: lavandoli e tagliandoli a spicchi (facile). E dopo sta ai frutti di mare, da pulire a loro volta: anzitutto da sezionare, separando, dal sacco viscerale, testa e tentacoli (mettendo i secondi da parte); poi da mondare, rimuovendo i visceri residui dai rispettivi sacchi. I quali, a questo punto, verranno aperti a libro; arrotolati e (in numero di quattro per ciascuno) infilzati con i bastoncini di legno; cosparsi di sale e cotti alla griglia (sempre prima passata con olio) per otto minuti. Ripetere l’operazione (ma riducendo i tempi a tre minuti) con i tentacoli; quindi impiattare il tutto (spiedini, tentacoli, melanzane e ciliegini). Se volete potete dare un tocco in più con una spolverata di ricotta grattugiata.
Il colpo di scena
Gli amici sono a tavola, il nostro piatto terra-mare idem, le ganasce motivate… E da bere? Sarebbe facile un vino bianco. Ma per sorprendere la platea, ecco il coup de théâtre: anziché il calice, la pinta. Anzi: il boccale. Perché per stupire lo stupore (una capriola mica da niente), invece di andare sul velluto di una birra sour (Berliner Weisse, ad esempio) o sweet-and-sour (Witbier, tra le altre), che sarebbero le opzioni più immediate, il sapore della sfida ci incoraggia a virare invece su un altro e diverso terreno tipologico. Ragioniamo. Il nostro boccone ha consistenza leggera, non molti grassi di spalare via, aromi di tipo vegetale (oltre che ittico, ma in questo caso molto delicato); ha le lievi acidità dell’extravergine e del pomodoro; inoltre, grazie alla ricotta, sguaina una punta di sapidità. Al netto di qualche approssimazione, ci serve una bevuta leggera; olfattivamente orientata a note campestri, affini a quelle del piatto; priva, al sorso, di amaricature che vadano in potenziale contrasto con l’elegante acre dei ciliegini e con l’appena citato cloruro di sodio: una birra morbida, sostanzialmente. In una parola: ci serve una Keller; per l’esattezza una Keller chiara.
Va bene, ma fuori i nomi! Tra le decine da poter proporre, in ambito tedesco, ne scegliamo due: la Ungespundetes Landbier targata Bayer (Theinheim); e la Mönchsambacher Lagerbier della scuderia Zehendner (Mönchsambach). Così, per par condicio, altrettante ne suggeriamo sullo scenario italiano: la Brad Peter firmata a Curno (Bergamo) da Hop Skin; e la Badani Breakfast di casa Altavia (Sassello, Savona).