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Hall of Fame. Capitolo XXIV. Franziskaner Oktoberfest Ur-Märzen

Nella nostra Hall of Fame delle birre che, pur con ruoli e rilievi diversi, hanno contribuito a fare la storia della birra stessa, non poteva mancare uno spazio per il prodotto che ha legato a doppio filo il proprio nome a una manifestazione la cui popolarità è di per sé un elemento di oggettivo rilievo: una popolarità globale e trasversale, che include anche quanti dal mondo della pinta sono lontani anni luce. Parliamo, sì, dell’Oktoberfest di Monaco.

La rassegna nata da quelle che in origine, nel 1810, furono in realtà un insieme di iniziative pubbliche organizzate per celebrare, coinvolgendo i sudditi, le nozze del principe ereditario di Baviera, il futuro Re Luigi I, con la Principessa Teresa di Sachsen-Hildburghausen. Tali iniziative che si svolsero su un prato (Wiese) ai tempi ancora alle porte della città e da allora battezzato come Theresienwiese, appunto in onore della sposa. L’ultimo appuntamento di quel programma di feste nuziali fu una corsa di cavalli; e sancì un successo tale per cui si decise di ripetere l’operazione anche l’anno successivo. Nei primi decenni, peraltro, il programma si mantenne su uno standard piuttosto modesto, sotto il profilo delle occasioni di puro divertimento (la prima giostra e le prime due altalene comparvero nel 1818); ma fin da subito, pur in piccoli chioschi, si poté bere birra in quantità. Ecco, fu proprio l’attrattiva del boccale a spingere l’Oktoberfest lungo la strada che ne avrebbe fatto l’odierno fenomeno turistico planetario e di massa. I baracchini crebbero velocemente di numero; dai primissimi anni Settanta fu allestito il luna park; e dal 1896 in luogo degli iniziali casottini fecero la propria entrata in scena i grandi padiglioni. L’identificazione tra il festival e la bevanda figlia dell’orzo era compiuta.

Gli artefici dell’evoluzione dell’Oktoberfest furono dunque, in primo luogo, somministratori e produttori di birra. Tra questi ultimi, un ruolo di spicco spetta, ancora una volta, a un membro della famiglia Sedlmayr: se Gabriel II (figlio del patriarca omonimo e suo erede alla Spaten) è stato il padre della moderna Münchner Dunkel e se i suoi figli (Johann, Carl, Anton) tennero a battesimo la  Münchner Hell, stavolta tocca al fratello maggiore di Gabriel il giovane: quel Josef  che (nto nel 1808 e scomparso nel 1886) in principio fu anch’egli al vertice della Spaten, per poi invece seguire un cammino autonomo.

Nel 1842 Josef entra in possesso di un’altra fabbrica monacense, la Leistbrauerei; nel 1858, poi, acquisisce una partecipazione nel capitale sociale della Franziskaner; di essa, infine, diviene nel 1861 unico titolare, accorpandole (quattro anni dopo) la Leistbrauerei medesima. Ecco, nel ruolo di comandante in capo della Franziskaner (la quale, per inciso, nel 1922 si sarebbe unita alla stessa Spaten in un solo soggetto aziendale), si rivela particolarmente dinamico; anche e soprattutto sul fronte d’iniziativa riguardante l’Oktoberfest.

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In particolare, il maggiore dei due Sedlmayr capisce che quella manifestazione ha le carte in regola per diventare un appuntamento di grande richiamo e, dunque, di grande valore economico. E capisce che, per quella rassegna (le cui fortune intuisce essere legate alla birra), occorre creare una tipologia ad hoc, una tipologia dedicata. L’operazione prende forma nel suo pensiero. Da un lato questa nuova ricetta deve legarsi alla tradizione, dall’altro deve puntare la barra verso il futuro. Per soddisfare questa seconda condizione, Josef guarda con interesse al lavoro di  Anton Dreher (con cui la famiglia Sedlmayr aveva un rapporto di conoscenza profonda): l’ideatore della Vienna e del malto ambreggiante che da essa prende il nome. Ecco, il patron della Franziskaner sceglie, per il suo progetto, di utilizzare proprio quella tipologia di malto, quale inequivocabile segno di modernità. E il legame con la storia, con le radici? Viene soddisfatto presentando la nuova birra come espressione di una consuetudine produttiva di tipo, appunto, tradizionale: quella delle Märzen, brassate in marzo con i primi orzi primaverili (senza prescrizioni cromatiche vincolanti), maturate in lagerizzazione durante l’estate e bevute alla fine della stagione calda, in corrispondenza con l’avvicendamento tra essa e il subentrante autunno. Quella birra (dal colore ovviamente ambrato, come quello della cugina Vienna) vide il proprio varo nel 1872 e venne chiamata dal suo creatore Ur-Märzen. Da allora sovrappone i suoi confini con quelli della qualifica di Oktoberfestbier; e sebbene oggi entrambe le diciture trovino interpretazioni anche in vesti chiare, è senza dubbio il profilo voluto da Sedlmayr a rappresentare il paradigma originario della tipologia.