Hall of Fame. Capitolo I. Spaten Münchner Hell
Può esistere una Hall of Fame del mondo brassicolo? Quali sono le birre più influenti di tutti i tempi? Porsi la domanda non è poi così peregrino, se a lasciarsi trascinare nel giochino è stato più di un osservatore autorevole. Tra coloro che si sono cimentati nell’ipotizzare una simile galleria figura ad esempio un nome come Martyn Cornell. Il noto autore inglese – giornalista di lungo corso, componente (e tra i fondatori) della Gilda britannica degli scrittori birrari, nonché vincitore del titolo annuale di Beer Writer – ha di recente, replicando a un’analoga iniziativa del sito statunitense First we feast, stilato una sua lista delle 20 birre che più hanno inciso sulla storia della bevanda. Ebbene, l’idea di unirsi a questo balletto è piaciuta anche a noi, e così ecco qua la nostra Hall of Fame, che vogliamo, a partire da qui, svelare a puntate, presentando le birre elette una ad una. Non si tratta, sottolineiamo, di una classifica: dalla meno alla più importante o viceversa, ma di un elenco nel quale le iscritte stanno alla pari l’una rispetto alle altre. E la cui selezione ha chiaramente un valore storico: non (o non sempre) in ordine al valore assoluto attuale del prodotto.
La prima birra della nostra ideale collezione è la Spaten Münchner Hell, in quanto (la motivazione) capostipite dello stile d’appartenenza, il cui rilievo nei costumi birrari dal Novecento a oggi è del tutto evidente. Secondo quanto riferisce il German Beer Institute, le chiare di Monaco rappresentano una tra le non moltissime tipologie per le quali si possano indicare sia una paternità, sia una data di nascita documentatamente accertate. Il loro compleanno è il 21 marzo 1894 e a darle i natali sono i fratelli Sedlmayr – Johann, Carl e Anton – nipoti di Gabriel Sedlmayr il vecchio e figli di Gabriel Sedlmayr il giovane: quest’ultimo meritorio autore di studi fondamentali sul lievito a bassa fermentazione e sulle connesse tecniche di fermentazione, grazie ai quali realizzò la sua Lager primigenia (una Dunkel), senza la quale, probabilmente, non ci sarebbe stata neanche una Pilsener.
Ecco, l’entrata in scena delle Bavarian Hell s’intreccia a doppio filo sia con la vicenda delle sorelle maggiori Dunkel, sia con quella delle appena citate Pilsener. Il cui successo, motivato dall’accattivante color dorato, costrinse in un certo qual modo i produttori di Monaco a confezionare uno stile in grado di fronteggiare il boom di consensi tributati alla rivale boema. Al termine dell’ovvia gestazione nei laboratori aziendali, sotto il profilo commerciale l’operazione andò in porto, come detto, in quella prima giornata di primavera del 1894; quando la capitale bavarese, vide uscire dai magazzini della Spaten, diretta ad Amburgo dove avrebbe svolto un test di messa sul mercato, appunto la prima spedizione di botti di morbida Hell. La prova generale programmata nelle taverne del grande polo portuale su Mare del Nord fu un successo: la Baviera aveva trovato la sua birra regina, che tale si rivelò anche in patria, dove – dopo l’esordio, datato 20 giugno 1895 – ha da allora soddisfatto la sete dei suoi concittadini, primeggiando nei loro favori, solo negli ultimi decenni scavalcata in popolarità dalla Weizen con le sue diverse declinazioni.
Peraltro, parlando di sottostili, anche la nostra bionda tedesca ha i suoi: le più alcoliche (la media della tipologia è 5 gradi) vengono qualificate come Export Helles; quelle indicate come Urhell or Urtyp-Helles (Ur significa originale; Urtyp è traducibile come di tipo originale) mettono l’accento sull’autenticità tradizionale della propria ricetta o del proprio pedigree; la dicitura Spezial Helles designa semplicemente una produzione stagionale o di qualità particolarmente elevata; infine, una Edel-Hell enfatizza l’utilizzo di luppoli nobili (aggettivo che in tedesco corrisponde al termine Edel).