Hall of Fame. Capitolo VI. La Dreher Schwechater Lager
Può una famiglia brassicola – alludiamo all’albero genealogico delle basse fermentazioni – avere non una, ma più capostipiti? La risposta è, ragionevolmente, no. Nel nostro caso la mamma di tutte le successive Lager è senza dubbio quella indicata dallo storico inglese Martyn Cornell: la Spaten Lager concepita da quello sperimentatore rivoluzionario e visionariamente innovativo delle virtù del Saccharomyces Pastorianus che fu Gabriel Sedlmayr il giovane. Eppure, la progenie di cui stiamo parlando, se ha avuto (giustamente) una sola, diciamo così, genitrice, ha allo stesso tempo espresso invece tutta una serie di birre di portata epocale: capaci cioè o di dar vita a uno stile specifico o di condurre in prima linea la travolgente ascesa delle basse fermentazioni fino a quell’innegabile egemonia che ne caratterizza l’attuale presenza sul mercato.
Della Pilsner Urquell e della Spaten Münchner Hell abbiamo parlato nei rispettivi post dedicati; in questa sede parliamo della Schwechater Lagerbier firmata dall’austriaco Anton Dreher: iniziatrice della tipologia Vienna e, in generale, matriarca di tutte le basse fermentazioni moderne dai colori ambrati.
La vicenda personale e professionale di Dreher s’intreccia a quella dello stesso Sedlmayr, di cui fu compagno d’avventura, sia nei suoi viaggi formativi, sia nelle sue iniziative di modernizzazione delle tecniche di brassaggio, incentrate – come detto – in particolare sul fronte Lager. Rampollo – altra affinità con l’amico Gabriel – di una discendenza di birrai, nacque nel 1810 e morì nel 1863 a Schwechat, cittadina oggi contigua alla capitale Vienna, dove il padre, Franz Anton, aveva acquistato nel 1796 un impianto di produzione.
Qui – una volta prese in mano le redini dello stabilimento – Anton applicò le procedure di birrificazione elaborate proprio da Sedlmayr; combinandole, parallelamente all’intuizione avuta da Josef Groll a Plzen, alle tecniche di essiccazione del cereale basate su quelle utilizzate in Inghilterra e atte a ricavare, da medesimi orzi di partenza, malti assai più chiari, grazie alle opportunità di regolazione della temperature consentite dal forno a getto d’aria calda (sostitutivo della cottura a fiamma diretta). A differenza però delle scelte compiute in Boemia, l’austriaco si orientò su tonalità più scure: l’intento (e il risultato) furono quelli di ottenere malti che, cromaticamente, dessero al prodotto finale tinteggiature tali da ricordare le Bitter britanniche, collocandosi dunque a metà strada fra quelle delle Pilsner e quelle delle Münchner Dunkel.
Riuscito nell’obiettivo che si era prefisso, Dreher lanciò (a cavallo tra il 1840 e il 1841) la sua ambrata. Il tipo di malto conferito, battezzato Vienna, istituzionalizzò una definizione che non solo mantiene tuttora, ma che venne assegnata anche alla derivante tipologia birraria, lo stile Vienna, appunto. Mentre il nome d’arte assunto da quella untergärung bier color Bitter Ale fu – come detto – Schwechater Lagerbier: un epiteto che più di ogni altro contribuì a ufficializzare il termine Lager come sinonimo di bassa fermentazione. Nel gotha dei birrai, relativamente alle fortune della bottom fermented family, a Dreher spetta assolutamente un posto pari a quello dei suoi colleghi, e coetanei modernizzatori, Sedlmayr e Groll.