Hall of Fame. Capitolo XXVIII. Anchor Steam Beer
Così come già in riferimento alle American Ipa e alle American Wheat Ale, anche relativamente a un’altra categoria birraria precipuamente statunitense la Anchor Brewing Company rivendica un diritto di primogenitura, se non sulla tipologia in assoluto, quantomeno sull’iniziativa di registrazione della denominazione che quella ricetta identifica.
Parliamo della Steam Beer, definizione alternativa ed equipollente a California Common: che però il marchio di San Francisco ha, appunto, fatto proprio in esclusiva, nel 1981: blindando (nel pieno del risveglio d’interesse verso gli stili tradizionali e pre-proibizionistici generato dal big bang della rinascita artigianale Usa) la designazione concernente una procedura la quale, peraltro, faceva a pieno titolo parte del bagaglio storico dell’azienda, trattandosi di un protocollo operativo praticato fin dal 1896. E così, nella nostra Hall of Fame eleggiamo la Anchor Steam Beer, a rappresentante contemporanea di un’esperienza brassicola comunque non riconducibile soltanto alla Brewing Company fondata, in quello stesso 1896, da Ernst F. Baruth e Otto Schinkel; bensì caratteristica di tutta un’epopea che coinvolse tutto il quadrante geografico dell’Unione a sudovest del Paese.
Ebbene, in quello scenario, ci si trovava a birrificare utilizzando lieviti Lager ma senza poter avvalersi di strumenti di refrigerazione mediante i quali operare un preciso controllo delle temperature. Il che costringeva ad adattarsi alle circostanza, facendo ricorso a tecniche ingegnose. Tra esse, quella applicata alla Anchor era la stessa seguita in tutta Frisco, e consisteva nel governare termicamente la fermentazione esercitandola in vasche basse, larghe e aperte, collocate sulla sommità degli edifici, dove – a contatto con la nebbiosa e fresca aria notturna – il mosto si raffreddava naturalmente, liberando corposi sbuffi di vapore condensato. Vapore che in inglese si traduce con la parola steam!