Hall of Fame. Capitolo XXIX. Anchor Summer Wheat
Dopo averlo già fatto in ordine all’ascesa delle American Ipa, torniamo a dar merito alla Anchor Brewing di San Francisco, per aver dato i natali a un altro fra gli stili birrari di spicco della nuova generazione statunitense (venuta alla luce nell’ultimo quarto del secolo scorso): quello oggi codificato come American Wheat Beers. Caratterizzata da una miscela contenente dal 30 al 50% di malto di frumento (il resto essendo d’orzo), dall’assenza di aromatizzanti diretti (sostituiti da luppoli yankee), dall’inoculo di lieviti poco o niente esterificanti (neutri da alta o direttamente Lager), da valori in Ibu superiori ai modelli tedeschi di base (l’intervallo è 15-30: lo troviamo solo nelle Weizenbock), questo tipologia trova la propria capostipite nella Anchor Summer Wheat, uscita nel 1984.
La stessa compagnia californiana ricorda come in realtà l’utilizzo di grano non sia tout court stato estraneo all’esperienza brassicola a stelle e strisce (un aspetto sul quale anche noi, da queste colonne, ci siamo soffermati); ma come, d’altra parte, tale corrente produttiva sia andata esaurendosi, in virtù di due cesure storiche di massiccio impatto: i sentimenti antigermanici maturati oltreatlantico a partire dalla prima guerra mondiale; e poi il proibizionismo, che condusse nell’oblio le ricette più peculiari esistenti in precedenza, creando un deserto dopo il quale, una volta revocati (nel 1933) i divieti contro gli alcolici, l’enorme spazio vuoto sarebbe stato riempito dalle industrie e dalle loro basse fermentazioni scaratterizzate.
Curiosamente, altri eventi bellici avrebbero riavvicinato i consumatori del Big Country al frumento da boccale: quelli del secondo conflitto globale, dopo la fine del quale stabili contingenti militari dello Zio Sam presidiarono Berlino e la BRD (Bundesrepublik Deutschland, a ovest) durante i decenni della cold war. Ebbene, in quell’arco di tempo decine e decine di soldati si avvicinarono alle Weissbier, determinando – con il loro rientro a casa – la nascita di un flusso di domanda rivolto appunto a quelle specialità. Un flusso che – assunte proporzioni rilevanti abbastanza da incoraggiare il produttore lungimirante da ad andare incontro a quella richiesta, senza lasciare l’osso ai concorrenti stranieri – avrebbe portato, come detto nel 1984 all’entrata in scena di quella Wheat Beer primigenia, giudiziosamente inchiodata a 4,5 gradi e fantasiosamente trattata in dry hopping con Goldings e Simcoe.