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Stili da riscoprire. Usa: Kentucky Common e Pennsylvania Swankey

Quante storie ci sono nella storia della birra degli Stati Uniti? Tante davvero. Basta guardare oltre le soglie del presente (peraltro ricco e caleidoscopico, dominato, almeno culturalmente, dal movimento craft) e del passato prossimo (ovvero il Novecento post proibizionista, segnato dalla massificazione e dall’egemonia delle Lager industriali), per scoprire molte fasi, ciascuna con proprie peculiarità. Se recentemente abbiamo puntato la lente, prima, verso alcune tipologie brassicole originali dei nativi americani e, poi, sul altre tipiche invece del periodo coloniale, stavolta volgiamo invece lo sguardo in direzione dei decenni a cavallo tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento, quelli che anticipano la già menzionata cesura proibizionista.

pennsylvania birrai Ottocento

La cornice è quella di un panorama di stili che hanno ormai largamente perso contatto con quelli delle fasi precedenti, e che invece, secondo un usuale processo di contaminazione dei costumi, stanno per certi versi allineandosi con i generi birrari sbarcati in Nord America insieme ai molti immigrati provenienti da vari Paesi europei. Modelli produttivo-gustativi che, d’altra parte, poterono solo parzialmente essere replicati tal quali, dovendo fare i conti con l’indisponibilità di certi ingredienti e la loro necessaria sostituzione con altri. In questo quadro, in Pennsylvania, i confini della quale furono teatro di significativi insediamenti di comunità di lingua tedesca (da Renania, Baden, Alsazia, Svizzera, Olanda e altre aree ancora), conosce forte popolarità una tipologia nota come Pennsylvania Swankey. Si tratta di una session beer, tendenzialmente bruna, dall’ovviamente bassa gradazione (3-4%) e dal limitato tenore amaricante, le funzioni conservati e aromatizzanti essendo affidate a spezie (classico tratto di tradizioni del vecchio continente e anche della Germania): nel caso la scelta cade su semi di anice e fiori di anice stellato, abbondanti da quelle parti. Non sopravvissuta al proibizionismo (benché connotata come bevanda alcolica “temperante”), sull’onda dell’attuale fervore archeo-brassicolo, anche la Swankey sta conoscendo occasionali rifacimenti: come quello della Wooden Legs, nel South Dakota.

Kentucky Common

Qualche centinaio di chilometri a sud ovest, anche il Kentucky, durante l’arco cronologico di cui stiamo parlando, esibisce una sua birra-bandiera: tanto da chiamarsi Kentucky Common. Un epiteto non usurpato, data la vasta diffusione, favorita, anche qui, dal tenore etilico, attorno ai 4 gradi. Originaria di Louisville, consumata abitualmente dalle classi lavoratrici, brassata anche con mais (fino al 35% della miscela secca) oltre che con malti caramellati, luppolata con varietà americane ma con moderazione (tra le 15 e le 25 Ibu) e di norma ben carbonata ad accrescere l’efficacia rinrescante, presenta un carattere comunque rotondo e a tendenza dolce. Inizialmente prodotta in edizioni sia chiare che ambrate, queste ultime divengono via via largamente prevalenti, man mano che le tonalità dorate passano a essere appannaggio delle Cream Ale, di cui non a caso le Kentucky Common vengono spesso percepite come versioni scure. Tra i remake contemporanei, quelli della Wicklow Wolf, di Bray, in Irlanda; e quello della Falls City, proprio a Louisville.