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Tipologie da riscoprire: le statunitensi Appalachian Wild Ales

Un’operazione che va oltre gli usuali confini dell’archeologia brassicola è quella condotta alla Fonta Flora Brewery (Morganton, North Carolina) da Todd Boera, birraio e cofondatore dell’attività (insieme a David e Mark Bennett), nonché devoto alle fermentazioni non convenzionali. Il quale si è dedicato a testare – applicandole a protocolli da Farmhouse Ale – tutte le possibilità offerte dall’ambiente in cui l’impianto trova la propria cornice biologica: i microorganismi, le erbe, i fiori, le spezie e le varietà di frutta che popolano quel quadrante dei Monti Appalachi. Nel giro di tre anni (la sala cottura ha iniziato a sbuffare nel 2014), il percorso intrapreso ha meritato la considerazione della critica e del pubblico, raggiungendo rapidamente livelli di notorietà probabilmente impensabili, in principio.

E ciò per un aspetto tanto interessante quanto quello (cruciale, è ovvio) dei risultati in termini di piacevolezza sensoriale. Il diffuso apprezzamento riscontrato dai prodotti in gamma – tra i quali, ad esempio, una Saison alle barbabietole (la Beets, Rhymes and Life) e la Carolina Custard (una Wild Ale al pawpaw, il frutto del cosiddetto banano del nord) – è infatti affiancato, nel progetto in corso alla Fonta Flora, dalla forte attenzione verso il contributo che la sperimentazione condotta da Boera potrebbe fornire alle ricerche attualmente in atto sul tema delle proto-birre documentate nel Nord America prima del periodo coloniale. Perché se è ben nota l’attitudine, da parte degli antichi abitanti di quelle alture, di utilizzare ingredienti come sommacco, dente di leone, finocchio, prugne e bacche di sambuco per preparare quelli che vengono classificati come una sorta di vini (termine chiaramente utilizzato in senso lato), non è finora invece emerso nessun riferimento a qualcosa di assimilabile a delle birre.fonta-flora-bacche-e-radici

Ebbene, alcuni osservatori fanno notare come la presenza sugli Appalachi di tradizioni quali quella dei moonshine (distillati illegali ottenuti da mais e altri cereali, con l’aggiunta di zucchero) renda abbastanza plausibile ipotizzare anche, nel passato di quelle comunità, una certa consuetudine con qualche pratica di brassaggio. Insomma, perseguendo la propria visione di terroir, la santa Flora potrebbe non solo aver affermato una propria cifra stilistica, ma anche aver riprodotto un genere birrario di cui nessuno suppone l’esistenza. Intanto alle creazioni di Todd è stata applicata l’etichetta di Appalachian Wild Ales.