BelgioEsteroFocusIn vetrina

Hops revival: la rinascita del luppolo in Belgio

 luppolo campo

All’inizio del ‘900 c’erano ancora molte birre luppolate in Belgio, alcune delle quali vedevano luce proprio in quegli anni, come Orval (1932). Ma, dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto ‘grazie’ alla presenza statunitense durante il periodo bellico, la società occidentale fu “Coca Cola-izzata” e tutto divenne più dolce e più dolce ancora, imponendo ai produttori di birra una riduzione del grado di amaro nelle loro creazioni. Al di là di ogni semplificazione il processo fu graduale, impiegò decenni ad affermarsi e fu provocato da molteplici fattori. Sicuramente la comparsa di grandi marchi birrari, nati dalla concentrazione di piccole realtà esistenti, generò diverse conseguenze.

poperinge festivalIl mercato di riferimento, quello di massa, chiedeva birre in grado di accontentare più persone possibili: nella stessa direzione, quella dell’appiattimento del gusto, andavano poi anche politiche volte alla riduzione dei costi di produzione (pensiamo al risparmio generato dalla sostituzione parziale dell’orzo con il mais o con il riso, o ancora alla riduzione delle quantità di luppolo utilizzato). La superficie coltivata a luppolo in Belgio ha continuato a diminuire nel corso degli anni, e anche il popolare Hop Festival di Poperinge, iniziato nel 1956 a cadenza triennale (il prossimo appuntamento sarà nel 2014), per la disperazione dei coltivatori non poteva certo invertire la tendenza. Fortunatamente verso la fine del secolo due fattori hanno contribuito a rallentare questo graduale declino.

piatto luppolo cucina belgaLa gente ha anzitutto cominciato a guardare al luppolo per motivi diversi da quelli strettamente birrari, ovvero per ragioni gastronomiche. Dalle radici della pianta, e prima del suo sviluppo, crescono infatti dei piccoli germogli che possono essere raccolti e utilizzati in cucina: assomigliano a lunghi fagiolini, il gusto è più o meno come quello degli asparagi, leggermente più piccante e astringente. La cucina fiamminga è piena di ricette di quella che, a tutti gli effetti, è considerata una prelibatezza paragonabile al tartufo, con prezzo che può raggiungere i 130 euro al chilo (e andare anche oltre all’inizio della stagione di raccolta). L’altro fattore che preservò le piantagioni va attribuito alla perseveranza del professor Denis De Keukeleire, che proseguì il lavoro del Dr. Verzele sul luppolo iniziato nel 1947 presso l’Università di Gent. Denis è ormai famoso in tutto il mondo per le sue ricerche sulle caratteristiche e gli impieghi del luppolo. Sapeva che questa pianta era stata utilizzata in passato per la cura di una serie di malattie come l’insonnia, lo scorbuto e la scabbia, come antidolorifico e purificatore del sangue. Durante la sua lunga e approfondita ricerca scoprì inoltre potenti effetti antiossidanti, benefici sul diabete, e ancora che l’assunzione di luppolo poteva offrire benessere alle donne in menopausa (novità che portò alla nascita del prodotto chiamato “Meno-Hop”).

Altra importante evoluzione è stato l’arrivo sulla scena internazionale – siamo attorno agli anni ‘60 e ‘70 – dei pellets (cilindretti ottenuti da sminuzzamento e compressione del fiore), dell’estratto e dell’olio di luppolo, inventati e commercializzati da aziende straniere. Uno sviluppo stimolante per il Belgio, iniziato a fine secolo, è associato al nome di Yakima Chief, coltivatore e commerciante di luppoli della West Coast americana che ha avviato un business in Europa scegliendo la città universitaria belga di Louvain-la-Neuve come base operativa. Ha cominciato distribuendo luppoli americani su piccola scala, conquistando in un primo momento solo alcuni piccoli produttori locali come La Rulles (Habay) e Cazeau (Templeuve). Ma si capì presto che il luppolo made in USA era arrivato per rimanere. Un dato era chiaro: in quel preciso momento storico le birre caratterizzate in maniera evidente dall’amaro stavano scomparendo, con poche eccezioni fra cui la Orval (42 IBU), la Duvel (30-32 IBU), le birre della brasserie Dupont, Hommelbier di Van Eecke e Slaghmuylders ‘Kerstbier, a cui aggiungere alcune etichette che, pur non essendo in genere percepite come amare, hanno un IBU decisamente importante (vedi la Westmalle Tripel, assestata sui 40).

xx_bitter_75_clSoprattutto De Ranke con la sua XX Bitter ha aperto molti occhi tra gli amanti della birra e tra i birrai, la maggior parte dei quali riteneva che una tipologia di birra diversa, più amara, fosse soltanto una moda passeggera, un prodotto non commerciale e fallimentare. La XX Bitter è davvero molto aggressiva, con un amaro che supera i 60 IBU, spingendosi ben oltre quanto fatto in precedenza dai colleghi belgi. Altro birrificio che merita menzione per le sue birre marcatamente luppolate è la Brasserie de la Senne con la sua Zinnebir (2004) e la Taras Boulba (2006), prodotta per qualche tempo proprio presso De Ranke. Alcuni altri esempi sono Drie Fonteinen Beersel lager (prodotta a De Proef dal 2005), Glazen Toren con la Saison d’Erpe Mere (2005), La Rulles Estivale (2005). Un esperimento degno di nota si registra nel 2005, quando Piet Meirhaeghe di St. Canarus (Gottem-Deinze) ha pensato bene di mettere un cono di luppolo in ogni bottiglia di birra chiamandola De Maeght van Gottem. L’idea era che il cono di luppolo sarebbe stato spinto lentamente dalla bottiglia al momento dell’apertura.

Tuttavia, un cono di luppolo non è incontaminato e quindi abbastanza difficile da controllare, molto rischioso da inserire in bottiglia. Il risultato è stato che la maggior parte della birra al momento dell’apertura traboccava (abbondantemente), lasciando praticamente vuota la bottiglia. Tuttavia, questo prodotto ha ricevuto una buona copertura mediatica, facendo del luppolo l’assoluto protagonista. Tutto sommato le birre luppolate rappresentavano in passato una parte molto piccola del mercato. Solo quando gli importatori americani hanno iniziato a chiedere alle loro birrerie belghe delle birre luppolate anche altri produttori sono saltati su questo treno. Questo è abbastanza comprensibile. Agli appassionati di birra americani piacciono due cose: la birra ben luppolata, soprattutto quando sono chiamate IPA (o Double IPA, Imperial IPA) e le birre importate dal Belgio. La combinazione di entrambe le cose rappresenta quindi un successo garantito. In un primo momento alcuni birrai hanno realizzato lotti speciali pensati solo per il mercato americano. Chouffe Dobbelen IPA Tripel (2005, su richiesta dell’importatore B United) è un bell’esempio, e come la Urthel Hop-It (2005) e la Over the Edge di Van Steenberge (2007).

chouffe-houblon

Sentir parlare della birra ma non poterla provare ha provocato un bel po’ di dispiacere tra gli appassionati belgi. A poco a poco questi produttori hanno accontentato il consumatore, e cominciato a proporre con successo queste birre in eventi locali. Tutti i birrifici hanno captato questa tendenza e, quindi, cominciato a produrre una birra amara, non estrema ma comunque ben luppolata, destinata al mercato belga/europeo. Quindi tra il 2007 e il 2008, il mercato della birra ha visto nuovi birrai cimentarsi in birre più luppolate. Pensate alla Hopsinjoor (2008 – Het Anker, Mechelen), alla Hopus (2008 – Lefebvre, Quenast), alla Omer (2009 – Bockor, Kortrijk), per fare alcuni esempi. Queste birre risultano piacevoli, divertenti, ma non sono comunque eccessivamente luppolate fermandosi tra i 30 e i 40 IBU.

C’è molto interesse per queste birre che stanno facendo crescere la quota di mercato della birra ben luppolata a scapito di quella di frumento e alla frutta. Il luppolo inoltre può anche regalare al naso sensazioni fruttate molto accattivanti soprattutto per un pubblico femminile e per chi non è così appassionato di birra. E anche qui il marketing aiuta molto: ad esempio la Hopus viene servita in un bicchiere con un piccolo bicchierino a fianco dove versare il sedimento, o come la Omer che ha un bicchiere a tulipano che ricorda Karmeliet. Non bisogna poi dimenticare l’influenza di De Proef brouwerij nella rinascita del luppolo in Belgio. Dirk Naudts e compagni fanno birre su ordinazione. Chiunque può andare lì con una ricetta ed essere accontentato.

Mosaic.IIPA.US.PROOFNel corso degli anni, uno dei loro principali clienti è stato Mikkel Borg Bjergsø famoso per la sua beer firm Mikkeller. Mikkeller ha creato una serie importante di birre amare, la maggior parte delle quali sono state prodotte negli stabilimenti di De Proef. Pensate ad esempio alla serie delle single hop. La produzione in Belgio ha assicurato a molti appassionati una certa facilità nel reperire il prodotto. Le birre di Mikkeller hanno ispirato molti altri creatori e invogliato molti consumatori a livelli di amaro più elevati. A titolo di esempio, la catena di supermercati Delhaize ha promosso già due volte nei loro punti vendita un set di tre birre single hop di Mikkeller.

Ci sono stati molti cambiamenti anche sul fronte della coltivazione del luppolo. Intorno al 2007 si sono raggiunti i livelli più bassi di superficie coltivata, con un conseguente vertiginoso rincaro dei prezzi. Ecco perché i coltivatori di luppolo di Poperinge hanno iniziato ad espandere la loro area, coltivando anche luppoli stranieri come il Cascade. La diminuzione dei quantitativi di luppolo ha avuto un altro importante effetto collaterale: praticamente ogni birraio, vista la scarsità dei raccolti, cominciò ad andare alla forsennata ricerca di luppolo, di qualsiasi tipo. Qualsiasi tipologia era buona per produrre birra. Il risultato è stato un cambiamento di ricette e sapori. Un esempio tipico è quello di Orval, che normalmente utilizzava due tipi di luppolo, Hallertau e Kent Goldings, ma fu costretta a cambiare e utilizzare Hallertau, lo sloveno Styrian Golding e l’Alsace Strisselspalt. Un altro sviluppo interessante è quello della coltivazione del luppolo da parte delle stesse birrerie, sposando in tal modo la filosofia Slow Food. Il primo è stato Brootcoorens (Erquelinnes), seguito da Palm Breweries, che utilizza il proprio luppolo nella Hop Select e il birrifico Hof Ten Dormaal.

hof_ten_dormaal

Una storia simile è quella della birreria De Plukker, che in realtà ha fatto un percorso inverso: Joris Cambie ha iniziato prima come coltivatore di luppolo a Poperinge, e dal 2011 ha creato anche un birrificio all’interno della piantagione. Se osserviamo le tipologie di luppolo utilizzate nelle birre belghe, non troviamo alcuna generalizzazione, ovvero sono state realizzate tutte le possibili combinazioni: De Ranke (XX Bitter), Bockor (Omer) hanno utilizzato solo luppoli europei. Altri usano solo luppolo made in USA, come La Rulles (Estivale), Contreras (Valeir Extra), mentre altri ancora combinano con luppoli neozelandesi o giapponesi. A questo proposito, un esperimento molto accattivante è stato lanciato da Duvel. Nel 2007, uscirono con una edizione limitata della Tripel Hop: in sostanza si trattava di una Duvel a cui era stato aggiunto il luppolo Amarillo. Nel 2012 uscì una nuova versione della Tripel Hop, a cui avevano aggiunto Citra (USA) invece dell’Amarillo. Per l’edizione 2013, hanno aggiunto Sorachi Ace proveniente dal Giappone.

La maggior parte dei produttori di birra belga, creando birre amare con massimo 40 IBU, hanno avuto la decenza di non chiamare queste birre IPA. Nonostante rientrassero come livello di amaro nei parametri delle IPA anglosassoni, tuttavia l’ispirazione proveniva chiaramente dal mercato degli Stati Uniti, dove le IPA sono ben più amare. Un’eccezione sono state la IPA di Van Honsebrouck (Ingelmunster), lanciata nel 2008 (oggi non più in produzione) e la Chouffe Houblon che ha orgogliosamente usato il termine IPA (Dobbelen IPA Triple), giustamente, vista la generosa luppolatura creata con l’aiuto della statunitense Yakima Chief. Una nota finale sul ruolo del Belgio sul fronte luppolo è ancora una volta legata al lavoro del professore Denis De Keukeleire, che scoprì come il luppolo è la causa del difetto chiamato skunky (che ricorda la pipì di gatto), provocato dall’esposizione della bottiglia alla luce per un certo tempo. Attraverso questa ricerca (2011), il professore fu in grado di trovare una soluzione per evitare che questo puzza inficiasse il prodotto.

In conclusione possiamo dire che nonostante le difficoltà iniziali a fare birra più luppolata, oggi in Belgio esiste una buona scelta di birre amare. Certo, ancora non costituisce una grande fetta del mercato della birra, ma il trend è in crescita così come la sete dei bevitori amanti di birre amare.