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Hall of Fame. Capitolo XI. La Westmalle Tripel

Westmalle Tripel, sì, lei, la mamma di tutte Tripel. E noi, doverosamente, la eleggiamo nella nostra Hall of Fame, per il ruolo che universalmente le viene assegnato. Eppure, come vedremo, si tratta di una mater, il cui pedigree monastico ha tuttavia una piccola, ma significativa contaminazione laica. Ma andiamo con ordine.

westmalle

La storia dell’abbazia di Westmalle, in Belgio (nei pressi e nella Provincia fiamminga di Anversa), inizia alla fine del XVIII secolo, nel 1794, quando tre monaci, provenienti dal sito francese della Grand Trappe, si insediarono in una tenuta agricola messa loro a disposizione, nelle vicinanze di Malle, da un ricco possidente locale. La produzione di birra inizierà solo nel 1836 e limitatamente alla tipologia da pasto, consumata dagli stessi religiosi. Si dovrà attendere altri 20 anni per assistere al debutto della prima cotta destinata alla vendita e, perciò, dotata di un grado alcolico superiore. Dopo la crescita costante dell’attività a cavallo tra Ottocento e Novecento, durante il primo conflitto mondiale l’impianto di brassaggio sarà oggetto di saccheggio, da parte delle truppe del Reich; ricostruito, riprenderà a lavorare alacremente fin dal 1920, per poi passare il testimone a un nuovo e più ampio stabilimento, il cui cantiere, avviato nel 1933, sarebbe entrato in operatività già nel 1934.

Ecco, 1934 è l’anno zero della Tripel: quello in cui viene ufficialmente lanciata la birra che di questa tipologia non solo porta il titolo, ma che di essa rappresenta la capostipite moderna. E qui si aprono gli spazi per gli approfondimenti che portiamo alla vostra attenzione.

cozze westmallePrimo punto. Capostipite moderna dello stile si è detto, e non a caso. Perché l’appellativo Tripel è in realtà uno dei risultati dell’applicazione, alle produzioni monastiche, di un sistema di classificazione che affonda le proprie radici in un passato antico di secoli, ben più antico dello stesso ordine Trappista, la cui nascita si fa risalire al 1664. Fin dal medioevo, infatti, era diffusa, nelle comunità abbaziali, la consuetudine di preparare birre attenendosi a una gamma che comprendeva tre categorie qualitative in funzione dell’uso che se ne sarebbe fatto: la somministrazione a ospiti di riguardo; la refezione quotidiana; la carità a indigenti o l’ospitalità a pellegrini di passaggio. Al vertice della piramide stava la Prima Melior (corrispondente al primo mostro estratto, più ricco di zuccheri); a metà scala la Secunda; e al di sotto delle altre la Tertia. Ebbene, accanto a tali denominazioni, ne sono – secondo alcuni storici – attestate anche altre, ad esse corrispettive nella sostanza: Enkel (la bevanda più leggera e meno pregiata), Dubbel e Tripel (via via a salire in gradazione e importanza).

Secondo punto. Senza ombra di dubbio la Westmalle è la Tripel che, in epoca contemporanea, non solo riprende tale dicitura, ma la canonizza, imponendola all’uso generale. Però, come si dice… c’è un però. Se la bottiglia #1 di Westmalle Tripel entra in circolazione nel 1934, in realtà sembra che le prime sperimentazioni fossero partite già nel 1931; e che ad esse (a sostenerlo era nientemeno che Michael Jackson) avesse contribuito il birraio (laico: eccolo lì il colpo di scena) Hendrik Verlinden, titolare dal 1919 del marchio Drie Linden, con il quale aveva cominciato a brassare in stile abbaziale, dando una mano preziosa ai monaci di Westmalle nel risolvere i problemi insorti con la loro Dubbel e poi (probabilmente) contribuendo anche al lavoro di preparazione all’esordio della Tripel. Non solo: probabilmente aveva addirittura anticipato i tempi, varando una birra che Tripel non aveva chiamato, ma che a tutti gli effetti lo era. Passato infatti a lavorate per la Brouwerij Slaghmuylder di Ninove (impresa fiondata nel 1860 e trutt’oggi di proprietà dell’omonima famiglia fondatrice), sotto le sue insegne, già nel 1932, avrebbe realizzato la Witkap Pater (oggi in commercio come Witkap Tripel). Ecco: proprio lei – stando a Jackson – sarebbe la prima Tripel ante litteram; e tale versione dei fatti potrebbe trovare conferma (pur indiretta) nella condotta che i monaci di Westmalle tennero nei confronti di Verlinden. Infatti, mentre la loro comunità e quelle gestrici di altri impianti trappisti si rivolsero alla giustizia per impedire che i vari concorrenti non religiosi etichettassero i loro prodotti con la qualifica di trappistenbier, a lui, invece, consentirono di utilizzarla; cosa che è andata avanti ben oltre la scomparsa di Verlinden stesso (nel 1939); per l’esattezza fino al 1981, quando la prerogativa è stata avocata in esclusiva ai birrifici dell’ordine. Tornando alla Westmalle Tripel, la sua ricetta originaria è stata perfezionata negli anni Cinquanta (con aggiunte relative ai luppoli); ma per il resto è rimasta sostanzialmente invariata.