A tavola con Frico di patate e Doppelbock
Tra i fiori all’occhiello della cucina friulana, il frico esprime lo spirito culinario della regione storica, la Carnia, corrispondente alla porzione nordoccidentale, prevalentemente montana, della provincia di Udine. Gustoso, decisamente ben carrozzato sotto il profilo calorico, viene presentato sia come antipasto (alla faccia dell’entrée, verrebbe da dire) sia come seconda portata. Nasce, originariamente, facendo di necessità virtù in merito all’esigenza di recuperare le rifilature di formaggio rimaste come parte eccedente al termine della sua sagomatura.
Due le versioni attestate dalla tradizione di questo piatto (un tempo) povero, la cui etimologia rimanda alla voce latina frigere ossia friggere: il frico morbido (o di patate) e il croccante (o friabile). Quest’ultimo consiste, sostanzialmente, in strisce di formaggio (di solito si utilizza il Montasio stagionato, un 16/18 mesi) fritte (appunto) nell’olio bollente, fino a renderle una sorta di cracker caseario, non a caso consumato anche come snack. Ma noi ci concentreremo sulla versione morbida, preparata con patate, come recita la già citata dicitura alternativa.
Frico morbido
Patate me non solo, in realtà. Oltre a un mezzo chilo di quelle, per servire il frico a quattro persone, occorrono due etti di cipolle (una volta pulite), 50 grammi di extravergine d’oliva, sale e pepe a discrezione di chi cucina e un altro mezzo chilo di formaggio, da mediamente (6 mesi) a ben stagionato (oltre i 10): potendo scegliere tra lo stesso Montasio, un Latteria o un Malga (entrambe Pat, Produzioni agroalimentari tipiche del Friuli Venezia Giulia). Ai fornelli si procede in questo modo. Sbucciare e affettare finemente le cipolle; pelare e grattugiare le patate, così come il formaggio, una volta toltagli la crosta. In un tegame, far soffriggere dolcemente la cipolla in olio (tenendone da parte 10 grammi), per poi unirle le patate. Cuocere a fuoco lento per 10 minuti, aggiungere il formaggio, poi sale e pepe, quindi proseguire a fuoco medio per altri 20 minuti, amalgamando con un costante lavoro di mestolo. Raccogliere a quel punto l’impasto per trasferirlo in una padella antiaderente dove aver fatto scaldare in precedenza l’olio residuo, quindi distribuire uniformemente e cuocere a fuoco vigoroso. Appena si sia formata una sottile crosta superficiale, capovolgere e procedere allo stesso modo, fino alla messa in tavola.
Nel bicchiere
Immaginando di avventarsi sul frico in purezza o anche accompagnato da polenta, dovremo tener conto di alcune caratteristiche invariabili di questo boccone: struttura solo relativamente compatta, una robusto equipaggiamento in materia grassa, una decisa densità sensoriale (intensità, complessità, persistenza), una propensione sapida essa stessa piuttosto vigorosa, unita a possibili piccantezze e alle tostature dolci-acide della fase finale della cottura a mo’ di frittata. Il sorso consigliabile? Quello di una birra da morbida ad abboccata (comunque priva di esuberanze amaricanti); dotata di una personalità gustativa pari o paragonabile a quella del piatto; di una buona gestione della materia lipidica (contando su bollicina e alcol, se non sulle acidità); e magari che riesca a intercettare e riprendere la natura delle crostificazioni prodottesi nel corso della preparazione. Indizi che portano, ad esempio, a una Doppelbock di scuola tedesca, preferibilmente in abito ambrato, come quella targata Elvo; il Montante firmato Brewfist; la francone Mönchsambacher Weihnachtsbock di casa Zehendner.