Tendenze birrarie: l’irresistibile ascesa della birra alla segale

Se la storia della birra negli ultimi decenni si sta oggettivamente dipanando sotto il segno di un solo dominatore, il luppolo, è però vero che alcune delle pieghe di questa evoluzione in via di svolgimento sono appannaggio di alcuni, diciamo così, coprotagonisti, i quali danno luogo ad altrettante micro-tendenze. birra segale

Una di tali micro-tendenze è quella dettata da un cereale la cui popolarità, appunto, è in forte crescita nella terra in cui ogni moda diventa la madre di tutte le mode: gli Stati Uniti; dove uno dei fatti nuovi degli ultimi anni è senza dubbio il boom della birra alla segale: un fenomeno che ha meritato tanto di battesimo specifico, diventando tema di attenzione e di confronto con la definizione di Rye Spike.

I dati sono ineccepibili: la segale si è vista assegnare un riconoscimento stilistico ufficiale nel BJCP grazie all’elevazione al rango di sottotipologia formalmente attestata delle Rye Ipa, quale versione speciale delle American Ipa. Un trend in crescita, quello delle American IPA, che dal 2014 in poi ha assunto i contorni della cavalcata (il 2015 si è chiuso con un +47% sul totale delle produzioni craft), e dove l’incremento interno del ramo Rye ha avuto performance paragonabili a quel dato generale.

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Ricca di betaglucani (che complicano il ciclo di conduzione del mosto e le finali operazioni di filtro), nonché provvista di scorze i cui polifenoli conferiscono alla birra sfumature rossicce all’occhio e una possibile leggera astringenza al palato, la segale svolge efficacemente il duplice compito di apportare sfumature personalizzanti al profilo-base delle American Ipa (sempre in cerca di nuove frontiere sensoriali da sondare) e di dialogare positivamente con le caratteristiche del luppolo.

Magic-Hat-Rye-IPAI contributi tipici dell’ingrediente? Una nota gustolfattiva dolce e speziata, secca e pulita, provvista di un timbro elegantemente capace di oscillare tra tostato e piccante.

Alcuni esempi di un utilizzo caratterizzante della segale li troviamo nelle italiane Rye’ccomi del Birrificio Amiata (se pur autoctona al 50%, data la collaborazione con Mike Murphy di Lervig), nella No War Rye Ipa di Elav, nella Caterpillar di Brewfist (anch’essa “imbastardita” dal lavoro a quattro mani con Beer Here), nella Rye Charles di Vecchia Orsa e nella nuovissima Stonehenge di Lariano. Oltreconfine assistiamo a molteplici realizzazioni di birre con questo cereale: la Sky High Rye di Arcadia, la Hop Rod Rye di Bear Republic, la Ruthless Rye di Sierra Nevada appartengono allo specifico stile delle Rye Ipa; non mancano tentativi meno convenzionali che coinvolgono stili birrari meno consoni all’utilizzo di segale: è questo il caso di Beer Here con la Nordic Rye (porter), di Goose Island con le diverse versioni della Bourbon County Stout (nelle quali il cereale entra nella ricetta per vie traverse, ovvero attraverso la maturazione del prodotto in botti di whisky di segale), e di Mikkeller, che con l’appoggio di Three Floyds si è cimentato nella Ruggoop, che potremmo definire “Rye Wine” (barley wine brassato con 100% segale, maltata e non).