Un lievito per amico (I parte): la fermentazione delle Saison
Gli stili birrari del Belgio hanno la caratteristica comune di esprimersi principalmente tramite le venature aromatiche del lievito, protagonista indiscusso del profilo organolettico di queste birre. A differenza degli altri ingredienti come luppolo, malti e acqua, il lievito è un microscopico essere vivente, un microrganismo che va curato, seguito, instradato nella direzione giusta. Quando si cerca di riprodurre il Belgio in casa bisogna concedersi un minimo di irrazionalità, di imprevisto, provando anche strade che tecnicamente possono sembrare pericolose o controintuitive: mettere da parte calcoli e tecnicismi, lasciandosi guidare anche dall’istinto, ma soprattutto dal naso, dagli assaggi, dall’esperienza.
Difficile imbroccare una birra Belga al primo colpo, se capita probabilmente è una gran botta di fortuna. Serve lo studio, soprattutto quello degli stili, per capire quali sono i binari e come eventualmente piegarli, ma servono soprattutto gli assaggi. Se non si hanno ben chiare in mente le caratteristiche aromatiche della birra che si ha intenzione di produrre, non si riuscirà mai a centrare l’obiettivo. E questo al di là dello stile di riferimento, che nell’universo belga spesso e volentieri lascia il tempo che trova. Non esiste una Tripel, tanto meno esiste un esempio unico di Saison o di Quadrupel. Esistono birre iconiche di alcuni birrifici storici, come Westmalle o St. Bernardus; esistono esempi più contemporanei, artistici e caratteriali, come De Dolle o Glazen Toren; esistono le interpretazioni moderne più luppolate, come De Ranke e De La Senne. In ogni caso, anche quando il luppolo ruba parte della scena, al servizio di un approccio belga più moderno (ma nemmeno troppo), al lievito rimane sempre il ruolo da protagonista.
Per affrontare la stesura di una ricetta belga in casa, il primo passo è senza dubbio la padronanza degli stili. Non per ingabbiare la propria creatività, non è certo questa l’anima del Belgio, ma per dotarsi di una tela su cui iniziare a lavorare di cesello. Mentre in molti descrivono il profilo delle birre belghe genericamente con i termini “fruttato” e “speziato”, che in Belgio viaggiano sempre in coppia, le sfumature aromatiche espresse dai diversi ceppi coprono un ventaglio di aromi ben più ampio e variegato. Se è vero che alcuni stili tendono ad assomigliarsi in termini di espressività fruttata e speziata, nella maggior parte dei casi le differenze esistono e necessitano di descrittori più raffinati e specifici per trovare una loro collocazione sensoriale. Proviamo a concentrarci su uno degli stili più iconici del Belgio, le Saison, per poi procedere con un secondo articolo dedicato alle Tripel.
Le Saison
Partiamo dalle Saison, il cui profilo aromatico può trovarsi in parziale sovrapposizione con quello di altri stili belgi, per alcuni tratti caratteristici. Senza ripercorre l’intera storia dello stile, possiamo far orbitare le interpretazioni moderne attorno al range degli agrumi in primo luogo, specialmente limone e cedro, con rare ma piacevoli deviazioni verso arancia e mandarino, affiancate spesso da note fruttate di pera o albicocca, piuttosto delicate. Raramente emerge l’aroma di banana, in alcuni casi un misto tra banana e fragola che alcuni associano all’aroma di bubblegum, altri al tropicale. Il versante speziato è soprattutto pepato. Il chiodo di garofano, che si esprime maggiormente in altri stili belgi, nelle Saison è molto contenuto. A volte emergono note di cannella, ma molto delicate. Nell’aroma di alcune Saison si incrociano anche lievi sfumature floreali, ma non è chiaro se vengano dal lievito o dalla luppolatura, che in questi stili è presente in dosi moderate ma avvertibili. Quello che contraddistingue le Saison e che le differenzia da altri stili del Belgio è il lato “rustico” che molti descrivono con richiami di paglia, fieno, l’aia dove razzolano le galline. Probabilmente queste note sono dovute ai fenoli, associabili anche all’espressività del pepe bianco. A ogni modo sono tipiche di questo stile, un po’ il marchio di fabbrica delle Saison. In taluni casi, questa rusticità può essere rappresentata anche da piccole imperfezioni nella fermentazione, quel tocco magico che in pochi sanno dosare senza sconfinare nel difetto. Un leggero spunto sulfureo può dare complessità, ma ovviamente non deve essere percepito come “cerino” o, peggio ancora, “fogna” o “uova marce”. La modesta “puzzetta” ci sta, l’impresa è dosarla: è lì il tocco magico dei grandi maestri.
Venendo al lato pratico della produzione, le opzioni in termini di lievito sono molte: lo stile Saison è forse quello per il quale sono disponibili più lieviti in commercio, con caratteristiche fermentative e organolettiche differenti. Per fare un po’ di ordine e orientare la scelta, almeno inizialmente, possiamo dividere i ceppi disponibili in due grandi famiglie.
Partiamo dai cosiddetti ceppi “French” (che poi, da quanto dice Yvan De Baets, birraio di De La Senne e grande conoscitore dello stile, non derivano da birre francesi ma da un ceppo belga, poi usato in birre francesi e nello specifico dalla Brasserie Thiriez). Presentano tratti di rusticità poco evidenti, molto delicati; sono più spinti sui fenoli pepati ed esprimono un range aromatico particolarmente concentrato sul mondo degli agrumi (limone, in particolare). Fermentano piuttosto velocemente e senza intoppi, portando facilmente la birra a densità finali molto basse, consumando la maggior degli zuccheri presenti nel mosto. Lasciano una birra molto secca, ma in qualche modo sempre morbida e non acquosa, grazie anche alla significativa quantità di glicerolo che producono durante la fermentazione (il glicerolo è un composto vagamente dolce che può contribuire a una sensazione boccale vellutata).
I ceppi “Belgian”, invece, sviluppano uno spettro fruttato maggiormente complesso che sconfina nel mondo della frutta a nocciolo e tropicale, e una speziato più delicato e rustico. I principali rappresentanti di queste due famiglie di lievito sono disponibili nei formati liquidi nel catalogo dei maggiori produttori. Riferendoci per comodità a White Labs e Wyeast, per i ceppi “Belgian” parliamo dei lieviti WY3724 o WLP565, che dovrebbero provenire dalla stessa fonte, ovvero la Brasserie Dupont (tutto da dimostrare, ma si dice così). Questo è il ceppo maggiormente temuto da birrai e homebrewer perché tende a bloccarsi quando la densità arriva intorno a 1.030, per non ripartire più. Alcuni sostengono che questo blocco sia dovuto alla pressione che si accumula durante la fermentazione. La maggiore pressione favorisce una maggiore solubilizzazione di anidride carbonica nel mosto, inibendo l’attività del lievito. Se da un lato è noto e dimostrato che l’anidride carbonica disciolta nel mosto tende a limitare la moltiplicazione cellulare del lievito (anche per questo negli starter si usa l’agitatore magnetico, per facilitare l’evaporazione dell’anidride carbonica e favorire la moltiplicazione cellulare), dall’altro è anche improbabile che un semplice gorgogliatore riempito di acqua possa generare una pressione tale da fare la differenza. A ogni modo, quando fermentano con questo ceppo, molti rimuovono il gorgogliatore dal fermentatore non appena compaiono le prime bolle, coprendo il foro con un foglio di alluminio sanitizzato, per poi reinserire il gorgogliatore a fermentazione quasi finita. Consiglio di partire comunque piuttosto alti con questo lievito, intorno a 25-26°C per poi salire anche fino a 31-32°C gradualmente, un grado al giorno, partendo dal terzo giorno di fermentazione. Con questo profilo si riesce a bilanciare la componente fruttata, ricca di esteri che ricordano l’arancia, il limone ma anche pera e albicocca con il lato speziato, molto delicato, tendente al rustico e al pepe nero. Con questo ceppo può essere interessante provare fermentazioni aperte, magari utilizzando come fermentatore una piccola vasca in inox o plastica adatta al contatto con alimenti. La forma del fermentatore può influire sul profilo rilasciato dal lievito, che lavorando in vasca aperta tende a rafforzare la dorsale fruttata esprimendo una maggiore complessità. Verso la fine della fermentazione (superato il muro dell’1.030) si trasferisce la birra in un fermentatore chiuso per terminare la fermentazione.
Il ceppo “French” (WY3711) è invece molto più semplice da gestire, ma produce un profilo aromatico diverso, meno complesso, maggiormente incentrato sugli agrumi e con un fenolico netto di pepe, quasi chiodo di garofano. In questo caso meglio partire bassi (intorno a 22-24°C) per evitare alte concentrazioni di acetato di etile (solvente) e alzare progressivamente la temperatura dopo due-tre giorni. Non c’è bisogno di andare troppo alti, è un lievito attenuante e veloce che non ha particolarmente bisogno di essere stimolato a lavorare. Seppure meno caratterizzante del cugino “Belgian”, il French Saison è un ceppo interessante se abbinato a dosi significative di luppolo, per Saison moderne e volendo anche americaneggianti: con una buona dose di Citra la birra diventa molto espressiva, ma non certo una Saison classica.
Il ceppo WY3726 si dice provenga dal birrificio belga Blaugies che produce l’ottima Saison D’Epautre (al farro), disponibile anche nella versione luppolata con Amarillo con il nome di Vermentoise (in collaborazione con il birrificio americano Hill Farmstead). Sebbene sembrerebbe che anche questo ceppo, in origine, derivi da Dupont, si esprime con un carattere leggermente diverso: la frutta vira leggermente più sul tropicale, la speziatura è simile ma concede alla birra un leggero finale acidulo (probabilmente da qui il nome Farmhouse con cui viene commercializzato).
Per quanto riguarda i lieviti secchi, il French Saison della Mangrove Jack’s e il Belle Saison della Lallemand sono piuttosto simili: producono un profilo vicino al versante francese, lavorano velocemente ed attenuano moltissimo. Sono forse un po’ “noiosi” dal punto di vista organolettico, ma accostati a buone dosi di luppolo possono produrre interessanti mix aromatici. Anche in questo caso è bene partire bassi (22-24°C) e alzare leggermente sul finale della fermentazione.
Il ceppo secco BE-134 della Fermentis è leggermente più espressivo, pur lavorando sempre sul fronte francese: riesce a dare un tocco di rusticità in più e un profilo di esteri con maggiori sfumature aromatiche. Si può sperimentare avviando la fermentazione a temperature leggermente più alte, intorno a 23-24°C.
Infine, merita una menzione il nuovo ceppo “ibrido” secco commercializzato dalla Lallemand, anche questo chiamato (con molta fantasia) Farmhouse, originato dall’ibridazione di tre diversi ceppi di cui uno solo puramente Saison. Attenuando meno dei classici lieviti Saison, può essere utile per condurre una fermentazione primaria a cui poi aggiungere lieviti selvaggi o batteri per dare un “vero” carattere farmhouse alla birra. Il residuo zuccherino aiuterà l’evoluzione aromatica durante la fermentazione secondaria.