Quando il mare incontra la birra
♫Mare, profumo di mare.. ♫. Eh sì, con la bella stagione cresce la voglia di ricongiungersi con l’elemento acqua per trovare refrigerio, relax e divertimento. Il mare però può anche regalare qualche inaspettato ingrediente e assumere nella birra un ruolo decisamente più sostanziale che formale. Non è scontato, automatico o facile pensare a birre di questo tipo, ma nella grande varietà di idee che anima il nostro mondo non si stupisce ormai nessuno che si trovino esempi del genere.
Di sicuro le tedesche Gose sono state un trampolino di lancio eccellente per la sapidità come elemento centrale di una birra, mai come ora accettato e apprezzato quanto o come gli altri gusti più nobili. Anche se, è bene ricordarlo, le Gose nacquero e crebbero in territori decisamente lontani dalle onde: sia Goslar, in Bassa Sassonia, che Lipsia, situata in Sassonia a poco meno di 200 chilometri a sud-est dalla città di origine dello stile, sono infatti parecchio distanti dal Mare del Nord. La tipica salinità delle birre, come ben sappiamo, era infatti ottenuta a Goslar utilizzando le acque del fiume Gose, che si arricchisce di sali grazie alla presenza delle miniere di argento, rame e piombo di Rammelsberg, e a Lipsia, in mancanza di fiumi sapidi, con l’aggiunta di sale di grotta. L’abbondanza di sali minerali, dovuta anche alla presenza di frumento nel grist, unita all’acidità lattica e al basso tenore alcolico ha reso però le Gose, dopo la loro definitiva rinascita, particolarmente popolari tra gli amanti della birra artigianale proprio in Italia e soprattutto nei mesi estivi grazie alla loro natura di ammazzasete con proprietà isotoniche.
Ma in Italia siamo andati oltre con birre che prevedo proprio l’utilizzo di acqua marina nella produzione: si tratta della Margose di Birranova, che produce usando direttamente acqua di mare depurata dall’azienda Steralmar, o come Aquamaris, corrispettivo siciliano di Birra Tarì in cui il contributo marino proviene invece dalle profondità dello Jonio.
C’è chi usa sali particolari come ingrediente aggiunto, come la Salinae, realizzata con l’uso del loro noto Sale dolce di Cervia su commissione dell’autorità stessa delle saline della città. C’è poi chi impiega del sale nella funzione di esaltatore di sapori e aromi, come succede nella Bruciata di Chianti Brew Fighters, una affumicata con aggiunta di Fleur de Sel o Sale della Camarga. Avanguardista e curiosa è anche la Sjavàr Bjòr dei birrifici The Wall e Argo, che va perfino ad arricchire una amber ale con Sale alla liquirizia dell’Islanda. Una variazione dalle classiche gose è la Osè del birrificio Elvo, che oltre a fermentare in maniera inusuale con lievito lager utilizza Sale di Mothia, un sale integrale di provenienza trapanese.
In tema di altri ingredienti il mare preferisce riservare i suoi frutti alle tavole più che ai banconi, anche se qualche anno fa ci fu qualche avvisaglia opposta con la comparsa della Litorale di Eastiside, stout realizzata con ostriche, e ancor prima la Perle ai Porci di Birra del Borgo, stout in cui venivano usate le telline, e la Saison all’Aragosta, omonima creazione del Birrificio del Ducato prodotta nel Maine da Oxbow.
Se c’è una birra che grazie a un ingrediente marino ne esce arricchita senza perdere la propria identità è la Gallagher Stout di Hilltop. Il birraio Conor usa in questa scura un’alga affumicata tipica delle coste irlandesi: il carattere leggermente sapido e la gentile affumicatura tendono d unirsi alla decisa tostatura dei malti fornendo grande complessità e profondità gustativa in una birra che resta session e fedele alle sue caratteristiche di secchezza.
L’onestà intellettuale ci impone però di sottolineare che la primogenitura in tema di uso di acqua marina nella produzione birraria (quantomeno in epoca contemporanea) non spetti all’Italia e appartenga a due birre che non rientrano nella famiglia delle Gose. Il primato spetta infatti al birrificio bretone Mor Braz (grande mare ovvero oceano nell’idioma locale) di Vannes, sull’Atlantico: attivo dal 2003, stupì la prima generazione di appassionati di birra con La Bière du Grand Large, una ale ambrata brassata con una piccola percentuale di acqua marina contraddistinta, oltre che dalla spiccata salinità, da sentori di scorza d’arancia, coriandolo e zenzero. Di qualche anno successiva e ancora presente, sia pur in modo marginale, sul mercato italiano è la spagnola, o per meglio dire, valenciana, Er Boqueròn che in gamma presenta La Blanca e La Roja, tutte con impiego di acqua di mare e rifermentate in bottiglia.