Hall of Fame. Capitolo XXXIV. Urthel Hop-it Belgian Ipa
Ancora uno stile birrario contemporaneo, e non storico, sotto i riflettori della nostra Hall of Fame: la rubrica con cui, di volta in volta, raccogliamo indizi e contributi con cui proporre l’individuazione di specifiche etichette da eleggere come fondatrici della rispettiva tipologia d’appartenenza o, almeno, come sue più significative rappresentanti. Ebbene, a questo giro ci occupiamo delle Belgian Ipa: evidentemente un crossover tra due classi di ingredienti, ciascuna apportatrice di uno specifico Dna: da un lato i lieviti (strenui esterificatori) tipici del repertorio riconducibile alle terre tra Fiandre e Vallonia; dall’altro i luppoli, in particolare quelli dei filari svettanti sui campi degli Stati Uniti, e la modalità di utilizzo dei loro coni che contraddistingue lo way of brewing americana.
Il Bjcp mette a verbale come si tratti di una categoria brassicola affermatasi a partire dalla prima metà del decennio inaugurale di questo secolo. Ma il punto interessante su cui soffermarsi è: dove si è fatta la prima mossa? Al di là dell’Atlantico, testando ceppi ad alta fermentazione di provenienza europea sulle ricette delle loro campionesse del binomio aroma e amaro (le Ibu oscillano tra 50 e 100); oppure da questa parte dell’oceano, avvolgendo al luppolo yankee la dorsale alcolica (il range è 6.5-9.5 gradi) di Tripel e Belgian Strong Ale? La risposta è oggetto di confronto e dibattito; ma più di qualche autorevole osservatore con passaporto a stelle e strisce ammette con onestà come il primato cronologico del debutto ufficiale vada probabilmente riconosciuto alla Urthel Hop-it della Brouwerij De Leyerth (Ruiselede, Fiandre Occidentali), nata nel 2005, al ritorno della birraia Hildegard van Ostaden da un viaggio tra East e West Coast. A ruota, nel 2006, le sarebbero seguite le connazionali De Ranke XX Bitter e Chouffe Houblon; mentre il primo esempio commerciale americano andrebbe rintracciato nella Cali-Belgique targata Stone, partorita nel 2008.