Grisette, la Saison dei minatori
Quando il presente tiene viva una tradizione dandone però un senso fuorviante rispetto alla realtà. E’ quel che accade con la Grisette, denominazione brassicola corrispondente – storicamente – a una tipologia, e oggi, invece, riclassificata – declassata, a veder bene – nel ruolo di brand name dal valore esclusivamente commerciale: assunta a nome d’arte per singoli prodotti o per linee speciali di più prodotti, i quali comunque, stilisticamente parlando, niente hanno a che fare con il significato autentico di quell’appellativo. Attivi un motore di ricerca, digiti Grisette, premi invio e le prime referenze che trovi sono: una Witbier targata Affligem (gruppo Heineken); una terna di etichette nell’ambito del portfolio della Brasserie Saint Feuillen, comprendente una chiara gluten-free, e una coppia di fruit beer commerciali, rispettivamente con ciliegie e frutti di bosco.
Eppure è nitido il ricordo di una visita, qualche anno prima, all’impianto, extraspartano, di Oxbow (Newcastle, Maine, Stati Uniti): dove quella definizione, Grisette, era stata usata – appunto – con il significato di una categoria birraria.
E infatti. Bisogna sollecitarlo un po’, il motore di ricerca, per andare a trovare le fonti che permettano di chiudere il cerchio attorno a questo mistero. Ed ecco qua. Gli usi attuali del termine attingono al passato senza però rendergli il dovuto rispetto. Perché, sì, si trattava di vero e proprio genere brassicolo; quello al quale gli americani di Oxbow si riferiscono nel descrivere diverse loro creature, come la Loretta: la nostra original Grisette (dicono), una Blonde Ale rustica, brassata con spelta.
Gli storici di settore, collocano questo stile ormai quasi estinto nell’alveo delle Farmhouse Ale: uno stile – riferisce Phil Markowski – nato quando il panorama dell’Hainaut cominciò a modificare i propri connotati (siamo a fine Ottocento) da quelli di regione prevalentemente agricola a quelli di distretto estrattivo e carbonifero. Ecco: se i lavoratori dei campi avevano la loro birra, la Saison, quelli delle miniere invece ne erano sprovvisti. Manifestando propensione per una bevuta facile, soprattutto dissetante e da assumere in robuste quantità (non sfuggiranno le affinità con il connubio tra i miners gallesi e le leggere Mild Ales), fu cucito loro su misura un prodotto di bassa gradazione (fra il 3 e il 5%) e lieve corporatura. Un prodotto caratterizzato da una limpida vocazione rinfrescante (come le stesse Saison); per esprimere la quale, però, si affidavano non ad acidificazioni controllate e neanche ai frumenti crudi (il loro aspetto era relativamente poco opalescente): ma piuttosto a un apporto significativo di luppolo (altro fattore di chiarificazione). Quanto al colore, si andava dal paglierino all’ambrato, nel caso di cotte eseguite con procedimenti di bollitura del mosto piuttosto intensi e prolungati: e pure questo giovava alla pulizia visiva.
Non resta che dare conto del nome. Con l’appellativo di Grisette erano chiamate le ragazze impiegate nelle fabbriche che (vestite con uniformi grigie: in francese gris), tra le altre mansioni, avrebbero avuto quella di portare vassoi di birra appunto ai minatori all’uscita dai pozzi. E dunque la bevanda fu battezzata esattamente come colei che era incaricata di servirla.