Fai da te: come produrre il sidro in casa
Ricordo viaggi in Irlanda in cui a un certo punto mi stancavo di bere Guinness e ripiegavo sui sidri industriali, assaggiando prodotti che nel migliore dei casi avevano poco sapore e nel peggiore ricordavano un succo di frutta dolce dalle sfumature aromatiche artefatte. Fortunatamente, la passione per la birra artigianale esplosa negli ultimi anni ha avuto effetto su segmenti di mercato adiacenti, riportando l’interesse sull’artigianalità anche nel mondo dei bevitori di sidro. Questo crescente interesse ha spinto i distributori ad ampliare l’offerta andando a ricercare prodotti di qualità da proporre ai consumatori. In Italia, la cultura del sidro è quasi nulla: di produzioni locali non se ne trovano in giro se non andando a ricercare piccole realtà nel nord Italia.
Tra i sidri artigianali italiani troviamo il sidro di Baladin, il sidro di Birra Perugia, prodotto con mele della zona di Montepulciano e il sidro di Ofelia. Grazie al lavoro degli importatori, però, alla scarsa offerta locale si sono aggiunti tantissimi prodotti stranieri, in particolar modo quelli importati dal mondo anglosassone. È proprio grazie a questi ultimi che recentemente ho avuto modo di riappacificarmi con il sidro, lasciando finalmente alle spalle la brutta esperienza vissuta per colpa degli artefatti prodotti industriali. Negli ultimi tempi ho avuto occasione di assaggiare diversi sidri molto particolari che hanno stimolato la mia curiosità. Un esempio su tutti è il Cockagee Pure Irish Keeved Cider degli irlandesi di The Cider Mill Slane, un sidro delicato, fruttato ed estremamente piacevole. A seguito di questo e di altri assaggi ho deciso quindi di utilizzare uno dei lieviti che avevo in frigo per fermentare del succo di mela e vedere cosa ne sarebbe venuto fuori.
Il sidro, a differenza della birra, è un prodotto legato al territorio. Quasi tutte le sidrerie hanno un frutteto di proprietà da cui raccolgono le mele che vengono trasformate in succo con una pressa. La scelta del mix costituisce un aspetto fondamentale nella produzione e non tutte le mele sono adatte allo scopo. Storicamente, le sidrerie si sono diffuse in zone simili per condizioni climatiche come i Paesi Baschi in Spagna, la Normandia e la Bretagna in Francia e la parte a sud ovest dell’Inghilterra. Ciascuna regione caratterizza il proprio sidro con un tocco personale che rende i prodotti di queste terre unici: i sidri dei Paesi Baschi sono caratterizzati da una forte componente selvaggia e acetica; quelli francesi sono più delicati e morbidi; infine, quelli inglesi sono tradizionalmente rustici e molto secchi (scrumpy) con un particolare accento sui tannini. Nella scelta del mix di mele, i produttori cercano di bilanciare principalmente due aspetti: i tannini, che danno corpo e profondità al sidro, e le note acide, principalmente apportate dall’acido malico, che tagliano la dolcezza residua facilitando la bevuta. Il contributo dell’una e dell’altra componente varia a seconda della tipologia della mela e rappresenta un aspetto importante per il bilanciamento del sidro. Chiaramente, ogni tipologia di mela tenderà ad apportare anche un contributo organolettico specifico che andrà ad aggiungere complessità.
La situazione ideale vorrebbe che ci mettessimo all’opera nella ricerca delle mele più adatte per creare il mix perfetto (un po’ come facciamo con la birra quando scegliamo i malti). Un approccio poco percorribile per chi, come me, vivendo in città non ha un contatto diretto con produttori di mele di qualità: ho così optato per l’acquisto di un succo di mela, replicando l’approccio tipico delle prime avventure casalinghe quando si compra estratto di malto per produrre la prima birra fatta in casa. Non è certo il massimo, ma è pur sempre un inizio. Quando si sceglie il succo di mela per produrre sidro bisogna fare attenzione alla sua composizione: non deve contenere additivi come il metabisolfito di potassio, altrimenti il lievito non riuscirebbe a fermentare. Meglio optare per un succo semplice senza altri ingredienti aggiunti. Io ho scelto un prodotto biologico di una azienda del nord Italia, acquistato presso una catena di negozi che vendono prodotti biologici. I succhi di mela in vendita nei negozi sono generalmente pastorizzati, il che ci garantisce che il lievito da noi scelto e inoculato sarà l’unico protagonista della fermentazione. L’utilizzo di un succo di mela non pastorizzato, come ad esempio quello che potrebbe fornirci un agricoltore locale, porterebbe a una fermentazione mista dovuta ai lieviti e ai batteri naturalmente presenti sulla buccia delle mele, con risultati imprevedibili.
Il succo di mela confezionato in genere ha una densità zuccherina che si aggira intorno a 1.045. Una volta fermentato, produrrà un tenore alcolico vicino al 5% ABV. Se si volesse aumentare il tasso alcolico, si potrebbe aggiungere zucchero, mentre per produrre un sidro meno alcolico è sufficiente diluire leggermente il succo con acqua. La procedura è molto semplice: si versa il succo in un contenitore sanitizzato dotato di gorgogliatore, si aggiunge il lievito e si aspetta. È utile aggiungere una piccola dose di nutrienti per il lievito (la punta di un cucchiaino da caffè) visto che il succo ne è in genere deficitario. Quale lievito scegliere per la fermentazione? Sul mercato sono disponibili diverse tipologie selezionate per la produzione specifica di sidro, ma anche un lievito classico da birra è più che adatto allo scopo. Anzi, in alcuni casi può aggiungere una componente aromatica particolare che rende più interessante il prodotto finito. Io ho scelto di utilizzare un lievito saison per fermentare il mio succo di mela, nello specifico il French Saison secco della Mangrove Jack’s (M29). Una bustina è sufficiente per fermentare fino a una ventina di litri di sidro. L’ho lasciato andare a temperatura ambiente (circa 24°C) per circa un mese. La densità finale si è attestata su 1.003.
Proprio l’attenuazione è un aspetto molto importante nella produzione del sidro. A differenza del mosto prodotto dal malto, il succo di mela contiene unicamente zuccheri semplici: l’attenuazione non varia quindi significativamente in funzione del lievito scelto e soprattutto arriva sempre a livelli molto alti, rischiando di lasciare il sidro secco e privo di corpo. Come rimediare a questa eccessiva attenuazione? I metodi sono diversi, difficilmente mutuabili con facilità nelle pratiche casalinghe:
- Keeving. In francese porta il curioso nome di défécation (purificazione). Si intende in questo caso la purificazione del succo di mela che viene pian piano privato degli elementi che costituiscono un nutrimento essenziale per il lievito. Nel corso della fermentazione il lievito si indebolisce fino a smettere di fermentare, lasciandosi dietro una parte degli zuccheri. Un metodo difficile e rischioso da replicare in casa.
- Aggiunta di additivi antifermentativi come il metabisolfito di potassio. Se addizionato nelle ultime fasi della fermentazione, blocca il lavoro del lievito.
- Pastorizzazione. Scaldando il sidro intorno a 70°C prima della fine della fermentazione, si uccide il lievito. Non è complicatissimo da fare (si possono anche immergere le bottiglie in acqua calda) ma bisogna essere precisi con la temperatura e con i tempi. Inoltre, la pastorizzazione, se praticata male, può cambiare significativamente il profilo organolettico del sidro.
- Cold crash. Il metodo più semplice: si raffredda il mosto prima della fine della fermentazione per fermare il lievito, si imbottiglia e si mantiene il sidro in frigo per evitare che la fermentazione riparta in bottiglia.
Il problema di questi metodi è che sono pensati per interrompere l’attività del lievito; questo renderebbe impossibile la ricarbonazione in bottiglia, pratica che i produttori casalinghi di birra utilizzano per dare frizzantezza alla birra. Ho deciso quindi di lasciar andare il lievito fino in fondo senza farmi troppo problemi. In fase di imbottigliamento ho aggiunto una piccola quantità di infusi: uno di cannella e uno di zenzero. Li ho preparati il giorno precedente portando a ebollizione due pentolini di acqua: ho spento il fuoco, aggiunto una stecca di cannella in un pentolino e qualche fetta di zenzero fresco nell’altro, lasciato raffreddare per 20 minuti, filtrato e travasato in due barattolini che ho tenuto in frigo per tutta la notte. Gli infusi sono stati aggiunti in piccole quantità in fase di imbottigliamento, assaggiando di volta in volta il sidro per stabilire la giusta dose. Consiglio di non esagerare, soprattutto con l’infuso di cannella, perché può diventare facilmente stucchevole. Una volta aggiunto lo zucchero per arrivare a circa 2 volumi di C02, ho imbottigliato e mantenuto a temperatura ambiente per qualche settimana.
Nonostante la forte attenuazione, il sidro non è venuto eccessivamente secco. Sicuramente manca un po’ di corpo, ma non ad un livello tale da risultare sgradevole. Il lievito non ha dato un particolare contributo belga, comportandosi in questo caso in modo simile a un lievito neutro. Le spezie aggiunte in fase di imbottigliamento si sentono il giusto, rendendo la bevuta meno piatta e intrigante. È venuto fuori un sidro rinfrescante da bere in estate, leggero e piacevole. La prossima volta sarebbe interessante aggiungere al succo qualche mela centrifugata, cercando magari anche una fermentazione mista con lieviti selvaggi. Il sidro è un prodotto che matura piuttosto bene: consiglio di dimenticare almeno un paio di bottiglie in cantina per qualche mese.