Birra e bicchieri: lo shot
Tra i molti bicchieri da assaggio proposti dai diversi soggetti operanti in campo birrario, sicuramente ha avuto una certa diffusione il cosiddetto shot. Una scelta dettata, in primo luogo, dall’estrema diffusione che tale formato – pur declinato in tante e tante specifiche morfologiche differenti – sta avendo nel settore; e in seconda battuta dalla filosofia che proprio in questo prototipo trova la sua incarnazione più pregnante.
Ma andiamo con ordine. In origine il modello di cui parliamo, con le sue ridotte proporzioni (ci si aggira attorno ai 15 centilitri complessivi), entra in scena, attorno agli anni Trenta del Novecento, probabilmente negli Usa, come strumento dedicato a liquori e distillati. Un bicchiere destinato per il consumo diretto – il termine stesso shot (pur affermatosi nel vocabolario comune soltanto parecchio tempo dopo) richiama con rara efficacia l’idea di una piccola e rapida sorsata – oppure per la misurazione di dosi destinate a concorrere alla preparazione di cocktail.
La sua peculiarità dimensionale, a partire dall’ultimo quarto del secolo scorso (ovvero da quando, con la rivoluzione craft, quello della degustazione è stato assunto in modo serio e stabile come tema da applicare anche alla birra), lo ha reso poi indiziato speciale nella ricerca, via via più attenta, di un design adatto alle sessioni d’assaggio fitte e prolungate. Ecco, proprio qui, sta il discrimine concettuale rispetto alle soluzioni che – in sede degustativa – privilegiano calici e derivati: mentre questi traggono, implicitamente, come questione prioritaria, quella delle manovre d’analisi (aerazione, roteazione del liquido, olfazione attraverso un’estesa superficie di scambio), lo shot invece, è mosso dall’intento di compendiare le esigenze di praticità (taglia small, robustezza, maneggevolezza) con quelle del mantenimento, il più a lungo possibile, delle connotazioni organolettiche del prodotto in esame (in tal senso il contenimento in larghezza, agevolando la formazione della schiuma, risulta decisamente funzionale alle finalità stabilite).
Dal punto di vista strutturale, una parte significativa delle soluzioni in circolazione costituisce una sorta di sintesi tra il ventre bombato di un tulipano, le proporzioni di uno snifter e la compattezza di una pinta in miniatura, spesso con tanto di rinuncia allo stelo, optando invece per un’architettura, sostanzialmente, a colonna.