Beer tour lungo la costa marchigiana tra Pesaro e Porto Sant’Elpidio
“Silvia cara, io ci provo a portarti in giro, ma se tu non rimembri mai la strada e c’hai sempre negli occhi quell’aria ridente e fuggitiva, di chi non ha la minima idea di cosa gli sia successo negli ultimi tre giorni, mi metti in difficoltà. Eh, abbi pazienza Silvina mia”.
“Senti Giacomino, io me ne stavo alle mi opre intenta, bella tranquilla pensando alla morte e tu stamattina mi sei venuto a strombazzare sotto casa con la Renault 4 cabrio dell’82 di tuo cugino, che non erano nemmeno le sei. Mi hai giurato che volevi lasciare le sudate carte e mi portavi a vedere il mar da lungi e quindi il monte. Invece bello mio, mi pare tu non abbia mai messo il naso fuori dalla porta e nemmeno aperto Maps una volta, per sbaglio”.
“Ovvia, non dire così, Silviuccia, te lo prometto: basta con lo studio matto e disperatissimo, basta naufragare! Oggi è sabato e ti porto via dal villaggio, si va a bere al mare!”
“Sì, ma almeno arriviamoci al mare! Per pranzo hai voluto fare il pic-nic sotto il sole con trentotto gradi, davanti a una siepe, che non si vedeva nulla”.
“Però oltre la siepe c’era un panorama da paura…”
“Sì, ma dietro! Mi conveniva uscire con l’amico tuo, il Pindemonte”.
“Il veronese? Ma quello è amico di Foscolo. Io non lo conosco”.
“E infatti. Uno simpatico, mai. Solo sciagure e affanni”.
Ecco, per carità, qualche incomprensione passeggera durante un viaggio è capitata a tutti, amici birrovaghi, figuriamoci a Giacomo Leopardi che ebbe i natali proprio nella terra protagonista del nostro viaggio. Su una cosa possiamo essere tutti d’accordo: le Marche sono una regione bellissima e da qualche anno ormai è anche fin troppo facile disegnare itinerari birrari emozionanti. Nel nostro caso percorreremo il tratto costiero compreso tra Pesaro e Porto Sant’Elpidio, tra mare, borghi e birrifici, cercando di sorseggiare una birra in santa pace, magari proprio lungo la riva. Uno degli aspetti più belli di questo percorso sta nel fatto che le distanze sono brevi. Questo vi permetterà di ottimizzare i tempi e conciliare al meglio assaggi e paesaggi.
Il nostro birrovagare comincia a Pesaro, attraversata dal fiume Foglia, l’antico Isauro e cullata da due colli, l’Ardizio a sud-est e il Colle San Bartolo a nord-ovest, con l’omonimo Parco Regionale, noto per i suggestivi itinerari ciclo turistici che si snodano lungo i 23 km di strada panoramica e sui tracciati per mountain bike. Le asperità naturalistiche del San Bartolo, grotte e falesie così rare sulle coste dell’Adriatico, ispirarono anche il buon Dante, che le citò nel XVIII canto dell’Inferno. E poi ci sono i cogoli: particolari ciottoli delle strette spiagge detritiche, raccolti per secoli dalla gente del posto, che li utilizzava per costruire le proprie case. Ma Pesaro è anche testimone di una storia potente. Fondata con ogni probabilità dai Piceni, fu poi Romana e importante centro medievale e rinascimentale. Ma il pesarese è anche teatro di un quasi mistero dell’antichità. Già, perché sul suo territorio è stato ritrovato un reperto che ha fatto discutere storici e archeologi per anni, la Stele di Novilara.
Novilara era uno dei pochi abitati piceni in riva al mare e fu sicuramente tappa di molte rotte commerciali. Quel che invece stupisce è che le incisioni sulla stelle, che si credevano in lingua locale, fossero in realtà scritte in greco arcaico. In altre parole, grazie a questa scoperta possiamo premusumere con un’ottima probabilità che i greci del VI – V Sec. a.c., siano arrivati per mare nelle Marche e abbiano avuto relazioni con i popoli dell’epoca, compresi i Piceni e gli Etruschi. Insomma, ce n’è abbastanza per farci venire sete, tanto più che l’estate da queste parti invoglia all’idratazione possente. E poi Pesaro offre molte opportunità in tal senso.
Cominciamo dal primo birrificio artigianale nato in città nel 2015, il Birrificio 61 cento. Il nome rimanda al vecchio CAP di Pesaro, dismesso da tempo, ma rimasto vivo nel cuore dei quattro soci Roberto, Samuele, Tommaso e Christian e nel nome di questa bella realtà pesarese.
La produzione spazia tra mondi brassicoli molto diversi tra loro, esplorando i sentieri delle alte e delle basse fermentazioni. Tra le oltre quindici referenze in carta, ve ne propongo alcune a mio modesto avviso, da non perdere. Comincio dall’ottima ELK, birra ambrata a bassa fermentazione ispirata alle American Amber Lager, da 5.8° alc., prodotta con luppoli europei e americani della Yakima Valley. Altra menzione meritano l’avvolgente Koi, Milk Stout da 4.9° alc., con aggiunta di lattosio, e la floreale KIWI, una Pacific Lager che prende il nome da un uccellino simbolo della Nuova Zelanda, prodotta con luppoli provenienti proprio da quel paese.
Molto buona anche la Vulpes, il cui nome richiama la favola di Esopo La volpe e l’uva: una Iga intensa, da 9.5° alc., prodotta con mosto d’uva di Cabernet Franc, della cantina Selvagrossa. Un consiglio: provate anche le birre della linea Kafka, one shot e stagionali, come la Fruit IPA Visciola da 5.6° alc. e la Kafka Keller Pils, prima birra della casa realizzata interamente con materie prime da filiera agricola marchigiana. La metamorfosi quest’anno si completa con l’arrivo di alcune referenze in lattina, tra cui la citata Keller Pils. A Pesaro, il modo migliore per godersi le birre dei ragazzi di 61 cento è passare qualche ora nel loro beer garden e in tap room, presso il birrificio, ma in futuro sono previste news come l’apertura di un nuovo locale.
E ora in cammino. Ripartiamo alla volta della prossima tappa, ma senza fare poi molta strada. Restiamo infatti in città per fare visita al Birrificio Birracruda in Via Serra, fondato nel 2015 dai fratelli Giuseppe e Alessandro Ricci e da Marco Grassini, responsabile di produzione.
L’idea nasce da Giuseppe che inizia dal mondo della ristorazione, aprendo negli anni osterie e piadinerie di successo, con l’aiuto del fratello. Finché entra in gioco Marco, homebrewer e biologo alimentare, con cui il cerchio si chiude. I tasselli ci sono tutti e si può dar gambe al sogno birrario: produrre birre buone, precise, accessibili. E un bel pub annesso al birrificio, dove gustarle in santa pace. L’universo stilistico di Birracruda abbraccia il teutonico e l’anglosassone. Tra le mie referenze preferite ci sono senz’altro le basse fermentazioni, come la Helles, da 5° alc., con luppoli Magnum e Perle, la buonissima e speziata bock da 6.7° alc. (Magnum, Tradition e Perle) e la godibilissima Pils (Magnum, Hallertau Mittelfruh). Tra le alte si fa apprezzare la Weizen e la Ipa al bergamotto di 5.9% alc., prodotta con malti Pale e Vienna e luppolata con Polaris, Cascade, Chinook.
Lasciamo adesso Pesaro grati per l’epifania sensoriale e, per carità, intellettuale, dirigendoci a sud, lungo la costiera Statale 16, in direzione di Fano. La distanza è breve, i due comuni sono confinanti e serviranno appena una ventina di minuti per raggiungere la seconda tappa del nostro viaggio.
Fano si trova alle porte della piana del Metauro, una delle pochissime aree pianeggianti della regione. Nata come centro Piceno, fu poi un’importante città romana: Fanum Fortunae. Il nome rimanda verosimilmente al “Tempio della Fortuna”, probabilmente costruito in memoria dell’epica battaglia del Metauro, combattuta nel 207 a.c., in cui le legioni di Roma sbaragliarono l’esercito cartaginese guidato da Asdrubale, che qui rimase ucciso e non poté ricongiungersi col fratello Annibale, dopo aver varcato le Alpi con gli elefanti da guerra. Una pietra miliare della nostra storia, e un bello spreco di elefanti, dopotutto. Oggi Fano è una bella cittadina, con un centro storico ricco di arte e monumenti, bellissimo da visitare a piedi. Le sue stradine pavimentate a sanpietrini, si articolano lungo il cardo e il decumano seguendo ancora, almeno in parte, l’antico impianto viario romano.
Tra i siti più interessanti ci sono sicuramente la Corte Malatestiana, coi Giardini Leopardi, l’Arco di Augusto con la Chiesa di San Michele, Piazza XX settembre con la fontana dedicata alla Dea Fortuna e il Palazzo della Ragione, la Porta della Mandria, le varie Domus e il Teatro Romano, le mura. Senza dimenticare strade e palazzi medioevali e rinascimentali. Insomma, un piatto davvero ricco. O dal nostro punto di vista, un bicchiere davvero pieno. Mare compreso. E a proposito di elementi liquidi, è il momento di dedicarci al terzo birrificio del nostro itinerario: RentOn.
L’avventura di Andrea, Elia e Giannandrea comincia nel lontano 2007, a Pergola, con il Birrificio Pergolese, impianti da un ettolitro e il vanto di essere uno dei più piccoli birrifici italiani. Nel 2014 le cose si evolvono, i tempi sono divenuti maturi e una stagione nuova è alle porte. Il Birrificio Pergolese cambia nome in RentOn, l’impianto cresce fino a raggiungere i 16 ettolitri, il laboratorio si dimensiona sui 300 metri quadrati e la residenza viene fissata a Fano, all’interno di una vecchia officina meccanica nei pressi delle mura romane. Al birrificio si affianca un bel pub in stile urban, con tavoli interni e un grande dehor, dove godersi le birre di casa, abbinate ad una cucina che spazia dai panini, ai fritti, con qualche piatto anche più strutturato. E le birre, mi chiederete? Detto fatto. Sono oltre una decina, tra cui alcune stagionali, come la ultra beverina Yellow Summer Ale, 4% alc., che trovate in estate alla spina e in bottiglia. Menzione doverosa per la German Ale Susi, 5.2° alc., tra le prime ricette realizzate nel 2007. il catalogo delle “storiche” comprende anche la Lola, Saison da 5.5° alc., nata nel 2008, con aggiunta di salvia fresca in infusione. Molto buone anche la Bombay, una Red Ale fruttata da 5.7° alc., e la New Order, robusta Belgian Strong Ale da 7° alc. Concludo questa breve carrellata, inevitabilmente parziale, citando la recente uscita della So’ Lillo, Neipa da 7° alc., lanciata sulla scia del fortunato programma tv LOL.
Da Fano manteniamo la barra a sud (ovviamente l’itinerario può essere percorso anche in senso contrario) verso Ancona. Il percorso più veloce prevede di imboccare l’autostrada E65, ma io vi consiglio di optare per la Statale 16 e lasciarvi guidare dall’odore del mare, che vi scorre a fianco.
Mettete in conto un’oretta per il trasferimento e qualcosa in più se lungo il tragitto volete concedervi una sosta a Senigallia. Ancona vi sorprenderà. Diceva lo scrittore Dino Garrone, che “Ad Ancona bisogna arrivarci alle tre del pomeriggio, e con il sole. La città sembra allora una zebra; strisce fonde e scure di vicoli si alternano con fasce abbaglianti e trasversali. Un paio di finestre dal riflesso stralucente fanno gli occhi”. Il capoluogo delle Marche offre moltissimo, dalle spiagge del Passetto e della Scalaccia, al bellissimo sentiero della Grotta Azzurra, fino alla suggestiva Seggiola del Papa, che vi consiglio di vedere al tramonto. Anche in centro storico non vi deluderà: Piazza del Plebiscito, Piazza Cavour, La Cattedrale di San Ciriaco, l’Arco di Traiano, l’originale Mole Vanvitelliana e il Porto Antico. Senza dimenticare delle Olive Ascolane, dei brodetti e degli Stroncatelli, una pasta nata nella comunità ebraica di Ancona, simile a degli spaghetti lunghi e sottili a base di farina di grano duro, sale e poche uova.
Appena sotto Ancora poi, c’è la Riviera del Conero, con il suo matrimonio d’amore tra il monte e il mare.
Le spiagge di Portonovo e Mezzavalle, i Sassi Nesi e la spiaggia delle “Due Sorelle”, vero simbolo del Conero. Prende il nome da due scogli gemelli che emergono dal mare, è la prima spiaggetta bianca del fianco sud del monte Conero. Si raggiunge solo via mare ed è un bene, perché questo tratto di costa si è potuto così mantenere selvaggio e incontaminato. Ma il Parco Regionale del Conero non è fatto di sole spiagge. Infatti è’ possibile visitare il Parco a piedi, a cavallo o in mountain bike esplorando un reticolo di 18 sentieri che attraversano tutti gli ambienti presenti all’interno dell’area protetta. Per info, cartine e altri materiali, fare riferimento al Centro Visite di Sirolo, in Via Peschiera 30.
Terminata l’esplorazione del Conero è il momento di ripartire a caccia di birra. Se non avete fretta, come mi auguro che sia, prendete la dinoccolata SP1 e rimanete sulla costa passando per Porto Recanati e poi salendo per Potenza Picena. In quest’ultimo borgo potrete idratarvi come sempre dovrebbe fare un vero beerlover, grazie a Tony Giorgini e al suo Groove Beer Bar. E magari fare uno spuntino godendo del panorama che offre il magnifico Belvedere, seduti nel caratteristico dehor appoggiato alla Chiesa di San Francesco.
Altra tappa obbligata, sempre costeggiando il lungomare, ma riprendendo per comodità la Statale 16, è il porticciolo di Civitanova Marche. La ragione è semplice, qui, in Via Lido al numero 4, si trova il Grammi Litro, pub di riferimento del Birrificio MC77 di Serrapetrona, dove potrete gustare tutte le creazioni di Cecilia Scisciani e Matteo Pomposini di volta in volta disponibili. Dai classici come ad esempio l’Ape Regina, la Fleur Sofronia, la Glu Glu Kolsch o la luppolata Breaking Hops, fino alla nuova Zerbster Bitterbier, uscita in primavera. Per accompagnare le birre, il locale propone un ricco pub grub in un ambiente raccolto, moderno ma caldo.
Una volta ristorati a dovere ci aspetta una buona nottata di sonno, mi direte voi. E invece no. Ci resta l’ultima tappa birraria del nostro viaggio, e nemmeno, data l’abbondanza di soddisfazioni birrarie, da prendere troppo sottogamba: il Birrificio Familiare Mukkeller, a Porto Sant’Elpidio. Qui è protagonista il mare, con spiagge morbide e leggere; un litorale facile e accogliente, abitato fin dai tempi villanoviani e documentato in epoca medioevale. Anticamente da queste parti c’era anche una fortezza romana, poi distrutta.
Il birrificio si trova nella zona industriale San Filippo, ma è veramente comodo da raggiungere. L’avventura di Mukkeller inizia nel 2010, quando Marco Raffaelli, detto “Il Mukka”, decide di trasformare la passione per l’homebrewing in un’attività familiare assieme al fratello Fabio. Qualità, ironia e facilità di beva, sono la cifra stilistica di questo produttore. Personalmente apprezzo da tempo le loro birre, oggi più di venti in carta, ma qui ve ne presenterò solo alcune per i già citati motivi.
Proverò, diciamo così, a stimolare la vostra sete. In effetti non credo sia poi così difficile, vero? Iniziamo con la rotonda Menz’ora, una Heller Bock da 7.7° alc., equilibrata e non troppo spinta sull’alcol, perfetta con bel filetto di maiale o formaggi non troppo stagionati. Restiamo sulle referenze strong, con l’ottima Mukkamannara, Belgian Strong Ale da ben 9.3° alc., caratterizzata da note di malto, caramello, uva passa, frutta disidratata e spezie. Sul fronte amaro da non perdere la rinomata Hattori Hanzo, Double Ipa da 8.3° alc. e la Ipa Wanda, 6.9° alc., agrumata e biscottosa, prodotta con orzo e frumento. Concludo questa veloce panoramica con due must dell’estate e non solo: la La Corazzata Kotionski, gustosa Pils da 4.7° alc. fragrante e lievemente smoked (ogni riferimento alla fantozziana scena dell’interminabile film immagino sia puramente voluta) e la Mukkellerina, helles dorata da 4.7° alc., che presenta un unico problema: non riuscire a smettere di berla. Terminata la visita in birrificio, magari avete ancora voglia di fare un giro in paese per mangiare un boccone, o provare qualcosa di insolito, tipo bere una birretta. Ecco, se le vostre intenzioni sono queste, fate un salto a I Santi, in Via C. Battisti, 68 dove troverete le birre di Mukkeller, e non solo, in un ambiente rilassato e familiare.
Bene amici, noi qui ci fermiamo, che di strada e assaggi ne abbiamo fatti a sufficienza, anche stavolta. Penso che dopo ogni viaggio che si rispetti ciascuno dovrebbe avere il tempo per riordinare le idee e trasformarlo in un orizzonte personale, uno spazio da riconoscere, come a dire che non finisce il sogno. In effetti, un altro modo di essere strada, parafrasando Kerouac.
…”E allora dimmi, Silviuccia mia, alla fine ti sei divertita oggi?”
“No.”
“Ma come, no?! Ho fatto di tutto per farti ridere”.
“Giacomino, sei il peggiore”.
“Ma almeno sei stata un pochino bene?”
“Ancora qua stai!?”
“Domani ci sei?”
“No”.
“Vabbè, vorrà dire, che il naufragar m’è dolce, in questo mare”.