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Nuove tendenze: crescono i consumi di birra analcolica

Il mondo della birra è costantemente soggetto a nuovo tendenze: l’avvento delle birre acide, l’uso smodato di luppolo in tutte le sue forme, l’inserimento di ingredienti stravaganti e ora – soprattutto dall’altra parte dell’oceano atlantico – la diffusione delle birre non alcoliche. Precisiamo subito che per non alcoliche si intendono per la legge italiana quelle birre che contengono un tasso alcolico inferiore a 1.2%, e che rimane comunque impossibile, con le tecnologie attuali, creare una birra che effettivamente sia priva di alcol.

I dati più recenti sul tema ci arrivano dagli Usa e precisamente dal Great American Beer Festival. Per la prima volta la Brewers Associations ha infatti inserito nelle categorie giudicate anche le birre non alcoliche. Fra i birrifici presenti in questa tipologia possiamo citare WellBeing Brewing, Bravus Brewing, Two Roots Brewing e Athletic Brewing. Secondo le ultime rilevazioni di mercato, una buona fetta dei clienti è costituita dai millennials, che dopo anni di gozzoviglie, hanno deciso di fare più attenzione alla propria salute e ridurre il proprio consumo di bevande alcoliche. I dati d’altronde indicano una flessione dei giovani consumatori che nel 2016 sono stimati in circa il 35% del totale, contro il 63% del lontano 1994. Se si guarda alle statistiche fornite dall’IRI, autorevole azienda che si occupa di ricerche di mercato, le vendite fuori sede di birre analcoliche (industriali e non) negli USA sono salite del 18% quest’anno, raggiungendo quota 78.5 milioni di dollari durante il mese di agosto. Alcune tra le maggiori industrie brassicole come AB-InBev stanno prendendo la palla al balzo presentando nuove birre analcoliche. Non si può prevedere quanto questa tendenza permarrà, ma alcuni birrifici artigianali sono pronti a scommetterci.
Un esempio è Athletic Brewing Company, specializzato in birre analcoliche, produttore della Run Time, ritenuta dal sito VinePair come una delle IPA di maggior successo dell’anno. Cavalca l’onda anche Wellbeing Brewing Company, un altro produttore che si dedica totalmente alla produzione di birre no alcol. Negli ultimi tempi birrifici di questo tipo hanno subito una notevole crescita economica, arrivando a raggiungere in alcuni casi fino a dieci volte l’investimento iniziale e questo soltanto nel loro primo anno di vita. In Europa un caso degno di nota è probabilmente quello del colosso Mikkeller che ha sviluppato una vera e propria passione per le birre alcohol-free: la Henry & His Science Non ABV, o ancora la Weird Weather Low ABV e la Racing Beer Can. Senza contare la partnership con la compagnia aerea SAS per cui Mikkeller ha già sviluppato diverse birre fra cui alcune analcoliche. Anche lo scozzese Brewdog da ormai qualche tempo si è dedicato alla produzione di birre analcoliche, tra le più famose troviamo la Punk AF e la Nanny State. Dal canto nostro un solo produttore al momento ha messo in commercio una birra di questa tipologia, si tratta del birrificio trentino Pfefferlechner che ha prodotto la Fre[e]dl, birra analcolica sviluppata assieme all’università di Berlino. Spesso si pensa alla fuorviante immagine delle birre industriali analcoliche ma nel mondo craft sono diversi gli stili birrari che si possono adattare a questa pratica, soprattutto con il crescente interesse verso ingredienti particolari o insoliti. Possiamo trovare quindi Wheat Ale, IPA di diverse tipologie, Golden Ale e così via.

Un tema ricorrente di queste produzioni, che sia il nome del birrificio o della birra stessa, è il rimando al mondo dello sport e della salute. Sono pochi gli studi in merito ma le birre analcoliche sono fonte di grandi quantitativi di elettroliti, antiossidanti e polifenoli, tutte sostanze che aiutano il recupero dopo un’attività sportiva, oltre a vitamine, minerali e aminoacidi. D’altronde è prassi per gli atleti tedeschi, soprattutto di sport invernali, bere birra analcolica dopo gli allenamenti o le gare proprio per facilitare il recupero della condizione fisica.

Bisogna però dedicare qualche riga a quella che potrebbe essere la più grande illusione di questi prodotti. Uno studio svolto da un gruppo di ricercatori californiani ha infatti dimostrato come solo attraverso il senso dell’olfatto si possa scatenare una crisi di astinenza in persone che soffrono di alcolismo. In effetti, il contenuto alcolico delle birre analcoliche, seppur prossimo allo zero, può far credere che queste birre non abbiano conseguenze per chi ha sofferto o soffre di dipendenza. Questo studio dimostra invece che il solo profumo può già essere sufficiente a risvegliare i desideri. La birra analcolica potrebbe quindi fare da ponte, rimettendo sulla cattiva strada. Il consiglio, secondo questi studi, sarebbe quindi quello di astenersi dal provare birre analcoliche, in quanto potrebbe fungere da catalizzatore e portare a inevitabili ricadute.