Le birre della memoria: Saison de Pipaix
Quando mi si chiede quali siano le mie “birre del cuore”, state certi che in prima fila troverete sempre la Saison de Pipaix! E questo per mille ragioni, a partire all’affetto e dalla stima che provo da oltre trent’anni, forse più, per Jean-Louis Dits che ritengo “l’anarchico della Saison” per la sua fierezza e intransigenza che lo pone da sempre ad essere così orgogliosamente “fuori dal coro”. Ma, come dicevo, non solo per quello ma anche e forse soprattutto per la sua straordinaria, genuina e meravigliosamente incontrollabile Saison che rappresenta, nei limiti del possibile, l’unico stretto legame con le rudi, sanguigne Saison di un’epoca lontana, lontana anni luce dalle Saison “fighette” di oggi. Nei miei primi viaggi individuali in Belgio, da atipico figlio dei fiori che prediligeva Gueuze, Vlaams Rood, Oud Bruin, Saison e musica olandese d’avanguardia alle canne, Jupiler e musichetta rock dei miei fratelli capelluti, ebbi la fortuna condita da un pizzico d’intelligenza di incontrare, forse direi meglio torturare, i vecchietti dei vari posti che, oltre a raccontarmi fantastiche storie di vita locale, mi davano impagabili dritte su dove trovare le autentiche birre del villaggio, spesso celate in cantine da “Shining” che oggi farebbero impazzire i deliziosi beer geeks che infestano il pianeta.
Due cose caratterizzavano quei bei tempi andati. La prima era il non avere la compulsione di fare foto a raffica a luoghi e persone, ma piuttosto godersi ambienti, atmosfere e conversazioni. La seconda era quella di non chiedere, nelle mie scorribande nell’Hainaut, aiutato da una lingua che parlavo bene, quali lieviti avessero usato per le loro Saison, se il Belle, il French, il Belgian, l’Ardenne o il Mangrove. Ve li immaginate Léon Voisin, Pierre-Alex Carlier, Gaston Biset, Jean-Louis Dits, per rimanere sui più noti, chiamati a rispondere a una domanda del genere?
Torniamo alla mia adorata Saison de Pipaix. L’assaggiai nel 1785 e fu amore a prima vista! Scherzo ovviamente ma seppur più o meno due secoli dopo il colpo di fulmine fu istantaneo. Da un ammalato di gueuze come me, tutte quelle birre che me le facevano, più o meno lontanamente, ricordare grazie alle note rustiche e acidule, mi piacevano immensamente e la Saison di Jean-Louis su ricetta del 1785 tramandata da un mitico quaderno con copertina nera, mi ricordava, tanto ma tanto, la gueuze di Jean-Pierre Van Roy che da lì a poco sarebbe diventato il mio secondo padre. Ho volutamente usato il termine “rustico” perché proprio quello, secondo me, differenzia e di molto, le Saison di una volta con le più fini, pulite, costanti delle versioni più moderne, Dupont in testa!
La Pipaix non è fine né pulita e men che meno costante ma, quando è “quasi a posto” non ha rivali e ci riporta, sempre nei limiti del possibile e con le dovute proporzioni, agli aromi e gusti del passato. I famosi vecchietti di cui parlavo prima mi raccontavano di birrai scontrosi, figli e nipoti di padri e nonni scontrosi che non amavano visite di giornalisti o esperti che volevano sapere ingredienti e metodi mentre loro utilizzavano, come i loro avi, le erbe, per lo più spontanee, radici e tuberi disponibili al momento. Dico questo perché essendo principalmente un caro e vecchio amico di Jean-Louis che, non dimentichiamolo, è stato il mentore e maestro di Teo Musso, non gli ho mai chiesto quali ingredienti segreti avesse trovato appuntati nel famoso quaderno nero, ereditato da Gaston Biset.
A me, come tutti ormai sanno, mi interessa il bouquet originale di una birra e non il voler riconoscere le varie componenti. Indubbiamente il bouquet della Pipaix è unico e così complesso che bisogna solo goderselo senza farsi troppe pippe. Jean-Louis invece ci rivela la presenza dello zenzero, pepe, licheni, scorza d’arancia di Curaçao, anice stellato e radici di cicoria torrefatta con punte di amaro date da luppoli europei. Sfido i “cercatori di luppoli o di ingredienti” a trovarli tutti!
Concludo con un suggerimento per chi ama il beer sharing, molto di moda tra gli appassionati. Procuratevi delle buone Saison “moderne”, rigorosamente da produttori dell’Hainaut per un omogeneo paragone territoriale come la Dupont di Olivier Dedeycker, la Cazeau di Laurent Agachela Voisin di Pierre Decoigne su ricetta e supervisione di Léon Voisin e la Blaugies di Kevin Carlier evitando però le inutili, versioni addolcite tipo quelle di Du Bocq e Silly nonché quelle fuori provincia come la pur ottima fiamminga Erpe-Mere di Jef Van den Steen, dichiarato tributo alla Dupont, e la “mutante”, stupenda Fantôme di Dany Prignon. Aggiungete al panel la Saison de Pipaix e confrontatela sia olfattivamente che gustativamente con le quattro citate. Troverete una certa vicinanza, nonostante l’utilizzo del farro, più con la Saison d’Epautre di Blaugies proprio per quella punta di rustichezza e nota acidula che invece volutamente mancano nella “caramellosa” Voisin e pure nella flagship Saison Dupont caratterizzata dalle inconfondibili note pepate conferite dal suo mitico lievito e pure nella piacevolissima Saison Cazeau dove il floreale, sambuco in primis, le regalano un fresco, unico profilo. Missione compiuta vi renderete conto con grande facilità che odorando e degustando la Pipaix di Jean-Louis vi troverete proprio davanti ad una Saison d’altri tempi!