Il mercato craft americano al tempo del coronavirus
Ovviamente anche il mercato negli Stati Uniti è pesantemente colpito dall’emergenza coronavirus con ristoranti e locali chiusi in quasi tutti gli Stati. In linea di massima è stato permesso ai birrifici di aggirare il three tier system, una serie di regole che limitava fortemente l’autodistribuzione, al fine di permettere ai produttori di effettuare delivery delle loro birre. Rispetto a quasi tutti gli altri Paesi il mercato craft americano può contare su una buona rappresentanza sugli scaffali di piccola media e grande distribuzione, una canale che per il settore ha realizzato circa il +20% nel mese di aprile (fonte Nielsen). Ovviamente questo non basta a coprire gli ettolitri persi a causa delle misure restrittive.
Secondo la Brewers Association a fine aprile le mancate vendite si attestano a 1,5 milioni di ettolitri a cui si aggiungeranno circa 1,8 milioni di ettolitri se le misure si estenderanno anche a maggio. Anche negli USA i soggetti più a rischio sono quelli che basano la maggior parte del loro introito sulle vendite dirette come ad esempio brewpub. Secondo un sondaggio di Brewers Association addirittura il 46% dei birrifici intervistati dichiara di poter dovere chiudere entro tre mesi. In questo quadro non stupisce come anche grandi realtà siano state costrette a licenziare gran parte della forza lavoro, soprattutto quella legata ai locali di proprietà (Surely, Stone Brewing, Russian River, The Lost Abbey, Green Flash, Coronado tra gli altri).
Ovviamente sono tantissime le iniziative di solidarietà e non, a favore di operatori sanitari, della filiera della ristorazione e brassicola e di comunità di servizi ai più deboli. Molti produttori hanno donato birra o convertito i loro impianti di distillazione (chi li possiede) per produrre sanificante per le mani (tra i più conosciuti Dogfish Head, Rogue, WeldWerks, Big Storm, Atwater eccetera), mentre altri hanno fatto donazioni dirette o con la realizzazione di birre i cui proventi andranno in donazioni. Tra queste ultime il progetto più ambizioso è Alltogether.beer, lanciato da Other Half (New York), che prevede la realizzazione di una birra da parte di tutti i birrifici aderenti (il sito ne conta 660 da ben 41 Paesi diversi in tutto il mondo! – in Italia Crak, Leder, Hopside e Emod) i cui proventi andranno a supportare l’ambito ospedaliero locale e i il settore brassicolo stesso. Other Half ha messo a disposizione due ricette facilmente realizzabili oltre alla grafica delle lattina, personalizzabile poi dai singoli birrifici e stampata a prezzo di costo da Blue Label packaging.
Tra le iniziative di autosostegno ci sono degustazioni e tour virtuali dei birrifici come quelli organizzati dalla New York State Brewers Association: ai partecipanti vengono recapitate per posta le birre che verranno bevute insieme al birraio alla fine di un tour virtuale del birrificio (per ora sono previsti 4 appuntamenti in 4 birrifici dell’area di New York). Il ricavato andrà all’associazione che si occupa di sostenere e promuovere i birrifici di New York.
Anche il settore fieristico e degli eventi si è del tutto arrestato e il primo a farne le spese è stato il Craft Brewers Conference e l’annesso World Beer Cup, il concorso più importante al mondo per le birre craft. L’evento, che si sarebbe dovuto svolgere a San Antonio a metà aprile è stato cancellato alla fine di maggio. Tutte le birre spedite per il concorso sono state utilizzate per produrre sanificante a base alcolica.