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Stile o tendenza? Arrivano le India Pale Lager

Con il meccanismo della moltiplicazione delle definizioni stilistiche continuamente in moto, sempre attuale è la domanda su quali tra le nuove classificazioni che periodicamente debuttano sulla scena del dibattito birrario riuscirà ad attecchire, consolidandosi magari anche attraverso un riconoscimento ufficiale, e quali al contrario avranno una vita da meteore. E utile, in tal senso, può essere pure chiedersi se tutte le denominazioni destinate a entrare in uso lo meritino realmente; e, specularmente, se tutte quelle alla fine bocciate lo siano per ragioni effettivamente ragionevoli. Esemplare – in ordine ai neologismi formalmente accettati – è il caso delle Black Ipa e del lungo ballottaggio (risoltosi in loro favore con tanto di ingreso nel Bjcp) con altre diciture, da Cascadian Dark ad American Black, passando per India Black Ale. E mentre lo stesso Bjcp, nell’edizione 2015, suggella le Italian Grape Ale, viene alla memoria un’iniziativa di qualche anno fa, quando l’inglese Durham Brewery ha inserito in gamma (dove ancora la troviamo al proprio posto) una curiosa White Stout, nella quale il secondo elemento del nome (oggi normalmente e logicamente associato ai colori scuri) viene invece utilizzato nella propria accezione del XVIII secolo, corrispondente a un’idea di robustezza, in primis alcolica. Ecco, quello è un esempio di provocazione rimasta poi tale, non riuscita (forse neanche ne aveva l’intenzione) di innescare una revisione sul larga scala del termine Stout.

Pyramid-IPLDà invece l’impressione di essere in una sorta di stato d’incubazione – nel senso che ha fatto la sua comparsa già da tempo, ma per ora non è stata né promossa, né definitivamente rigettata dalla comunità brassicola – un’altra espressione di senso tipologico: parliamo della India Pale Lager. Negli Stati Uniti la qualifica (con il suo acronimo Ipl) è riconosciuta e applicata da almeno tre anni, consacrata da vari produttori, tra i quali Pyramid e Ballast Point. 


Ballast Point Ipl 2Di cosa si tratti è abbastanza evidente: una bassa fermentazione (non necessariamente strong, la cosa merita di essere specificata), scelta, in virtù della sua peculiare pulizia nasale, come base per ancor meglio far risaltare le virtù odorose del luppolo, generosamente valorizzato non solo in aroma, ma anche in amaro (il range, pur non ufficiale, delle Ibu è 45-70). Ora, la dimostrata capacità di diffusione e di radicamento di una simile categoria stilistica induce, abbastanza automaticamente, a valutare un’eventualità (quella per cui il nuovo conio attracchi in forze anche in Italia); e, subito dopo a ipotizzare che l’entrata in scena di questa classificazione possa in qualche modo contribuire a far chiarezza in merito a certe situazioni, risultate invece, nell’arco dell’ultimo biennio, oggetto di discussioni piuttosto accese. Ci riferiamo al caso di alcune India Pale Ale, relativamente alle quali si è venuti a sapere, o qualcuno ha sollevato il dubbio, che in realtà siano prodotte a bassa fermentazione: tra tutti valga l’esempio della Gaìna della scuderia Lambrate. Per gli amanti delle classificazioni, per chi ama la chiarezza ad ogni costo, le birre costruite alla maniera delle Ipa fermentate con lieviti Lager potranno finalmente trovare la loro casa, una loro collocazione e piena dignità, al riparo da qualsiasi battibecco: basterà chiamarle India Pale Lager.
Insomma, non solo il re è nudo… ma forse è anche felice di esserlo!