Anche in Europa cresce la voglia di birra artigianale in lattina
Appare inarrestabile la riconquista del mercato birrario da parte della lattina. Protagonista di spicco dell’epoca pionieristica – il debutto, datato 24 gennaio 1935, ebbe luogo nel New Jersey ad opera della Gottfried Krueger Brewing Company – per poi però scivolare in una lunga fase di messa in ombra, l’alluminio oggi torna a piacere. La tendenza ha avuto inizio ormai un tre lustri or sono; ma se in principio si è trattato di casi abbastanza isolati da qualche anno a questa parte invece le riconversioni si sono moltiplicate e hanno assunto un ritmo via via più serrato (si veda qui e qui). Merito, certamente, delle migliorie tecniche che hanno consentito (con l’evoluzione dei rivestimenti polimerici interni) di minimizzare gli inconvenienti di conservazione, lasciando sul tavolo i soli vantaggi pratici: leggerezza, impermeabilità all’ossigeno e impenetrabilità alla luce (si veda il confronto lattina vs vetro). Un vero e proprio cambiamento di contesto, insomma: a fronte del quale un numero crescente di marchi craft estremamente quotati ha preso la decisione di confezionare in barattolo.
Avanguardia di questo processo di re-innamoramento (come spesso succede, quando si parla di novità) sono gli Stati Uniti: oggi i brand che commercializzano in lattina sono centinaia, da Oskar Blues (che riabbracciò il formato già nel 2002) a nomi come la Anchor Brewing Company di San Francisco (California) o la Alaskan Brewing Company di Juneau, che hanno agganciato il trend nella primavera di questo 2015. E l’ampio novero delle craft cans include realtà quali le californiane Anderson Valley e Ballast Point, la newyorkese Brooklyn.
E nel Vecchio Continente? Ecco: altro fatto saliente è che il ritorno di fiamma, con gradualità si sta espandendo anche qui. In Gran Bretagna, solo nella metà del 2014, le lattine hanno visto un aumento esponenziale, pari al 250%: e si sono viste addirittura dedicare una rassegna ad hoc, l’Indie Beer Can Festival. Alfieri della transizione – e già da un bel po’ – i movimentisti scozzesi di Brewdog, la cui scelta è stata seguita da altri, tra i quali un produttore ben noto in Italia come Moor, che in settembre ha lanciato, nelle versioni in alluminio da 33 cl, ben 8 etichette: Revival (3.8%), Nor’Hop (4.1%), So’Hop (4.1%), Radiance (5%), Illusion (4.5%), Confidence (4.6%), Return of the Empire (5.7%) e Hoppiness (6.5%). Oggi in giro per l’Europa si contano sempre più casi illustri, come quelli di Mikkeller ed Evil Twin, o, frugando nel recente passato, il ticinese Bad Attitude, che sperimentò già nel 2010.
Ora qualcuno scommette che presto, saranno altri a seguire la stessa strada, per quello che si annuncia, una vera lattina-mania.