I profumi della birra: il balsamico
Soluzioni o emulsioni di resine di olii essenziali (o loro miscele con altre sostanze), i balsami, come le resine stesse, si presentano in natura sotto forma di liquidi, che, spontaneamente o per incisione, si ricavano da alcune piante. Sotto il profilo organolettico queste sostanze esibiscono personalità odorose alquanto incisive e ventilanti. Proprio quest’ultima connotazione si condensa nell’aggettivo “balsamico”, conferendogli un’accezione spesso legata al possesso di qualità medicamentose, come casi di affezione delle vie respiratorie. In parole semplici, quando nella pratica dell’assaggio, anche di vino, si fa riferimento a quest’area sensoriale, si allude a un perimetro aromatico piuttosto circoscritto: quello delle percezioni aventi a che fare con un’impressione di “dilatazione” e di “rinfrescamento” delle stesse vie respiratorie. Stiamo parlando di essenze vegetali quali menta, eucalipto, tamerice, finocchio selvatico, etc…
Anche nel loro caso, la strada attraverso la quale arrivano a farsi riconoscere (a apprezzare) in una birra è quella delle gettate di luppolo; i cui coni (in misura chiaramente variabile in funzione della specie) contengono, tra i vari olii essenziali appannaggio del loro patrimonio, soprattutto Myrcene (è la voce preminente), il quale manifesta una propensione nasale variegata ma includente, appunto, direzioni balsamiche.
A farne un perno del proprio assetto olfattivo un discreto numero di “hop cultivar”, in specie nordamericane, quali Cascade, Amarillo, Citra e Simcoe, senza dimenticare il britannico (oggi coltivato principalmente in Germania) Northern Brewer. Di conseguenza, le caratterizzazioni balsamiche sono frequenti in qualsiasi tipologie birraria si avvalga significativamente dell’impiego di simili luppoli: Apa, American Ipa (e derivate), Double Ipa, India Pale Lager.
Menta. Oltre quaranta le specie (peraltro facili a ibridarsi, il che rende non semplice la classificazione) appartenenti al genere Mentha, a sua volta uno tra i 250 facenti capo alla famiglia delle Lamiacee (la quale, di specie, ne conta quasi 7mila). Piante dal portamento erbaceo o arbustivo, sviluppano foglie di cui, come noto, si fa largo uso nella tradzione e nella manifattura alimentare; il loro caratteristico profumo, fresco e balsamico, consta principalmente dell’apporto di una decina di diverse molecole: tre di esse, mentolo (alcol terpenico), mentone (il chetone corrispondente) e trans-carano (idrocarburo terpenico) da soli, coprono oltre il 50% dell’intera piattaforma costituente; accanto ad esse, poi, troviamo isomentolo (isomero del già citato mentolo), carvone e pulgeone (due chetoni), eucaliptolo (etere terpenico conosciuto anche come 1,8 cineolo), mentofurano (un idrocarburo dall’odorosità mentolata ma attestata come non gradevole), infine due esteri, il mentile acetato e il mono-2-etilesilftalato
Eucalipto. Genìa composta in realtà di oltre 600 specie, quella degli eucalipti (così sommariamente definiti) corrisponde a un genere, Eucalyptus, appartenente alla famiglia delle Mirtacee, originario dell’Oceania (in particolare Tasmania, Australia e Nuova Guinea) e comprendente piante arboree che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, fino ai 90 metri in altezza. Le foglie, utilizzate in cucina ed erboristeria, sviluppano caratteristici aromi di timbro balsamico, frutto del contributo di oltre dieci sostanze chimiche, tra le quali, per incidenza dimensionale e sensoriale, spiccano eucaliptolo (etere terpenico conosciuto anche come 1,8 cineolo, qui attestato al 70% almeno); gli idrocarburi terpenici delta-limonene (dall’apporto agrumato), alfa-pinene, beta-pinene (associati a note resinose di timbro, evidentemente, pinoso), alfa-fellandrene, sabinene (legnoso); e canfora (chetone che troviamo nel genoma odoroso anche del coriandolo e della cannella).
Tamerice. Genere appartenente alla famiglia delle Tamaricacee quello denominato Tamarix abbraccia una sessantina di specie di portamento arboreo o arbustivo che possono raggiungere altezze di 15 metri. L’analisi chimica dell’aroma prodotto dalle cui parti aree (fiori e foglie) giunge a identificare il contributo di una sessantina di molecole, tra le quali quelle più cospicuamente rilevate risultano acido palmitico (o esadecanoico, associato a percezioni cerose), docosanolo (un alcol), germacrene D (idrocarburo terpenico correlato a sensazioni legnose), fencile acetato e benzil benzoato, esteri che intervengono entrambi con apporti balsamici).
Finocchio selvatico. Distinte dalle varietà lavorate in orticoltura, quelle selvatiche del finocchio, in botanica foeniculum vulgare, specie erbacea ben diffusa nel bacino mediterraneo appartenente alla famiglia delle Apiaceae, si caratterizzano per l’intenso e fresco aroma emanato da tutte le parti della pianta. Una fragranza ariosa, alla quale concorrono oltre venti molecole osmofore, tra le quali primeggia di gran lunga l’anetolo (etere fenolico dal quale derivano squillanti note di anice), carvone (chetone associato a sensazioni mentolate), estragolo e acido anisico (essi stessi, un fenolo il primo, portatori di temi odorosi evocanti l’anice), una serie di idrocarburi terpenici quali alfa e beta pinene (resinosi), limonene e dipentene (agrumati), canfene (legnoso e canforato).
Nipitella. Mentuccia, nipitella, empitella, nepitella (nome che passa, tal quale, anche in inglese, insieme a calamint). Sono i battesimi comuni della Clinopodium nepeta, pianta erbacea di dimensioni contenute (massimo 80 centimetri in altezza), appartenente al genere Clinopodium (appunto) e al genere delle Lamiacee. Largamente valorizzata in erboristeria e in cucina, le sue foglie diffondono un aroma vivace e fresco, alla cui architettura sensoriale contribuiscono una quarantina di molecole. Tra esse, concentrando l’attenzione sugli studi relativi a esemplari racccolti in Italia (anche forti sono le differenze registrate tra un’area di crescita e l’altra), sembrano spiccarne alcune: quelle del pulegone (un chetone conferitore di intense sensazioni mentolate), del piperitenone (altro chetone, esso stesso portatore di caratterizzazioni nasali affini al precedente) e dell’ossido di piperitenone (il cui apporto è di timbro erbaceo).