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I difetti della birra: il DMS (dimetilsolfuro)

Quante volte vi sarà capitato, prima di abbandonare definitivamente il mondo industriale per immergervi in quello artigianale: grigliatona con gli amici, birra “da prezzo” a profusione, la versi nel bicchiere ed ecco subito comparire, sottile ma inequivocabilmente percettibile, questa sensazione sgradevole di vegetale cotto. Quante? Nessuna? Ecco, appunto. Il DMS è indiscutibilmente un difetto e la soglia di percezione è pure piuttosto bassa eppure passa spesso e volentieri sotto traccia a chi non è esperto. Di più, si può arrivare a sospettare che il consumatore di lager industriali ne sia talmente assuefatto da desiderarlo inconsciamente e riconoscerlo come una componente essenziale del bouquet: non si spiegherebbe altrimenti quanto sia facile ritrovarlo spesso in prodotti di bassa qualità, nonostante tecnicamente sia piuttosto semplice eliminarlo tanto per un artigiano quanto, a maggior ragione, per le industrie. DMS è un acronimo che sta ad indicare un composto organico chiamato Dimetilsolfuro. Come indica il nome, è un difetto che ricade nella categoria dei solfuri e ha un sentore poco piacevole ed elegante per un naso evoluto che viene descritto in maniera un po’ diversa a seconda delle fonti: spesso si parla di qualche vegetale cotto, ma a mio parere il descrittore più calzante è quello del mais cotto che trovate nelle scatole al supermercato, anche perché la verdura cotta a volte si può ricondurre ad altri problemi non sempre così semplici da inquadrare in maniera univoca.

Nei prodotti di bassa qualità può capitare di trovare il DMS associato ad un altro tipo di problema, un “cerealoso” rozzo e ruvido che viene chiamato grainy in inglese, dovuto spesso alla scarsa qualità delle materie prime utilizzate o anche a errati processi produttivi, e questo può complicare ulteriormente la precisa identificazione del problema. Resta da capire il motivo per cui questo difetto è così peculiare nelle birre chiare a bassa fermentazione mentre è molto meno diffuso in altre tipologie. Le motivazioni sono due. In primo luogo la tipologia di malto: più il processo di essicazione è lungo e a temperatura elevata, maggiore sarà la conversione di SMM (S-metilmetionina) in DMS e la sua dispersione, e quindi minore sarà la presenza residua del precursore nel malto da utilizzare in birrificazione. Le Lager chiare sono prodotte quasi esclusivamente con malto Pils, il malto meno essicato e quindi con più potenziale per apportare questo difetto. Influisce poi la tipologia di fermentazione: non tutti i lieviti convertono allo stesso modo il DMSO (Dimetilsulfossido) in DMS, quelli più esposti a questo problema sono proprio i lieviti a bassa fermentazione che lavorano a basse temperature. C’è anche un altro fattore piuttosto importante: in genere le alte fermentazioni avvengono in maniera più tumultuosa e questo aiuta l’espulsione del DMS residuo. Le Lager prodotte col malto Pils, fermentate a bassa temperature con ceppi di Saccharomyces Carlsbergensis, sono quindi gli stili sui quali occorre prestare più attenzione.

In realtà sconfiggere il DMS è tutt’altro che difficile, basta un minimo di cura nella produzione. La raccomandazione è innanzitutto quella di usare malto di buona qualità: una malteria che seleziona l’orzo con le caratteristiche migliori e che usa accorgimenti tecnici adeguati in fase di maltazione otterrà un malto con meno precursori e meno esposto al problema. Per il resto, è sufficiente una bollitura adeguata del mosto, vigorosa, ovviamente scoperta per permettere la dispersione del vapore e del DMS, e per un tempo minimo appropriato. In genere la raccomandazione è quella di bollire 90 minuti e può essere un ottimo consiglio per le Lager chiare, ma per esperienza personale e confrontandomi con alcuni birrai posso assicurare che una bollitura di 60 minuti risulta sufficiente nella produzione di birre di alta fermentazione. Va presa una precauzione alla fine della bollitura: allo spegnimento l’ebollizione si arresta ma il DMS continua ad essere prodotto senza più la possibilità di essere espulso. È bene che non trascorra troppo tempo prima di procedere al raffreddamento del mosto altrimenti il rischio è quello di ritrovarselo nel prodotto finale. Naturalmente questo tempo non si misura in minuti, un quarto d’ora in più non cambierà nulla, ma ovviamente è bene che un produttore non impieghi nemmeno mezza giornata per abbattere la temperatura. Tutti questi accorgimenti, come si sarà inteso, riducono ai minimi il DMS presente nella birra, possibilmente sotto le soglie di percezione, ma non lo eliminano completamente. Il DMS infatti, al pari di altri composti che sono dei potenziali difetti, se presente in quantità molto, molto limitata, è parte stessa dell’aroma della birra. C’è anche un’altra fonte possibile per il DMS e sono le infezioni di particolari lieviti selvaggi ed enterobatteri. Ma stiamo parlando di un caso legato alla negligenza produttiva dove il DMS rappresenta il male minore.

Come nasce il DMS?

Se andiamo a cercarne le cause dell’origine di questo difetto, gli indizi convergono tutti verso un’unica direzione: il malto e una bollitura del mosto non adeguata. Il DMS si genera principalmente a causa di un precursore presente nel malto, la S-metilmetionina (SMM), e in maniera minore anche a causa della presenza di Dimetilsulfossido (DMSO) dovuto all’ossidazione del DMS. L’SMM deriva a sua volta dalla Metionina, un amminoacido dello zolfo, e si genera durante la germinazione dell’orzo nella fase inziale del processo di maltazione. Nella successiva fase di essicamento grazie al calore una parte si trasforma in DMS e in DMSO. La buona notizia è che il DMS è estremamente volatile e già in questa fase con la ventilazione una parte viene dispersa. La cattiva notizia è che questi composti sono molto solubili, in particolare il DMSO, e quindi durante la fase di ammostamento SMM, DMS e DMSO presenti nel malto passano direttamente nel mosto. C’è anche un’altra notizia poco confortante: l’SMM è termolabile e a temperature superiori a 65° avviene l’idrolisi del SMM in DMS, quindi come nella fase di essicazione del malto anche nella fase di bollitura del mosto l’SMM presente continuerà a trasformarsi in DMS. Grazie però alla sua volatilità verrà però espulso tramite l’evaporazione restituendoci un mosto potenzialmente privo del difetto. Il ruolo del DMSO è più defilato: una volta disciolto nel mosto durante l’ammostamento, non è influenzato dalla bollitura e il suo livello non cambia. È durante la fermentazione che il lievito riduce il DMSO in DMS, mentre l’SMM viene convertito nell’innocua Metionina, ma sempre grazie alla sua volatilità verrà facilmente espulso grazie alla produzione di anidride carbonica.