Dal giardino al birrificio: negli USA si torna a raccogliere gli ingredienti
Nel corso dei secoli gli ingredienti per la produzione brassicola sono cambiati molto, basti pensare alle ultime mode come pastry stout, glitter beers o milkshake IPA. Nonostante questo alcuni birrai e appassionati sparsi per il mondo stanno riscoprendo la pratica ancestrale della raccolta manuale degli ingredienti. La raccolta itinerante della frutta e di tutto ciò che è commestibile era un tempo alla base della sopravvivenza. Quasi dimenticata, da quando l’uomo ha scoperto l’agricoltura, sta ritornando in auge, facendo capolino anche nel mondo della birra. Non dimentichiamoci che molte delle piante che attualmente vengono considerate erbacce venivano un tempo utilizzate per formare il gruyt, composto di piante e spezie, antesignano del luppolo, dalle caratteristiche amaricanti, aromatiche e preservanti. La riscoperta di queste piante come il dente di leone, la falsa camomilla o ancora l’artemisia non è solo un fenomeno delle zone rurali, come ci si potrebbe aspettare, ma anche delle aree urbane.
Un chiaro esempio di questo fenomeno ce lo fornisce negli Stati Uniti l’Urban Farm Fermentory di Eli Cayer, progetto con sede a Portland, Oregon, che si focalizza sulla produzione di birra, idromele e sidro con l’aggiunta di ingredienti raccolti nelle aree circostanti. Questo progetto ha riscosso un buon successo al punto di ricevere parecchie richieste di franchising in diversi altri Stati americani. Rimanendo in America e spostandoci nel Maine, troviamo la città di Portland, dove l’organizzazione Beers Made By Walking, comunemente abbreviata con BMBW, organizza vere e proprie spedizioni alla ricerca di erbe e altri ingredienti. Fondata nel 2011 da Eric Steen, la BMBW è salita alla ribalta nel 2013 quando al Great American Beer Festival il birrificio Deschutes dell’Oregon vinse una medaglia d’argento per una imperial IPA fatta con salvia e ginepro, due piante molto comuni nello Stato. Molti birrifici hanno collaborato con BMBW inserendo nelle loro birre bacche inusuali, erbe e spezie, tutti ingredienti trovati spontaneamente in natura.
Queste attività molto spesso non coinvolgono solo homebrewers e addetti ai lavori ma anche semplici appassionati, contadini e, più in generale, la comunità locale. La raccolta infatti non si limita ai luoghi pubblici ma anche a giardini di privati che spesso e volentieri autorizzano a entrare per raccogliere ciò di cui i partecipanti hanno bisogno, così evitando lo spreco di frutta, fiori e altre piante aromatiche. In questo modo il birrificio diventa parte integrante della comunità, offrendo anche la possibilità alla gente di partecipare, attivamente o passivamente, alla creazione della birra. Spesso chi aiuta con la raccolta viene ricompensato in un qualche modo: birre offerte, vantaggi in birrificio o anche un rimborso in denaro. Se fino a ora abbiamo visto la situazione americana, dobbiamo sottolineare che non è un trend locale, bensì un vero e proprio movimento globale. Nel Regno Unito la maggior parte dei luppoli utilizzati per la produzione brassicola proviene dagli Stati Uniti lasciando poco spazio ai prodotti locali. Ecco forse una delle ragioni per cui questo trend ha avuto un particolare impatto sul pubblico d’oltremanica. Già dapprima del movimento americano, il birrificio scozzese Williams Bros proponeva birre basate su ricette antiche. Col tempo sono nati nuovi birrifici che fanno largo uso di questa pratica. Fra i nomi più prominenti della scena britannica ci sono Wild Beer e Little Earth Project. In entrambi i casi sono molti gli ingredienti che riescono a rintracciare nei dintorni del birrificio: bacche, fiori, frutta, erbe aromatiche. Possiamo citare la Breakfast of Champignon di Wild beer, con aggiunta di funghi della zona o ancora la Sour Blackberry and Nettle di Little Earth Project con aggiunta di more raccolte lungo le strade vicine al birrificio. Certo, lo stare nel mezzo di una zona rurale facilita il compito, ciononostante resta il fatto che questi birrifici riescano a dare una nuova connotazione tutta territoriale alle proprie birre.
Questo tipo di pratica si basa principalmente sulla stagionalità dei prodotti, non solo per quanto riguarda la reperibilità di alcuni ingredienti in natura ma anche per le variazioni di sapore che possono subire durante l’anno. Con i cambiamenti climatici che stiamo subendo a volte può essere complesso prevedere l’andamento delle stagioni e dei cicli naturali, capita quindi di dover anticipare o posticipare la ricerca di alcuni ingredienti. Si tratta di un ostacolo imprevedibile che può negare la produzione di una determinata birra un certo anno per carenza di materia prima. Per far fronte al problema, queste birre vengono solitamente prodotte in piccoli volumi in modo tale da ridurre la quantità necessaria dell’ingrediente desiderato e rendere al contempo la birra più rara e richiesta. Malgrado le difficoltà e la fatica questa pratica da vita a birre uniche, che permettono ai birrai di offrire una testimonianza vivida della loro terra.