Un match vincente: polpettone al forno e Bière de Garde
Partiamo dal dizionario. Polpettone: pietanza a base di carne tritata; il termine rappresenta l’accrescitivo di polpetta, di cui, in effetti, costituisce una variante a pezzo intero, di grandi dimensioni. Il novero degli ingredienti è grossomodo coincidente; ciò che cambia è la forma all’impiattamento. No, no e ancora no! Ma dove finisce così il senso della maestà che coglie al solo pensiero di questa meraviglia gastronomica, tra le più succulente e familiare (riflettete su quanto sappia di nonna, di mamma, di casa) nel repertorio culinario non solo italiano, ma di mezzo mondo? Ebbene, al di là delle materie prime e della tecnica di preparazione della ricetta, è su questo calore, anche sentimentale, che punteremo: nella stessa scelta relativa agli abbinamenti. Ma andiamo con ordine.
Povero ma ricco, verrebbe da dire, riprendendo il titolo di una commedia diretta da Fausto Brizzi nel 2016. Povero in quanto sistema possibile per il recupero di avanzi di carne, rimasti da pasti precedenti, o considerati scarti meno pregiati della macellazione. Ricco per il proprio valore nutrizionale, storico e affettivo (è voce immancabile nei manuali di economia domestica). Non a caso proposto in più di un’occasione come portata unica, sue materie prime sono (appunto) carni tritate (dopo vera e propria macinatura oppure tagliuzzamenti più grossolani), integrate con spezie e aromi, nonché amalgamate con elementi leganti (quali uova, pangrattato, farine) e in certi casi farcite con ripieni: spinaci (un classico), formaggio e altro ancora. Il tutto assemblato in un una sorta cilindro imperfetto (una tozza sagoma tubolare), da servire in tavola affettandolo, dopo cotture che possono essere di vario genere: in umido, per lessatura o (meno comunemente) frittura e, ovviamente (è la fattispecie di cui ci occupiamo oggi) al forno. Un ventaglio d’interpretazioni, quello riguardante la composizione, che si sovrappone e s’intreccia con le numerose varianti su base geografica. In Germania (Hackbraten) si presenta non di rado con verdure e spätzle; in Austria (Faschierter Braten) con copertura di formaggio fuso; in Francia e Vallonia (pain de viande) anche con marroni lessati; in Olanda e Fiandra (vleesbrood) lo si consuma caldo e condito con salse; in Spagna e nei Paesi di lingua ispanica (pan o pastel de carne) con ripieno di formaggio, carote e prosciutto; in Danimarca (farsbrød) guarnito con strisce di pancetta e gelatina di ribes; in Romania (drop) è impastato con interiora di agnello (talvolta una percentuale di carne suina) e facoltativo interno di uova sode; in Gran Bretagna abbiamo esecuzioni come il welsh meatloaf (in Galles, con cipolla) o lo haslet del Lincolnshire, con erbe aromatiche, impiegato freddo come imbottitura da sandwich; e l’elenco potrebbe proseguire con le versioni attestate in Bulgaria, Turchia, Libano e addirittura Mongolia.
Il polpettone al forno: la ricetta
È su questa ricetta che, rientrando idealmente in Italia, abbiamo scelto di concentrarci. Immaginiamo di dover apparecchiare una cena alla quale partecipino sei persone; quel che ci serve, eccolo di seguito: manzo macinato per 6 etti; salsiccia di suino per 4; pane fresco per 2; pecorino stagionato per 150 grammi; latte intero per 0,2 litri; una coppia d’uova (di media grandezza); qualche rametto di timo; noce moscata per mezzo cucchiaino da caffè; sale, pepe nero e olio extravergine d’oliva pronti all’uso, secondo la bisogna. Tutti presenti? Bene, e allora… In marcia! Del pane fresco, tolta la crosta, tagliare la mollica a cubetti, riporli in una ciotola e irrorarla con il latte affinché se ne inzuppi completamente. Della salsiccia, rimosso il budello, raccogliere la carne e schiacciarla, per poi trasferirla in una seconda ciotola, insieme al manzo e al pecorino (precedentemente grattugiato), al pane ammollato, alle due uova (intere, guscio escluso), alla noce moscata. Aggiungere al tutto qualche fogliolina di timo, una spruzzata di sale e di pepe, quindi impastare a mano in forma di rullo (che sia ben sòdo), da deporre, a fine modellazione, su un velo di carta da forno, cospargendone la superficie cilindrica con un velo d’extravergine. Far riscaldare il forno a 180 °C, sistemare il polpettone in una teglia o in una terrina (di dimensioni a esso confacenti), cuocere per tempistiche variabili da un’ora e 20 a una e mezza, prelevare e impiattare caldo.
Nel bicchiere
Da accompagnare con contorni a discrezione (patate, carote, erbe), il polpettone, trattato in infornamento, si consegna alla mandibola come boccone di discreta compattezza (dunque richiedendo una corrispondente fibra nella corporeità della birra); di altrettanto discreta intensità gustativa (e allora si cerchi un sorso comparabilmente energico); di non trascurabile equipaggiamento in grassi (ragazzi: tra salsiccia, olio, tuorli e formaggio, qui, mica si scherza). Il che pretenderà, dal bicchiere, una santa alleanza tra bollicine, acidità e (qualora le prime due non reggessero l’urto) gradazione alcolica. Un boccone anche di certa sapidità e piccantezza (il cloruro di sodio e il pepe che si son spolverati in preparazione), prerogative che inducono a pensare a una bevuta morbida, coccolona, maltata e zuccherina, piuttosto che amaricante.
Ecco allora che vien da pensare, per le nozze in tavola, a una tipologia piuttosto alcolica, vigorosa e rotonda. Ebbene, la bussola, stavolta, punta sul quadrante francese e in particolare su una Bière de Garde (tra i 6 e gli 8,5 gradi la taglia etilica), le cui leggere speziature potrebbero ammiccare alle stesse aromaticità espresse dal tandem timo-noce moscata; e preferibilmente in versione non chiara (Blonde), bensì ambrata o bruna (Ambrée, Brune le diciture specifiche), declinazioni più idonee a riprendere, con le rispettive caramellature, il timbro delle naturali crostificazioni esterne della carne in cottura. Alcuni suggerimenti? In campo nazionale, due portabandiera collaudate, la Sella del Diavolo di casa Barley (Maracalagonis, Cagliari) e la Bière de Garde targata Extraomnes (Marnate, Varese); mentre oltralpe si risponde con una referenza prettamente artigianale, la Bavaisienne Ambrée della scuderia Theillier (Bavay), e con una più commerciale, ma sempre di valore, ovvero la Ambrée della gamma Choulette (Hordain).