Basta poco, che ce vo’? Suggerimenti utili per semplificare la vita di ogni homebrewer
Ricordo benissimo la prima cotta. Fu un’avventura infinita piena di imprevisti, colpi di scena e imprecazioni varie. Avevamo deciso di lanciarci subito nella tecnica di produzione più avanzata e complicata, il cosiddetto metodo all-grain a tre tini, perché non ci fidavamo degli estratti di malto e soprattutto non volevamo percorrere scorciatoie. Fu una giornata molto lunga: 10 ore passate tra fornelli della cucina, vasca da bagno con ghiaccio per raffreddare il mosto, pulizia, preparazione del fermentatore e inoculo del lievito. La birra alla fine non venne malissimo – non bene, ma nemmeno da buttare – ma la fatica fu tanta. Le ore spese cercando di rimediare agli imprevisti del momento avrebbero scoraggiato anche gli appassionati più intrepidi. Ed è proprio questo quello che spesso accade a chi si avvicina al mondo della produzione casalinga, che molto spesso sente dire o legge in giro che l’unico metodo per fare birra è quello “totale”, l’attacco diretto senza scorciatoie e semplificazioni, il purismo assoluto. Poi ogni cotta diventa un’impresa che impegna giornate intere, l’attrezzatura finisce per occupare armadi e ripostigli e si perde presto la voglia di produrre. Prima una cotta al mese, poi ogni due mesi, alla fine una l’anno e poi si molla del tutto. “Troppo complicato”, senti dire, “non ho più tutto quel tempo libero”. Per fortuna negli ultimi anni siamo andati un po’ avanti, gli integralisti della produzione totale si sono messi leggermente da parte lasciando spazio ai nuovi produttori casalinghi che non seguono esattamente le regole, pur mantenendo un approccio rigoroso: le scorciatoie esistono, e la birra può venire bene lo stesso se si valutano accuratamente e con intelligenza le opzioni a disposizione. Vediamo quali sono i punti critici del processo e come è possibile aggirarli, semplificarli o velocizzarli. Perché una giornata di cotta può durare anche 3 ore, non deve necessariamente protrarsi dalla mattina alla sera. E l’attrezzatura possiamo tenerla anche in un ripiano dell’armadio, senza dover affittare un box apposito trasformandolo in birrificio. Fare birra può essere semplice.
Le materie prime
Cercare scorciatoie sulle materie prime non deve essere un tabù. Ovviamente non stiamo parlando di materie prime di scarsa qualità, su quello non si transige. E non stiamo nemmeno considerando di spendere meno, visto che gli estratti di malto costano molto di più del malto stesso, a parità di resa per litro. Pensare però che non si possa produrre buona birra partendo da estratti di malto è limitante. Di certo non si può produrre qualsiasi stile né pensare di arrivare al livello di controllo sul processo che consentono le tecniche tradizionali, ma se il vantaggio è una notevole riduzione dei tempi di produzione, il compromesso può essere allettante. Il trucco per produrre buona birra partendo da estratti è la consapevolezza: studiare bene i processi e conoscere un minimo gli stili aiuta ad evitare di prendere cantonate, focalizzando l’impegno sui passaggi essenziali. Eviterei quindi i kit luppolati già pronti e inscatolati: rendono tutto più semplice e veloce ma è difficile raggiungere un risultato soddisfacente e il divertimento dell’autoproduzione è notevolmente ridotto. Si possono fare un paio di prove per prendere confidenza con fermentazione e imbottigliamento, ma non aspettiamoci miracoli. Andando invece a comporre una produzione partendo da un buon estratto di malto chiaro, una singola varietà di luppolo, un lievito secco di facile gestione (come l’US-05 della Fermentis o il BRY-97 della Lallemand) si possono ottenere risultati più che soddisfacenti. Si spende di più a parità di litri di birra prodotta perché l’estratto di malto costa, ma nel giro di un paio d’ore si è pronti per inoculare il lievito nel mosto e avviare la fermentazione. Meglio leggere prima un buon libro sulla produzione per afferrare almeno i concetti principali. Dopo un paio di cotte si può azzardare acquistando malti speciali già macinati, magari tostati, per produrre una stout o una porter. Stesso lievito, meno luppolo, ottimo risultato. L’utilizzo dell’estratto di malto permette di saltare tutta la parte del processo che va dalla macinazione dei grani all’ammostamento, passaggi che portano via, in media, almeno un paio d’ore oltre a richiedere attrezzatura aggiuntiva ingombrante e costosa. Un ottimo modo per iniziare a fare birra decente in poco tempo senza spendere troppo in attrezzatura, tranquillamente sui fornelli di casa.
Il risciacquo delle trebbie
Quando si passa dagli estratti alla produzione all-grain, ovvero quando si abbandona l’estratto di malto per produrre birra partendo da materie prime grezze, i tempi di produzione tendono ad allungarsi notevolmente. Non si arriva necessariamente alle 10 ore di cotte raccontate nell’introduzione, ma è normale assestarsi, dopo un po’ di pratica ed esperienza, sulle 6-7 ore complessive per portare il mosto nel fermentatore e inoculare il lievito. Una buona parte di questo tempo lo si impiega nel risciacquo dei grani, operazione piuttosto lunga che porta via almeno un’oretta e richiede un pentolone aggiuntivo. Per anni i tradizionalisti della produzione hanno sostenuto questo approccio, ritenendolo fondamentale per produrre buona birra. Hanno le loro buone ragioni, su questo non c’è dubbio, ma nella maggior parte dei casi l’aspetto più importante di questo passaggio è il recupero di una maggiore quantità di zuccheri da dare in pasto al lievito per la fermentazione. Questo significa utilizzare meno malto d’orzo a parità di grado alcolico della birra prodotta: quindi risparmio, efficienza e meno sprechi. Aspetti importantissimi per un birrificio, meno per chi produce pochi litri di birra in casa. In questo caso, utilizzare un chilo di malto in più significa aggiungere qualche euro alla spesa per gli ingredienti e maneggiare 5 chilogrammi di malto anziché 4: è evidente che non cambia granché. Consiglio quindi di iniziare a produrre in all-grain saltando questo passaggio, ovvero impiegando la tecnica cosiddetta Brew In A Bag (BIAB). Si risparmia in attrezzatura (è sufficiente una sola pentola), si accorcia la durata della cotta (di almeno un paio d’ore) e si ottengono birre del tutto paragonabili al metodo tradizionale. L’aspetto negativo è che saltando la fase di risciacquo si salta anche la filtrazione del mosto che si porta in bollitura: questo può influire sulla stabilità del prodotto finito (attenzione, non sulla limpidezza), ma per chi produce poca birra questo problema è secondario, nella maggior parte dei casi trascurabile. Provare per credere. In alternativa c’è sempre tempo per comprare altre due pentole e passare al metodo tradizionale.
La bollitura
La bollitura del mosto ha diversi scopi, tra cui i principali sono l’eliminazione della maggior parte dei microrganismi contaminanti, l’estrazione dell’amaro dal luppolo, la volatilizzazione di alcuni composti aromatici potenzialmente sgradevoli e la coagulazione delle proteine (con conseguente maggiore limpidezza e stabilità nel tempo della birra). È una fase che in genere dura un’ora, ma può essere prolungata maggiormente in alcuni casi particolari. Purtroppo in questo caso c’è poco spazio per la riduzione dei tempi di lavoro quando si produce in tecnica all-grain, anche se alcuni produttori casalinghi riducono le bolliture a 30 minuti senza incontrare particolari problemi. Nel caso di produzione da estratto, invece, la bollitura è in genere breve perché il malto è già stato lavorato a monte. Anzi, in questi casi si tende a bollire meno per evitare di scurire troppo il mosto (che inevitabilmente si imbrunisce durante la bollitura). Quando si produce da estratto, si bolle sostanzialmente per ridurre la carica microbica ed estrarre l’amaro dal luppolo. In genere una mezz’ora è più che sufficiente.
Il raffreddamento del mosto
Dopo la bollitura, il mosto va raffreddato il più velocemente possibile. Questa operazione può essere svolta seguendo diverse modalità che richiedono attrezzatura specifica. Il metodo più economico è l’immersione della pentola bollente in acqua fredda, ma è sconsigliato per via del lunghissimo tempo di raffreddamento (difficile portare il mosto da 100 a 20 gradi in meno di un’ora). Molti produttori casalinghi immergono nel mosto caldo serpentine in rame o acciaio al cui interno scorre acqua fredda. Questo metodo è il più semplice ed economico e permette di raffreddare venti litri di mosto in una mezz’ora. Esistono altri metodi più veloci ma richiedono attrezzatura piuttosto costosa di difficile pulizia e manutenzione. Il metodo più economico e diretto per velocizzare il raffreddamento del mosto è produrre meno birra: scalare la produzione da 20 a 10 litri rappresenta un’ottima soluzione.
La chiave di svolta: ridurre i volumi di produzione
Ed eccoci giunti al punto fondamentale: i volumi di produzione. Sembra banale, ma spesso ci si dimentica che non è obbligatorio produrre 20 litri di birra per cotta. Si tende a farlo poiché la maggior parte dei kit in vendita sui siti dei diversi rivenditori sono tarati su questi volumi. Per produrre meno birra bisogna ingegnarsi un po’: non è tuttavia così difficile cercare fermentatori più piccoli, magari adattando secchi alimentari pensati per altri scopi, o ricalibrare le ricette su volumi minori. Riflettendoci bene, poi, anche bere 20 litri della stessa birra (che spesso non si conserva nemmeno benissimo essendo prodotta in casa) non è il massimo del divertimento. Iniziare con produzioni a volume ridotto può essere una buona strada: si sperimenta di più, si produce più spesso, serve meno spazio e soprattutto quando la birra viene male e finisce nel lavandino (e le prime volte purtroppo capita) si soffre meno. Con un po’ di esperienza alle spalle, si potrà poi valutare di acquistare un impianto più grande, produrre di più e seguire tutti i sacri crismi del buon birraio casalingo. Nel frattempo, ci si può divertire e fare esperienza con cotte all grain che non durano più di 4-5 ore, pulizie comprese. Con un po’ di pratica e pazienza, la qualità della birra non ne risentirà.