Tra tradizione e provocazione, la scelta del nome di una birra negli States
A livello internazionale ci sono talmente tanti birrifici e beer firm (coloro che non hanno un birrificio stabile ma che si appoggiano ad altri per la loro produzione) che è diventato difficile trovare un nome originale che non sia stato già utilizzato da altri per una birra. È divertente guardare al passato. Molti birrifici in Belgio non utilizzano un vero e proprio brand, ma semplicemente il nome del birrificio seguito dallo stile della birra. Ad esempio Affligem Triple, Ename Dubbel, St. Feuillien Brune, Bush Ambrée, Drie Fonteinen Oude Gueuze, ecc. Nonostante questo ci sono delle eccezioni (es. Oerbier, Kwak, etc…). Troviamo situazioni simili anche in altre nazioni, ad esempio nel Regno Unito dove i birrifici tradizionali producono Bitter, Best Bitter, Mild e Porter. Oppure in Repubblica Ceca con le loro Tmavé, Ležák e Speciál. Ed era così anche all’inizio della rivoluzione della birra artigianale statunitense. I due grandi rivoluzionari furono Sierra Nevada e Anchor. Sierra Nevada aveva una Pale Ale, una Porter e una Stout, Anchor Brewing aveva una Porter, una Brown e una IPA.
Quando tutto questo è cambiato? Bene, questa è una domanda facile. Le birre artigianali hanno bisogno di tutta l’attenzione possibile. Tutti continuiamo a guardare agli USA come mercato di riferimento. Quello che succede negli States, quasi sicuramente si ripeterà ovunque. Laggiù ci sono oltre 5000 birrifici attivi. Ognuno di questi produce una larga varietà di birre. Anche se tutte le birre possono essere buone (cosa che non succede mai, tra l’altro), i consumatori sono comunque sopraffatti dalla scelta e non sanno cosa fare. Questo fenomeno viene chiamato il “paradosso della scelta”. Quindi, in sostanza, un birrificio ha l’obbligo di trovare qualcosa di accattivante per attirare l’attenzione del compratore. Questa azione può essere portata avanti in svariati modi, eventualmente anche combinati, ad esempio raccontando una grande storia (birrificio agricolo, ingredienti locali, lievito, acqua pura di una fonte famosa, etc…). Pensiamo a New Belgium che ha trovato attenzione producendo una birra con Ben & Jerry, un’azienda americana di gelati, oppure alla Cocoa Mole realizzata con cioccolato messicano, o a Rogue con la sbalorditiva Voodoo Doughnut Maple Bacon prodotta con un tris assurdo di extra ingredienti come ciambelle-pancetta-succo d’acero, che, non pago, si è ripetuto con la Voodoo Doughnut Chocolate, Banana & Peanut Butter Ale; o ancora alla Chocolate Lobster di Dogfish Head.
Di esempi ce ne sono a bizzeffe. Altri sistemi per attirare attenzione possono puntare sull’arte grafica di un’etichetta che può far la differenza quando si tratta di scegliere tra molte bottiglie in uno scaffale di un beershop. Altra strada battuta è quella di ricercare un nome accattivante, magari strano. Nella maggior parte dei casi, questo è un modo molto più economico per ottenere attenzione. Solo due esempi. Duranti I miei anni da studente la Duvel si diffuse in tutto il Belgio. Il nome era così affascinante (Diavolo) che mi colpì subito e da allora sono un suo fan (nonostante la ricetta sia cambiata). Una delle mie prime visite al Great American Beer Festival mi ha portato allo stand di Stone Brewing (allora molto piccolo) e alla loro Arrogant Bastard. Ho sorriso per il nome e per la storia sulla bottiglia e poi la birra, cosa non di poco conto, mi piacque moltissimo. Certamente per molti consumatori, compreso me, un buon nome può lasciare il segno.
Quindi come si è evoluto il mercato e dove siamo arrivati oggi? Inizialmente i birrifici presero la questione del nome con leggerezza, scegliendolo in base alla città, alla regione o ad un elemento geografico unico come un fiume, una cascata, una collina o una montagna. Un classico esempio è il birrificio Deschutes con la Black Butte, la Mirror Pond, l’Obsidian, ecc. Una scelta che ha il merito di aver creato un’identificazione locale con il prodotto. Ma dopo poco era stato già usato tutto. Quindi i birrifici dovettero guardare altrove e l’ispirazione si mosse in ogni direzione: hobby (la pesca o lo sport), storia, musica, film, letteratura. Praticamente qualsiasi ambito venne battuto. Esempio famoso è quello di Ballast Point che usa nomi di pesci, oppure di Great Divide con la sua Yeti. Ma con un numero di circa 5000 birrifici, con una media di 10 birre nuove l’anno ciascuno, la lista dei grandi nomi d’effetto che nessuno ha usato è diventata molto corta. Infatti è diventato difficile scegliere il nome di una birra che non è stato ancora schiaffato su un’etichetta. Quindi i birrifici stanno guardando altrove in cerca d’ispirazione. Alcuni hanno deciso di puntare sul nome degli ingredienti. Ad esempio la Southern Tier Crème Brulee, la Shiners Prickly Pear, la Burnside Uni Sea Urchin Ale, ecc. Anche I giochi di parole sono diventati popolari. Alcuni molto famosi sono: Yeastus Christ (To Øl), Barrique Okarma (Feral Brewing), Obammagang (Ommegang), Haulin’ Oats Stout (Redhook), Beerly Legal Lager (21st Amendment), e la mia favorita di sempre la “I dunkeled in my pants” (Figueora Mountain Brewing).
I birrifici possono anche decidere di utilizzare il dialetto locale o nomi simili a quelli già usati. Ne sono un esempio la Stille Nacht (De Dolle Brouwers) che ha ispirato la Silent Night (New Holland, Stumpys); la Deugniet (Du Bocq) e la Scoundrel (Pizza Port, Funky Buddha); Verboden Vrucht (Hoegaarden) e la Forbidden Fruit (Caledonian, Iron Hill, Vermont Pub) o la Fruit Défendu (La Pommeraie du Suroit); la Dragons Milk (New Holland) e la Lait de Dragon (Albion Brewing). Altri nomi traggono ispirazione da una birra e sono dichiaratamente un omaggio: cosa pensare della Ov-ral (Mikkeller e To Øl) o della JJJuliusss (Tree House’s)?
Nel mercato di oggi tutto sembra essere permesso. Alcuni hanno preso delle strade discutibili, molto spesso sessiste. I prossimi esempi vi spiegheranno che cosa intendo: Deep Ellum Dallas Blonde (“goes down easy,” recita la lattina), Midnight Sun’s Panty Peeler, Bierbitzch (motto “give me a …”), Flying Dog’s Raging Bitch, Great River Big Cock IPA, The Beer Research Institute’s Morning Sex. Una invece che mi piace è la Polygamy Porter di Wasatch Brewing (Utah), con il suo motto che recita “why have just one”, e che mostra come si possa essere divertenti con il tema.
Poi ci sono altri nomi che risultano offensivi anche per chi ha ancora solo un neurone funzionante. Mispillion River’s Holy Crap è un esempio. Altri nomi? La Old Leghumper (Thirsty Dog Brewing), Blithering Idiot (Weyerbacher) e la Laughing Dog’s Crotch Sniffing Bastard. Nel Regno Unito c’è la Dogs Bollocks (Wychwood), la Sheepshaggers (Cairngorm Brewery) e la Santa’s Butt (Ridgeway) per dirne alcune. Il problema si è amplificato con le birre luppolate. Tutte le parole che contengono Hop sono state già usate. E i giochi di parole sono finiti. Alcuni esempi riguardano la Audrey Hopburn (Great Lakes Brewing), la Hoppy Ending Pale Ale (Palo Alto Brewing), la Smooth Hoperator (Stoudts Brewing), la Blitzkrieg Hops (Neshaminy Creek Brewing), la Hopgasm (Manayunk Brewing). Anche qui c’è chi ha preso delle strade quanto meno di cattivo gusto come ad esempio la Hop whore (Tyranena).
Nonostante la ben nota carenza di nomi, ci sono birrai là fuori che non si prendono ancora la briga di controllare se un nome è stato già utilizzato da qualcun altro, o se è molto somigliante a quello di un altro marchio. Così spesso si ricorre agli avvocati. Ecco alcuni esempi. Una birra chiamata Vlaamsche Zotten, prodotta per Fins al Sint Jozef ha dovuto cambiare nome dopo la citazione di Brugse Zot. Anheuser Busch ha citato in giudizio Dubuisson per l’uso di Bush, che consideravano troppo vicino alla loro Busch (AB ha molti soldi, quindi Dubuisson ha cambiato il nome in Scaldis negli USA). Lift Bridge Brewing con una birra chiamata Farm Girl citò in giudizio Lucette Brewing per la sua Farmer’s Daughter. Du Claw venne citato in giudizio per la sua Black Jack Stout da Left Hand creatore della Black Jack Porter. Quella che mi piace di più, in questo ambito, rimane la storia di Russian River e Avery, con la loro “Collaboration, Not Litigation”. Russian River Brewing a Santa Rosa utilizzava nomi come Redemption, Perdition, Benediction, Sanctification, Supplication, Damnation, Temptation, e Consecration. Iniziarono a fare una birra chiamata Salvation, un nome già usato da Avery Brewing. Invece di andare a finire davanti ad un giudice hanno messo in piedi una collaborazione. Un modo alternativo e pacifico di aggiustate le cose. Sfortunatamente in futuro mi aspetto di vedere molti più litigi e brutti nomi. Ma in fondo a me interessa il giusto questo aspetto, basta che la birra sia buona. Salute alla buona birra allora, qualunque sia il suo nome.