Calda e senza schiuma: breve difesa in nome delle Real Ales
Diciamoci la verità, se un publican di un pub come ce ne sono tanti, alla vaga richiesta “vorrei una birra” servisse una ale a pompa con temperatura sui 12 gradi, nella maggior parte dei casi la pinta sarebbe restituita al mittente, magari seguita da qualche imprecazione. Non c’è niente da fare: lo stereotipo è ancora quello di birra bionda, ghiacciata e bella gasata. Eppure in Inghilterra, grazie soprattutto al lavoro svolto dall’associazione Camra (Campaign for Real Ale), ma da alcuni anni anche in Italia per merito di qualche gestore amante del genere, possiamo ordinare birre anglosassoni – ma anche italiane di ispirazione british – servite impeccabilmente, senza l’uso di gas aggiunto e alla temperatura corretta, assestata sulla “calda” gradazione di 12-14 gradi. Stiamo parlando delle Real Ale.
E’ stato proprio il Camra, che tutela e promuove il consumo delle “vere” birre anglosassoni, a coniare il termine “Real Ale” nel 1973 per indicare un prodotto non pastorizzato né filtrato, ottenuto con materie prime tradizionali (malto d’orzo, lievito, luppolo, acqua), maturato e rifermentato in fusto e spillato senza aggiunta di anidride carbonica o carboazoto. Eppure qualche lustro fa questa era la normalità: nei pub della Corona arrivano birre “non pronte” dai birrifici, messe nei barili subito dopo la fermentazione primaria, luppolate a secco (dry hopping) e spedite con la rifermentazione in fusto “a carico” del publican, che aveva dunque un ruolo decisivo oltre che nel servizio anche nella gestione della maturazione del prodotto.
La botte, un tempo in legno (oggi in acciaio), presenta sempre due aperture: una sulla testa, dove viene inserito il rubinetto, e un’altra più ampia, situata nel mezzo del fusto, che finisce nella parte superiore dello stesso (vedi foto) una volta che questo è sdraiato per l’utilizzo. Chi gestisce la cantina spingerà in questa cavità (shive hole) la sezione centrale del tappo (shive), avendo cura di inserire un piolo poroso (soft spile) che permette la fuoriuscita dell’anidride carbonica in eccesso generata dalla rifermentazione. Quando il cantiniere valuta ultimata la fermentazione, con lieviti e altri componenti solidi ormai adagiati sul fondo, viene rimosso il piolo leggero e inserito un sostituto (hard spile) capace di mantenere la pressione interna e la giusta carbonazione, per un prodotto che – come detto – non necessita di alcun tipo di gas aggiunto per essere spillato. Un sistema perfetto per regolare la pressione della birra, quando ancora la tecnologia non aiutava certo il lavoro del publican. A questo punto è introdotto il rubinetto (tap) nel tappo (bung) con un colpo deciso (basta una mano tremante per far uscire la birra a cascata). Nel momento in cui la birra è pronta per essere servita, il piolo viene tolto dal buco e inizia un processo di ossigenazione del contenuto che, se particolarmente lungo, può portare a problematiche di acidità e ossidazione.
A tal proposito è giusto ricordare come alcuni nostalgici delle autentiche ales inglesi considerano l’ossigenazione stessa una tappa integrante nel viaggio verso il bicchiere, capace di “arricchire” il prodotto di note piacevoli e ricercate. Finiamo con il servizio, aspetto come detto fondamentale. Una Real Ale deve essere servita direttamente spillando dal rubinetto, oppure con le tipiche handpump inglesi (spillatura a pompa).
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A Trieste dal Mastrobirraio si apre spesso una Real Ale spillata secondo le regole CAMRA, e nessuno si è mai permesso di dire che è calda è senza schiuma, forse lo avrà pensato a detto no. ( le Ales sono di Antica Contea) . Se serve abbiamo anche le riprese video.