Sapore di mare: come abbinare e cucinare gli spaghetti alle vongole
Campeggia nei menù di moltissimi ristoranti disseminati per tutta la penisola, in ogni stagione, anche se l’estate lo vede trionfare in maniera regale; è un piatto ormai trasversale ad ogni regione, ma la sua origine è partenopea: parliamo degli Spaghetti alle vongole, uno dei capisaldi della cucina napoletana. La sua nascita si perde nel tempo, si confonde con la diffusione della pasta come alimento principe del popolo napoletano e con il suo prelibato connubio con la generosa ricchezza del mare. Un piatto che si è fatto strada conquistando il cuore dei partenopei anche nelle sue versioni più scarne, quando le vongole sono assenti – negli “spaghetti alla borbonica” (aglio,olio e peperoncino) oppure come leggenda vuole, nella ricetta degli “spaghetti con le vongole fujute” inventata da Edoardo de Filippo, quando tornando tardi a casa dopo uno spettacolo teatrale e preso dalla fame, trovò nella sua dispensa solo spaghetti, olio, prezzemolo e qualche pomodorino e con questi pochi ingredienti cucinò un gustoso piatto di pasta da cui le vongole però erano, appunto “fujute”, fuggite via.
Ma come si preparano gli spaghetti alle vongole? Quali sono gli errori da evitare, i trucchi da seguire e le ricette da considerare? Partiamo dalla scelta degli ingredienti, fondamentali per decretare il successo del piatto: spaghetti, vongole veraci, olio extravergine d’oliva, aglio, prezzemolo, peperoncino (dipende dalla versione), vino bianco (appena un accenno).
La pasta: la scelta del formato può spaziare dagli spaghetti ai vermicelli (di diametro maggiore) di semola di grano duro dalla superficie porosa e ruvida.
Le vongole devo essere veraci (Venerupis decussata) dalla conchiglia solida con numerose costolature, marcate alle estremità, di colore da grigio chiaro a giallo-bruno. Contraddistinta da sifoni separati che le fa guadagnare l’appellativo popolare di “cornuta”, tale specie autoctona è l’unica “vongola verace” del Mediterraneo, anche se la legge italiana estende tale denominazione all’indopacifica Venerupis philippinarum, dal colore più scuro, sfumature che tendono al viola e carni meno tenere, introdotta nel 1986 per motivi commerciali e coltivata nelle zone lagunari dell’alto Adriatico (Dogo, Mirano, Chioggia) e della Sardegna (Sant’Antioco). La vera vongola verace viene pescata in mare aperto, tipicamente nel Mar Tirreno, la carne del mollusco è più succosa e pregiata, con conseguente prezzo finale più alto rispetto a quelle di allevamento. Esistono inoltre altre due tipologie: i Lupini – caratterizzati da una forma più tondeggiante e con sifoni molto corti o assenti, guscio liscio colore grigio/beige e sapore più deciso rispetto alla dolcezza della vongola verace ed infine i Longoni, con conchiglie piuttosto fragili e carni dolci.
Il peperoncino è facoltativo e ammesso se non in piccole quantità, fresco o secco, giusto una punta di aromaticità e piccantezza che non deve essere invadente. Pomodoro sì, pomodoro no? La diatriba sulla versione bianca o rossa di questo piatto è ancora accesa. La tradizione consacra – giustamente – la versione in bianco; l’obiettivo infatti è godere del sapore pieno e delicato della vongola verace e di tutto il suo profumo di mare. Si può optare democristianamente – per accontentare i più affezionati del pomodoro – per l’aggiunta in fase di mantecatura della pasta, di qualche pomodorino schiacciato e appassito a parte. Pochi e semplici ingredienti richiedono una buona cura nella preparazione ed accorgimenti importantissimi da rispettare. Prima di tutto, la pulizia delle vongole. Per evitare che anche pochi granelli di sabbia inficino il nostro piatto, è necessario farle spurgare, eliminando tutta la sabbia racchiusa al loro interno. Scartare subito le vongole già aperte o rotte ed immergere quelle integre e chiuse in un recipiente capiente, riempendolo d’acqua fresca e aggiungendo del sale grosso (1 cucchiaio e ½ per ogni litro d’acqua) per ricreare l’ambiente marino congeniale ai molluschi, per circa 4 ore, smuovendole di tanto in tanto. Cambiare l’acqua, sciacquare il recipiente e di nuovo immergere le vongole in acqua e sale, per almeno due volte. Durante questa fase le vongole si apriranno leggermente, tirando fuori le “corna” e buttando fuori la sabbia racchiusa all’interno mentre filtrano l’acqua pulita. Se sulla pulizia delle vongole la letteratura gastronomica si trova generalmente d’accordo, sullo step successivo si profilano invece due scuole di pensiero diverse. Secondo la prima, le vongole vengono prima fatte aprire per pochissimi minuti sul fuoco, in modo che rilascino il loro preziosissimo liquido che viene filtrato con un panno di tela per evitare residui sabbiosi, mentre altri chef invece saltano questo passaggio, facendo schiudere le valve direttamente nella padella con olio e aglio in cui andranno a mantecare gli spaghetti.
Andiamo finalmente ai fornelli. La prima ricetta che proponiamo è la voce della tradizione, tratta dalla storica e popolare raccolta di ricette napoletane “Frijenno Magnanno”, mentre la ricetta dello chef Luciano Zazzeri del ristorante la Pineta di Marina di Bibbona è dedicata a chi acconsente a qualche piccola variazione.
Spaghetti alle vongole o taratufoli secondo Frijenno Magnanno
Lavate bene un chilo di vongole, mettetele al fuoco in un tegame fino a quando non si sono aperte. Scolatele, raccogliendo il brodo attraverso un colino fitto o un panno di tela. A parte soffriggere in 150 gr di olio di oliva 2 spicchi d’aglio (da togliere appena imbiondito) aggiungete un po’ di vino bianco secco, pepate e salate poco, unite le vongole con il loro brodo e fate cuocere ancora un po’. In ultimo aggiungete una manciata di prezzemolo tritato. Il condimento per la pasta è pronto; le vongole possono essere essere unite sia sgusciate che con tutto il loro guscio.
Spaghetti alle vongole veraci di Luciano Zazzeri del Ristorante La Pineta di Marina di Bibbona (LI)
Mentre cuociono gli spaghetti in una padella facciamo soffriggere aglio peperoncino e olio senza bruciare l’aglio, poi mettiamo metà delle vongole ben lavate e sfumare con pochissimo vino bianco, scoliamo la pasta ancora dura e la finiamo di cuocere in padella. Aggiustare con sale e pepe. Quasi a fine cottura aggiungiamo il resto delle vongole, il prezzemolo e mantecare. Molto importante la brevissima cottura dei molluschi, la scelta di prima qualità delle vongole naturali allevate in mare aperto ed in particolare, l’utilizzo dello spaghetto al Kamut che rilascia il giusto amido per una perfetta mantecatura.
Nel bicchiere
La forchetta dopo aver avvinghiato un piccolo nido di spaghetti nel quale si nascondono i saporiti molluschi si dirige in bocca: la pasta riempie con la sua tendenza dolce rilasciando gli umori del mare, sapidità, e le note aromatiche dell’aglio e del prezzemolo; la lingua rimane avvolta da una leggera untuosità. A questo punto per ripulire e rinnovare il piacere possiamo dirigerci con sicurezza in Belgio affidandoci ad una profumata blond, virando la scelta su versioni dal naso più speziato che fruttato, che sicuramente sarà capace di mitigare le sfilettate sapide. Birre ben equilibrate e beverine come la Bink Blond di Kerkom oppure, rimanendo in Italia, la Blond di Etnia o la Blonde del Birrificio dell’Aspide. Per chi invece quella sensazione di sapidità data dal bivalve volesse abbracciarla suggeriamo di puntare su una Gose: tipologia teutonica caratterizzata dall’utilizzo di malti d’orzo e frumento, dall’impiego di coriandolo, sale e da una fermentazione alimentata anche da batteri lattici. Frizzantezza e acidità saranno le frecce al nostro arco per gestire la componente grassa e smorzare il timbro aromatico del mollusco, grazie anche alla nota rinfrescante del coriandolo. Facendo qualche nome, un classico tedesco è la Original Leipziger di Bayerischer Bahnhof di Lipsia, altrimenti non mancano le alternative nostrane come la Belle Gose firmata a sei mani dai marchi piemontesi Civale, Montegioco e Croce di Malto, o ancora la Margose prodotta dal pugliese Birranova.