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Birra e solidarietà: i birrifici italiani impegnati nel sociale

Come abbiamo tutti imparato direttamente la birra è un forte aggregatore, capace di riunire amici, scaldare i cuori e creare un senso di allegra comunità. Ci sono esempi particolarmente virtuosi nei quali dietro alla nostra amata bevanda si nasconde un progetto sociale che punta a preservare, aiutare o reintegrare i soggetti più deboli. Nei casi più strutturati la birra viene scelta in primis per il suo carattere sociale e formativo: birrai infatti non si nasce ma si diventa attraverso un percorso intenso e impegnativo in cui il sapere è trasmesso tra le persone, e anche il consumo, perchè sia vero piacere, deve essere educato. Un lavoro importante che mette in gioco il sapere ascoltare ma anche il saper fare, che dà la possibilità di creare un qualcosa di unico da condividere con gli altri. È bello che ci siano persone che in questo vedono la possibilità di aiutare chi è meno fortunato, ed altrettanto bello è sapere che bevendo birra si può contribuire a sostenere simili iniziative. Di seguito presenteremo le realtà birrarie italiane impegnate nel sociale, da quelle più strutturate in cui il birrificio è compreso all’interno di un progetto più ampio a quelle in cui particolari birre sono utilizzate per finanziare o attivare iniziative di solidarietà e cooperazione. Potremo così dire, con fierezza, che bere birra fa bene!

Birrificio La Piazza di Torino

Il progetto Piazza dei Mestieri, del quale fa parte il birrificio La Piazza, nasce con l’intento di fornire una possibilità di formazione ai ragazzi tra i 14 e i 18 anni che hanno abbandonato gli studi, definiti con la brutta parola di ‘dispersi’. Spesso questi ragazzi hanno alle spalle storie difficili, di disagio o povertà, e se lasciati soli rischiano di cominciare a delinquere. Piazza dei Mestieri ben illustrato nelle parole del capo dell’amministrazione della fondazione, Gianluca Poggio, trova avvio nel 2004 quando viene scelta come sede l’ex Conceria Florio, un enorme spazio di quasi 7.000mq con una piazza al centro in Borgo San Donato, nel cuore di Torino.

la piazza

Il birrificio, o meglio brewpub, nasce nel 2007 sotto la guida attenta di Sergio Ormea, birraio di Grado Plato rimasto entusiasta del progetto. Dopo di lui, al timone fino al 2010, si sono alternati nell’ordine Enrico Ponza, Fabio Ferrua e Riccardo Miscoscia, giovane birraio attualmente alla guida della produzione. Un progetto che ha attecchito anche in altre parti d’Italia come dimostra Piazza dei Mestieri a Catania, nato con la stessa finalità formativa (per ora senza birrificio). Speriamo dunque che il motto scelto per il decennale, “Dieci Piazze in Italia, dieci Piazze nel mondo”, si realizzi davvero! (scheda completa del birrificio)

Birrificio Pausa Café di Saluzzo (TO)

La cooperativa Pausa Café ha una duplice anima: da una parte lo sviluppo sociale e di mercato del commercio equo e solidale; dall’altra la realizzazione di progetti di integrazione e reinserimento. La prima si svolge soprattutto in centro America, con la cooperativa che lavora a fianco delle comunità e dei produttori locali per favorirne la crescita commerciale equa e sostenibile, in particolare con il caffè in Guatemala e il cacao in Messico e Costa Rica. I progetti di reinserimento si svolgono invece in Italia, prevalentemente con i detenuti delle Case Circondariali “Lorusso e Cotugno” di Torino, “Rodolfo Morandi” di Saluzzo e “San Michele” di Alessandria, fornendo competenze professionali di alto livello attraverso attività svolte all’interno delle strutture stesse: torrefazione a Torino, birrificio a Saluzzo e panificazione ad Alessandria.

L’idea di creare un birrificio che replicasse l’esperienza torinese nasce tra il 2006 e il 2007 e ruota attorno alla figura di Andrea Bertola, già socio fondatore del birrificio Troll. Attualmente l’impianto di produzione è da 12 ettolitri, per circa 600 ettolitri totali all’anno, ed accanto ad Andrea lavorano tre detenuti. “Se relazionati ad un birrificio artigianale comune, come personale saremmo anche sovradimensionati. Il birrificio Pausa Café ha già reinserito sei persone tra cui un detenuto che ha trovato lavoro al birrificio Maltus Faber. Un lavoro difficile e impegnativo che trova gratificazione nel percorso compiuto dai detenuti: “un punto di svolta lo abbiamo raggiunto con la Navidad. Dissi ai ragazzi che mi sarebbe piaciuto vederli realizzare per intero una birra, dalla progettazione alla produzione: è così che è nata la nostra birra di Natale, la prima veramente loro che mi ha dato molta soddisfazione”. Vedi la pagina del birrificio

Semi di Libertà di Roma

Paolo Strano, Silvia Guelfi, Adriana Boccanera e Claudio Rosati hanno deciso di dare vita a “Semi di Libertà” dopo due anni di esperienze professionali all’interno del carcere di Regina Coeli. Il fine del progetto, per dirla con le parole di Paolo Strano, “è quello di rompere il cerchio delle recidive attraverso la professionalizzazione e l’integrazione degli ospiti delle strutture penitenziarie”. Sette detenuti su dieci infatti tornano agli arresti in breve tempo una volta rilasciati, creando il cosiddetto “cerchio delle recidive”. Questo spesso succede perché non gli viene data la possibilità di emanciparsi dalla loro condizione e, una volta scontata la pena, l’inserimento nella società è ancora più difficile di quello che poteva essere prima della detenzione. Tutto parte qualche anno fa sulla base di un protocollo di intesa firmato dai ministeri di Grazia e Giustizia e di Università e Ricerca. L’obiettivo è quello di creare corsi di formazione per tecnici birrari rivolti a detenuti in stato di semi-libertà per poi integrarli in attività lavorative. Durante la prima fase si è svolta la formazione teorica, realizzata con il supporto di nomi eccellenti del panorama brassicolo come Agostino Arioli (Birrificio Italiano), Valter Loverier (Loverbeer), Andrea Bertola (Pausa Café) e Marco Meneghin (Stavio), Manuele Colonna (publican del pub romano Ma Che Siete venuti a Fà) e Paolo Mazzola. Alla parte teorica è seguita una pratica che ha visto la collaborazione di altri birrai, come Riccardo Franzosi (Montegioco), Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo) e Orazio Laudi (Turan). Lo stesso Paolo Strano ci tiene a sottolineare come tutti i partecipanti lo facciano a titolo gratuito, altro esempio di come il buon agire genera buoni risultati. Una peculiarità molto interessante del progetto è che l’impianto in cui si svolgeranno le cotte è messo a disposizione dall’Istituto Tecnico Agrario Emilio Sereni, donato dal Ministero di Università e Ricerca. Ma perché proprio la birra? Molte iniziative dedicate ai carcerati non avevano grande appeal, come racconta Paolo: “Serviva qualcosa di più attrattivo, capace di generare ricchezza anche in un momento di crisi, un progetto capace di autosostenersi anche dopo l’iniziale supporto istituzionale, ponendosi al tempo stesso utile ai detenuti a fine reclusione”. I corsi formativi, finanziati tramite i fondi erogati dal Ministero di Grazia e Giustizia come anche le spese iniziali del progetto, porteranno alla formazione di nove detenuti in tre diverse tranche nell’arco di sedici mesi. (Si veda anche post dedicato)
Info: semidiliberta.org

Birrificio Vecchia Orsa di San Giovanni in Persiceto (Bo)

Il micro Birrificio Vecchia Orsa nasce nel 2008 come primo progetto della cooperativa sociale FattoriAbilità. L’obiettivo è quello di creare opportunità di lavoro e formazione, con particolare attenzione al sostegno delle persone svantaggiate: in questo senso FattoriAbilità collabora con il servizio Handicap Adulto dell’ASL, il centro FOMAL e l’Istituto di Istruzione Archimede di San Giovanni in Persiceto, paese alle porte di Bologna.

vecchia orsa 2

Al suo interno, oltre ad Enrico Govoni (birraio) e a Daniele Risi (commerciale), lavorano a vario titolo tante persone diversamente abili, come Mimmo e Valerio, assunti part time, che si occupano un po’ di tutto, specialmente delle fasi di etichettatura e imbottigliamento ma anche della sanificazione del birrificio, dell’inscatolamento, dello stoccaggio e della spedizione. Seguono la parte amministrativa il presidente, Michele Clementel, Roberta e Silvia. La nostra è una scelta faticosa perché abbiamo deciso di limitare al massimo l’automazione valorizzando l’aspetto umano della produzione: dunque niente etichettatrice, tappatrice o muletti, ci racconta Enrico Govoni, questo dà spazio alla manualità e aiuta ad aumentare il livello di partecipazione al prodotto, sottolineandone il carattere collaborativo e artigianale. Sicuramente per i ragazzi sono aspetti preponderanti, perché aumentano il grado di integrazione e di soddisfazione. Per me birraio è però molto importante anche il carattere decisamente ‘artigianale’ della nostra produzione, che ci tiene vicini al concetto di qualità ed a quell’attenzione per ogni fase di lavoro che non deve mai mancare. Di strada FattoriAbilità ne ha già fatta già tanta, superando come visto difficoltà non da poco e conseguendo importanti riconoscimenti sia in campo brassicolo (ricordiamo un oro a Birra Dell’Anno con la Saison), sia in quello umano. Vedi scheda completa del birrificio

Etichette d’autore

Sin dal nome il birrificio Luppolajo manifesta orgogliosamente la sua natura agricola. Luppolajo indica un campo coltivato a luppolo, come quelli che Enrico Treccani ha deciso di realizzare all’interno dell’azienda agricola di famiglia a Castel Goffredo, in provincia di Mantova, accanto alla produzione di orzo. L’attenzione alla filiera produttiva, il legame con il territorio e la passione per la ricerca brassicola non sono gli unici meriti di Enrico: per parecchi anni ha infatti collaborato con Il Bucaneve, importante realtà educativa rivolta alle persone diversamente abili.

etichette luppolajo

E, una volta avviato il birrificio, Enrico ha pensato di poter fare qualcosa insieme a loro. È nato così il progetto per la realizzazione delle etichette per le birre di Natale del birrificio: tutti pezzi unici disegnati dai ragazzi della cooperativa, alla quale va poi parte del ricavato delle vendite. Ottocento le creazioni prodotte nel 2012, praticamente triplicate l’anno seguente.