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Orizzonti birrari: il Messico e i suoi microbirrifici

Qualche anno fa, da queste colonne, facemmo notare come il movimento birrario artigianale stesse contagiando settori geografici solo pochi anni prima impensabili, data la granitica posizione di egemonia occupata dai grandi gruppi multinazionali, come il Messico. Ebbene, eccoci a tornare idealmente su quello scenario, per aprirvi nuovamente una finestra e aggiornare su quanto, da allora sia successo.

La prima constatazione da effettuare (positiva, dal nostro punto di vista) è che quel contagio del quale si parlava è proseguito, eccome. Certo si deve riconoscere come tale epidemia sia stata, nelle sue battute iniziali (più o meno attorno alla metà dello scorso decennio), decisamente graduale. Eppure, via via, il ritmo è andato aumentando, fino a determinare il configurarsi, oggi, di un contesto nel quale troviamo, in attività, oltre 400 birrifici.

Una cifra, questa, il cui ammontare comprende ovviamente i soggetti di natura prettamente commerciale, tuttora dominanti, sotto il profilo dimensionale: in primis il Grupo Modelo – titolare, tra l’altro, dell’onnipresente Corona (il padrone dell’intero pacchetto è comunque il colosso  InBev) – e la  Cerveceria Cuauhtemoc-Moctezuma (in orbita Heineken Heineken), alla quale fanno capo altre etichette estremamente popolari, come Tecate e Sol.

Eppure, pur nelle sue proporzioni minoritaria, la fronda dei microbirrifici (sostanzialmente assenti le beer-firm) è aitante e battagliera; animata da nomi quali Minerva (di Guadalajara, considerato il leader dell’insurrezione dei piccoli), Insurgente (a Tijuana), Baja (Los Cabos), Wendlandt (Ensenada), Cervecería Cucapá (Mexicali), Calavera (Tlalnepantla).

Quanto agli orientamenti produttivi, quali le rotte che il comparto artigianale sta seguendo? Diversi e diversificati. Se da un lato è forte l’attrazione esercitata dalle tipologie straniere già consolidate (Imperial Stout, Robust Porter, Barley Wine, ma soprattutto Apa, American Ipa e tutti gli spin-off di quest’ultima), d’altra parte si è già manifestata con risolutezza la volontà di costruire un’identità brassicola originariamente nazionale. E così – pur dibattendosi in difficoltà materiali non di poco conto, connesse in specie con la necessità di investire per incrementare o migliorare le rispettive attrezzature produttive – i cerveceros artesanos si cimentano nell’impiego, in ricetta, di ingredienti tipici locali: peperoncino e altre spezie, caffè, cacao, erbe, bevande tradizionali quali pulque (succo d’agave fermentato), mezcal o tequila (due distillati derivanti). E insomma, il fermentatore del rinascimento microbirrario messicano fermenta di gran lena.