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La birra belga ricorda la Grande Guerra

Nel 2014 ricorre il centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, così chiamata perché per la prima volta nella storia dell’umanità tutte le nazioni, in un modo o nell’altro, sono state coinvolte nel conflitto. Viene spesso ricordata anche come Grande Guerra, per il costo pagato dalle parti in lotta in termine di vite umane. Anche dopo così tanto tempo questo avvenimento continua ad avere un profondo impatto, specie nei territori teatro dello scontro. Tra questi il Belgio, dove l’anniversario non passerà inosservato né dal fronte della memoria, né tantomeno da quello della birra. Prima di parlare di quest’ultima è però utile un piccolo resoconto su cosa accadde in Belgio tra il 1914 e il 1918. Il 4 agosto del 1914 la Germania lo invase: ben poco poté l’esercito locale contro la ben oliata macchina da guerra tedesca, che in poche settimane assunse il controllo dell’intera nazione, ad eccezione della parte più occidentale. Proprio lì l’esercito belga resistette alle truppe nemiche per quattro anni grazie alle esondazioni controllate dei fiumi Yser e Yperlee, aprendo le chiuse durante le alte maree e aumentando costantemente il livello dell’acqua fino a creare una zona allagata invalicabile vasta un miglio. L’11 novembre 1918 le armi tacquero, la guerra era finalmente finita.

Durante gli anni del conflitto anche le truppe d’occupazione ebbero i loro problemi. Molti soldati tedeschi erano di stanza lì mentre la maggior parte degli abitanti avevano abbandonato l’area, preferendo paesi come la Francia e l’Inghilterra o il territorio libero. Nella parte occupata i soldati tedeschi erano sempre assetati di birra e, almeno in un primo momento, cercarono di mantenere in funzione i birrifici. Un obiettivo piuttosto complicato da raggiungere, soprattutto se si considera che gli ingredienti per la produzione non erano sempre disponibili e, alle volte, gli stessi locali erano utilizzati come caserme, rifugi o mense. L’obiettivo venne comunque  in larga parte raggiunto, nonostante la qualità del prodotto non fosse quella di prima della guerra. Dal 1916 però i tedeschi, rimasti a corto di rame per la produzione di armi, cominciarono a requisire tutti gli altri metalli reperibili, comprese le pentole utilizzate nei birrifici. Per non rimanere a corto di birra i tedeschi fecero ricorso alle cosiddette “birrerie centrali”, fabbriche – una per ogni regione – gestita dagli occupanti a cui fu concesso di mantenere i materiali necessari alla produzione. Come prevedibile la birra migliore era esclusiva degli ufficiali tedeschi, la qualità media era destinata ai soldati, mentre il resto andava alla popolazione. Negli ultimi mesi di guerra i bombardamenti Alleati e quelli tedeschi durante la ritirata causarono il danneggiamento di molte birrerie, centrali e non, riducendo la disponibilità di ogni tipo di birra. Dall’altro lato l’enclave più occidentale del paese aveva una grande popolazione comprendente rifugiati e soldati belgi, ma anche francesi, inglesi, canadesi e perfino australiani, tutti assetati di birra. Per questo tutte le birrerie presenti nell’area dovettero aumentare notevolmente la produzione, proprio per placare questa sete. All’inizio della guerra nelle regioni non occupate dai tedeschi c’erano approssimativamente 110 birrifici, non meccanizzati e capaci di produrre birre ad alta fermentazione solo durante i mesi invernali. Questi birrifici si potevano dire più che fortunati a poter continuare il proprio lavoro, nonostante il loro numero continuasse a diminuire a seguito dei bombardamenti tedeschi. L’emergenza stimolò la necessità di investire in macchinari per sostituire i processi manuali, come il pompaggio dell’acqua e la macinazione del malto. Un ‘azzardo’, visto il periodo, che si pagò caro: raddoppiare o a volte decuplicare la produzione era possibile solo proseguendo il lavoro anche nei mesi più caldi dell’anno. Ciò fece velocemente mutare le tipologie di birra prodotte, aumentandone l’acidità. Ci sono stati anche altri fattori che hanno inciso negativamente nella produzione, vedi ad esempio la ‘Soldiers’ Beer’ o la ‘Yser Beer’, per cui la richiesta era talmente alta che alcuni produttori non attendevano nemmeno la fine della fermentazione per la messa in vendita. Spesso poi gli ingredienti tradizionali non erano reperibili, oppure di scarsissima qualità, e i birrai dovettero ricorrere alla fantasia brassando con tutto quello che riuscivano a trovare, barbabietole da zucchero comprese.  In definitiva tutti i birrai “non occupati” ricorsero allo zucchero per camuffare i sapori e la riduzione del contenuto alcolico. Altro elemento da considerare riguarda la scarsità di luppolo durante quegli anni, con l’importante area di coltivazione di Poperinge occupata e la scarsità di carbone destinabile all’essiccazione del prodotto fresco. C’è da notare inoltre che alcune birre venivano anche importate dall’Inghilterra e dalla Francia, ma a prezzi così proibitivi che solo i ricchi potevano permettersi questo lusso.

Un’ottima descrizione dell’impatto che ha avuto la guerra sulle birrerie locali si può trovare in “Beer at the Yser battlefront” di Frank Becuwe (editore De Klaproos), nel quale sono presenti anche alcune immagini esemplificative. L’autore cura oggi la conservazione di uno dei birrifici operanti in Belgio durante la Grande Guerra, lo Snoek in Fortem (Alveringem), sopravvissuto ai due conflitti mondiali e al mercato contemporaneo mantenendo intatti gli antichi macchinari. Anche se la fabbrica non è più operativa (la produzione è cessata tre decenni fa) una visita è d’obbligo per la vasta gamma di attrezzature birrarie del XIX secolo ancora nello stato originale. Il De Snoek ha inoltre una birra realizzata appositamente per lui: fino a pochi anni era prodotta da De Dolle Brouwers, mentre oggi è stata sostituita da una nuova ricetta creata da Chris Vandewalle, nel birrificio di Reninge (nei pressi di Bruges) che si sta specializzando proprio su ricette storiche.

Dopo la nuova Snoek beer molti birrifici stanno lanciando birre per commemorare l’inizio del primo conflitto mondiale, in particolare quelli situati vicino all’antica linea del fronte. Fra questi il primo è stato Eutropius (Heule-Kortrijk) con la sua ‘Rememberance 14-18’, sul mercato già dal 2012, una bitter affumicata da 9 gradi Negli ultimi mesi De Struise Brouwers (Oostvleteren) ha annunciato una birra chiamata ‘Ypres’, una Double Flemish Oud Bruin di 7° gradi invecchiata due anni in barili Burgundy and Wild Turkey: Ypres era una città strategica della linea del fronte, che venne quasi completamente distrutta durante il conflitto. Van Honsebrouck (Ingelmunster) ha lanciato invece la ‘Passchendaele’, una best bitter da 5,5%, nome della località teatro di una delle battaglie più feroci con oltre 500.000 tra vittime e feriti. Anche St Bernardus (Watou), situato vicino alla regione di Poperinge, sta lavorando a una nuova etichetta. Molte trincee furono all’epoca scavate nei campi di papaveri delle Fiandre, e tale fiore è così diventato simbolo del ricordo dei caduti: non a caso c’è anche chi sta lavorando a una ricetta che lo includa come ingrediente, al pari di alcuni cioccolatai che hanno creato praline che ne ricordano la forma e della Rubbens Distillery, che ha prodotto il Poppies’ Gin. 

Per chi fosse interessato all’argomento c’è una lunga lista di luoghi da visitare legati al conflitto. Citandone solo alcuni: il cimitero tedesco a Vladslo, dove la statua ‘Grieving Parents’ di Kathe Kollwitz sovrasta il campo in cui è seppellito suo figlio; il cimitero inglese di Tyne Cot a Passendale, dove circa 12.000 tombe sono precisamente allineate e mantenute dalla Gran Bretagna in perfetto ordine; la ‘Last Post ceremony’ a Ypres, dove alle venti di ogni sera i trombettieri suonano l’ultimo saluto al cancello di Menin, regalando a tutti i presenti una fortissima emozione; sempre a Ypres da vedere anche il museo ‘In Flanders Fields’, con un’ampia collezione di cimeli esposti in un contesto interattivo volto a presentare la storia della guerra come un messaggio universale di pace. Fortunatamente ci sono anche tante mete birrarie da segnare sul taccuino: in zona si trovano ad esempio i campi di luppolo delle Fiandre e il ‘Poperinge’s Hop Museum’, uno dei migliori al mondo. Inoltre, sempre a Poperinge, si tiene ogni tre anni l’Hop Festival, il cui prossimo appuntamento cade proprio a settembre 2014. Saranno presenti numerosi birrifici locali, vedi De Plukker (Poperinge) gestito da Joris Cambie, coltivatore di luppolo organico di lungo corso, De Struise Brouwers (Oostvleteren), Sint Bernardus e Van Eecke (entrambi a Watou) e Leroy (Woesten). Da segnalare inoltre la novità De Kazematten a Ypres, con legami con Sint Bernardus, situata nelle vecchie mura della fortezza creata dal famoso ingegnere militare francese Vauban. 

Nessuno si dovrebbe mai dimenticare quanto successo quasi cent’anni fa sul territorio europeo, e se la birra può aiutare a mantenere vivo il ricordo, tanto meglio: pace e brindisi vadano di pari passo!