Degustare una birraIn vetrina

I profumi della birra: le erbe aromatiche

Così come a proposito delle caratterizzazioni olfattive pertinenti al campo del floreale, anche introducendo il capitolo del vegetale aromatico, occorre sottolineare che tali sensazioni presentano un’almeno triplice possibile origine: aggiunta diretta, apporto dei luppoli, meccanica fermentativa. Prima però di passare velocemente in rassegna ciascuna delle tre fattispecie, provvediamo a stabilire una distinzione tra l’ambito “nasale” appena menzionato e quello di cui ci stiamo specificamente occupando in queste righe. La terminologia culinaria designa come spezie una serie di sostanze odorose di origine vegetale (ricavate da diverse parti botaniche di una pianta: foglie, semi, bacche, radici…), generalmente di provenienza esotica, utilizzate per aromatizzare cibi e bevande (cannella, noce moscata, chiodi di garofano, timo, dragoncello, zafferano…). Ecco, una simile definizione si adatta in toto anche a quelle essenze cui normalmente ci si riferisce parlando, appunto, di erbe aromatiche (aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, menta…). Quale allora la differenza? In genere, queste ultime vengono impiegate da fresche, mentre le spezie atterrano sul piano di lavoro del cuoco dopo aver subito trattamenti di essiccazione.

Ciò detto, torniamo al binario riguardante le “modalità di apparizione” delle sensazioni erbaceo-aromatiche. Il conferimento diretto è di comprensione evidentemente immediata; e riguarda una casistica alquanto ampia: tanto che è lo stesso il Bjcp (Beer Judge Certification Program) – oltre a una prassi assai diffusa, tra produttori amatoriali e professionisti, erede in qualche modo dell’epopea dei gruyt a consacrare il filone delle “Herb and Vegetable Beers”, brassate aggiungendo timo, salvia, rosmarino, erba cedrina e tante altri ingredienti di questo genere.

Ben nota, poi, è la correlazione tra luppolatura e percezioni di tipo vegetale-aromatico: basti pensare alle sfumature mentolate presenti in tante hop cultivar, specialmente nuovomondiste (come Simcoe, Amarillo, Cascade, Citra); a quelle di cedrina e tè (entrambe rappresentate nel bouquet del Calypso); a quelle di erba cipollina riconoscibili nei coni (quale che sia la specie) provenienti dalle piantagioni belghe di Poperinge (e rintracciabili quindi in diverse Balgian Ales: Pale, Blond, Saison, Abbaziali…); a quelle fogliaceo-legnose captabili attraverso il conferimento di luppoli britannici, come il Fuggle, e dunque attraverso l’assaggio di non pochi stili afferenti al repertorio del Regno Unito (Ordinary, Best e Stong Bitter, English Ipa, Golden Ale e così via)
Meno esplorato, nel caso delle sensazioni erbaceo-aromatiche, è il fronte della provenienza fermentativa; ma ciò nulla toglie all’evidenza di alcuni processi quali per cui alcuni ceppi di Saccharomyces Cerevisiae si rivelano in grado di apportare, in fermentazione, sensazioni di questo tipo.

Fogliaceo. Descrittore generico applicabile, nella sua globalità (e quindi nella sua sommarietà, a prescindere dalle enormi differenze che corrono tra specie e specie di pianta) al tema olfattivo delle foglie verdi. Una caratterizzazione odorosa alla quale concorrono, confrontando le diverse correnti d’indagine accreditate in letteratura tematica, varie molecole, tra le quali il ruolo di spicco sembra spettare al cis-3-esen-1-olo (detto anche alcol delle foglie) e al trans-2-esanale (detta anche aldeide delle foglie). Accanto, in funzione di supporto, esteri quali cis-3-esenil-acetato (derivante dall’appena menzionato cis-3-esen-1-olo) e benzil acetato, il linalolo (altro alcol, di natura terpenica, assai ricorrente nella chimica dei profumi) e l’isoforone (chetone correlato a percezioni mentolate).

Cedrina. Con questo nome si designano varie specie di piante diverse: ad esempio la citronella, il lemongrass inglese, tipologia appartenente al genere Cymbopogon famiglia delle poacee) e ufficialmente censita come Cymbopogon Citratus; eppure la stessa melissa vera, il cui battesimo scientifico è Melissa Officinalis e il cui genere di riferimento è appunto il Melissa (famiglia delle Lamiacee). In questa sede intendiamo per cedrina la verbena odorosa, all’anagrafe scientifica Aloysia Citriodora (genere Aloysia, famiglia Verbenacee). Le sue foglie lanceolate, non a caso impiegate per la preparazione di tisane e infusi, diffondono un intenso profumo agrumato; al quale concorrono una settantina di fattispecie chimiche, tra le quali spiccano, per incidenza sensoriale, quella del limonene (un idrocarburo terpenico), nonché quelle di alcune aldeidi: geraniale (ne troviamo anche nel Dna olfattivo di albicocca e lime), nerale (altro composto presente nella composizione dell’aroma di lime). Inoltre, in alcune varietà, rilevate sostanze quali citronellale (altra aldeide, che stabilisce, stavolta, parentele con il naso del pompelmo rosa) e tujone (chetone riscontrato nel genoma odoroso di assenzio, issopo e salvia).

Melissa. Da secoli utilizzata nella medicina popolare e in cucina, per la preparazione di infusi e tisane (se ne utilizzano primariamente le foglie, ma anche, in subordine, fiori e steli), la melissa vera, quella che in inglese risponde al nome di lemon balm (specie Officinalis, genere Melissa, famiglia Lamiaceae) è una pianta erbacea di piccole dimensioni, ormai relativamente diffusa in Italia. A definire l’aroma delle sue parti aeree concorrono un centinaio di molecole; tra esse, per le funzioni preminenti, si evidenzia la posizione di composti quali le aldeidi nerale e geraniale (due reciproci isomeri, la cui miscela è comunemente detta citrale; in effetti loro sinonimi sono, rispettivamente cis.citrale e trans-citrale); citronellale (altra aldeide, rilevata anche nel Dna odoroso del pompelmo rosa); gli alcoli terpenici linalolo il linalolo (assai ricorrente nella chimica dei profumi) e geraniolo (attivo nel meccanismo di percezione anche delle fragranze di rosa, geranio e citronella)

Basilico. Aspetto che probabilmente molto non conoscono, è originario dell’india lo Ocimum Basilico, specie appartenente appunto al genere Ocimum, a sua volta tra le ramificazioni della famiglia delle Lamiacee. Il suo uso in cucina quindi diffuso anche nel Sudest Asiatico (Cambogia, Laos, Taiwan, Thailandia, Vietnam) oltre che nel nostro Paese: facendosi apprezzare in ricette e condimenti grazie alle virtù organolettiche delle sue piccole foglie carnose, caratterizzate da un’intensa odorosità. La quale deriva il proprio ben noto profilo sensoriale dal contributo sinergico di oltre 25 molecole, tra le quali il ruolo di spicco sembra doversi ascrivere a quelle del linalolo (alcol terpenico assai ricorrente nella chimica dei profumi: è rilevato ad esempio in quelli di rosa, lavanda, bergamotto e uva Moscato), estragolo (fenolo portatore di note da anice), cinnamato di metile (estere presente pure nel Dna olfattivo di susine e prugne, queste ultime anche disidratate), eugenolo (altro fenolo, protagonista nel naso dei chiodi di garofano), eucaliptolo (o 1,8 cineolo, etere terpenico associato a sensazioni balsamiche).

Prezzemolo. E’ il nome corrente del Petroselinum crispum (ovvero riccio): una specie appartenente al genere denominato, appunto, Petroselinum (altre sono il sativum, o comune, e il segetum, o dei campi), a sua volta tra le ramificazioni della famiglia delle Apiacee. Si tratta di piante – capaci di crescere spontaneamente in boschi e prati, purché entro fasce climatiche temperate, temendo il freddo – caratterizzate dalle ben conosciute virtù aromatiche, concentrate in specie nelle foglie e nei fusti. Parti botaniche le quali (più raramente le radici) vengono perciò diffusamente utilizzate in cucina; e trovano l’origine della propria intensa odorosità nell’azione combinata di oltre quaranta costituenti chimici. Tra essi, il ruolo di traino sembra doversi assegnare a molecole quali quelle di apiolo (un fenolo) e 1,3,8-paramenthatriene (idrocarburo terpenico), accreditati di esercitare forse il maggiore impatto); miristicina (altro fenolo, dal timbro speziato), beta-fellandrene e para-cimene o (1-isopropenil-4-metilbenzene; entrambi idrocarburi terpenici).

Salvia. Appartenente alla famiglia delle Lamiacee, il genere Salvia conta circa 900 specie – tra le quali la Officinalis (o Comune) e la Sclarea (o Moscatella, in quanto un tempo impiegata per intensificare l’aroma del Moscato) – caratterizzate dalla forte aromaticità delle foglie, verdi e vellutate in superficie. Un carattere odoroso (in virtù del quale costituiscono da sempre largamente materia prima per condimenti, liquori, prodotti di profumeria e farmacia), determinato dalla combinazione di molecole quali quelle di manool (idrocarburo terpenico), alfa-tujone e beta-tujone (chetoni isomeri riscontrati anche nel genoma olfattivo di artemisia, cedrina, assenzio e issopo), canfora (altro chetone rilevato anche nel naso di coriandolo, cannella), alfa-pinene (esso stesso un idrocarburo terpenico, associato a note resinose di timbro, evidentemente, pinoso).