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Dip Hopping: come funziona, i pro e i contro

Partiamo dalle origini, anche perché la storia è alquanto curiosa. Il dip hopping, perlomeno come nome e come genesi del fenomeno attuale, sembra avere i natali in Giappone, precisamente presso gli stabilimenti della Kirin, dove un team di studiosi ha perfezionato questa tecnica nel 2012. Negli USA arriva grazie ad un viaggio del birrificio Gigantic di Portland (Oregon). Dopo una visita agli impianti di Spring Valley, di proprietà proprio della Kirin, i due fondatori, Ben Love e Van Havig, rimasero folgorati dalle fragranze espresse dal luppolo Apollo che non avevano riconosciuto tanto era trasfigurato nella birra. I tecnici giapponesi in un primo momento fecero i vaghi e parlarono di un processo particolare messo a punto da loro chiamato “dip hopping”, ma senza svelare le carte. Poi durante una sessione di assaggi in birrificio, una serie di domande astutamente piazzate da Havig, fornirono al duo americano perlomeno la struttura della tecnica usata, pur senza conoscerne i dettagli. L’imbeccata comunque generò sperimenti in casa Gigantic e non solo, visto che la curiosità si diffuse nell’ambiente craft americano e in molti, grazie al passaparola, cominciarono a confrontarsi e a condividere le informazioni.

Stiamo parlando di uno dei metodi meno studiati in letteratura che nasce dall’esperienza diretta, dalla pratica, per poi passare alla teoria, conferma Vincenzo Follino birraio di Bonavena, che aggiunge: Gli studi sull’argomento sono in corso e sono soprattutto rivolti a spiegare i vantaggi e gli svantaggi di una tecnica che a differenza della classica gettata a fine bollitura, che avviene quando si spegne il calore quindi a 100 o anche a 80-85 gradi, prevede l’inserimento del luppolo direttamente nel tank di fermentazione con acqua o mosto a una temperatura più bassa.

Ma come funziona nella pratica questa tecnica? Il dip hopping viene effettuato inserendo il luppolo nel tank di fermentazione precedentemente saturato con CO2. Poi viene aggiunta una quantità di mosto o di acqua, sempre deareata, a una temperatura compresa tra 65-75 gradi. Il rapporto tra mosto (o acqua) e luppolo è di circa 10:1, quindi si tratta di una sorta di tisana molto concentrata. Dopo aver lasciato il luppolo in infusione per circa 45-60 minuti, si unisce il mosto precedentemente raffreddato in modo da raggiungere la temperatura idonea per l’inoculo del lievito.

Ma quali sono i vantaggi registrati con l’esperienza? La resa è leggermente più alta – continua Vincenzo – essendoci una minore formazione di trub rispetto all’inserimento a fine bollitura, dove si ha una maggiore formazione di complessi tra proteine e polifenoli. Inoltre abbiamo un’estrazione maggiore dei composti aromatici rispetto all’inserimento a fine bollitura dato che il luppolo rimane più a lungo a contatto con il mosto e per via delle temperature più basse vai a distruggere meno i composti termolabili. In linea teorica si riduce ulteriormente l’introduzione di ossigeno rispetto all’inserimento del luppolo nel whirpool, sebbene a 100 gradi ci sia una bassa solubilizzazione.

luppolo homebrewer

Rispetto al whirpool hopping c’è meno probabilità di avere off flavours che ricordano l’aglio e la cipolla – rivela Matteo Pomposini di MC77 che recentemente ha sperimentato in prima persona la tecnica – Questi composti infatti sono dovuti al 2M3MB che a sua volta si pensa derivi dell’interazione degli ISO alfa acidi con l’ossigeno incorporato nel mosto durante la fase calda (la pompa del whirpool è la principale indiziata). Inoltre c’è meno estrazione di amaro. Rispetto al dryhopping invece si ottengono meno aromi “verdi” grazie all’allontanamento del mircene. Stiamo parlando quindi di una tecnica non comparabile né al whirlpool hopping, né al dry hopping.

E in effetti chi lo ha provato sostiene che il profilo del luppolo viene esaltato soprattutto per quanto riguarda le note agrumate e floreali, a discapito delle note resinose ed erbacee, mentre sono evitati gli odori sgradevoli come quello di cipolla, pipì di gatto, e vegetali, che un dry hopping abbondante può rilasciare.

Ma non è tutto rose e fiori. Quali gli svantaggi? Prima di tutto – continua Matteo – non è facile da mettere in pratica; il lievito non si può recuperare; è un processo costoso perché la quantità di luppolo che si utilizza è alta e si deve saturare il tank con la co2; è laborioso perché il luppolo usato in questo modo potrebbe intasare gli scarichi in maniera più importante rispetto al dry hopping (come è successo a noi). Per tutti questi motivi abbiamo fatto solo una cotta con questa tecnica. Il risultato è stato soddisfacente ma bisognerebbe avere più letteratura a riguardo (ad esempio quali varietà utilizzare, a quale temperatura, per quanto tempo).