I difetti della birra: l’autolisi
Ebbene sì, in quell’avventurosa pratica (talvolta temeraria) che è l’assaggio analitico della birra – cammino lungo il quale è fisiologico imbattersi anche dei difetti che si possono manifestare da parte di una pinta – capita talvolta di trovarsi di fronte a un naso decisamente poco accattivante: note olfattive corrispondenti talvolta alla sensazione che si ha di fronte a dei gamberetti o alla loro acqua di governo (nel caso di prodotti confezionati); talvolta, invece, riconducibili all’impressione percepita scontrandosi con un marchio odoroso che rimanda al brodo di carne, se non direttamente a quest’ultima, quando confezionata in scatola; in altri casi ancora, note assimilabili alla gomma bruciata, ai pneumatici.
Decisamente poco piacevoli, tali esperienze sono riconducibile sostanzialmente a uno degli inconvenienti con cui poter avere a che fare, operando nella filiera brassicola: quella dell’autolisi del lievito esausto. Stiamo parlando della fagocitazione da parte delle sue cellule, per mancanza di altri nutrienti (avendo consumato tutto lo zucchero disponibile), delle loro stesse pareti, con conseguente fuoriuscita del materiale citoplasmatico interno, al termine della fermentazione primaria. Un passaggio cruciale in corrispondenza del quale occorre intervenire separando il lievito medesimo e la birra fresca in tempi convenientemente tempestivi. Peraltro, fenomeni di autolisi possono verificarsi anche su prodotto finito, nel caso si tratti di una procedura con rifermentazione in fusto o bottiglia: l’esposizione a colpi di calore nuoce infatti al lievito, le cui cellule ne vengono sostanzialmente uccise, avviandosi successivamente a decomposizione. Ecco, in questi casi, lo sfaldamento delle strutture cellulari dà luogo alla messa in circolo di sostanze chimiche di varia natura. Tra esse figurano ad esempio aminoacidi, quali il glutammico, precursore del glutammato monosodico, molecola precipuamente responsabile dello spunto di tipo carneo; d’altro canto, e in cospicua proporzione, troviamo composti solforati, la cui interazione genera sentori spiazzanti, come (appunto) la gomma bruciata o i gamberetti: alcune delle molecole responsabili di quest’ultima deriva sono quelle dell’abbiamo l’acido solfidrico (H2S), il dimetilsolfuro (DMS), il dimetildisolfuro (DMDS), il dimetiltrisolfuro (DMTS), il dimetiltetrasolfuro, il metantiolo, il 2-metiltio-etanolo, il metionale, l’isopropil-metil-disolfuro.