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Dark style: come usare al meglio i malti scuri

La mia esperienza nell’uso dei malti scuri risale alle prime cotte da homebrewer, dove ho iniziato subito a produrre stili “dark & coffee forward”. Dopo tante birre prodotte, più o meno buone, sono giunto a conclusioni ben precise: per far lavorare bene con questi malti bisogna che la struttura della birra ruoti intorno all’uso che ne facciamo. La prima cosa che mi chiedo quando mi viene in mente di produrre una nuova ricetta è: “cosa voglio ottenere nel bicchiere?”. Da lì inizio a formulare l’intera ricetta pensando al ruolo che ho intenzione di dare ai malti scuri e alla loro interazione con gli altri ingredienti, in particolare acqua e lievito. Ecco alcuni consigli basati sulla mia personale esperienza.

È meglio tener bassa la percentuale di malti tostati nelle birre più leggere e meno alcoliche, limitandola a un 5-6%, preferendo i malti decorticati (in particolare Weyermann Carafa Special II) piuttosto che Roasted o Black (che non uso mai nelle birre a bassa gradazione). Restando nel campo delle birre poco alcoliche, è importante accostare una buona percentuale di malti di tipo Crystal per ammorbidire il gusto (io uso Simpson DRC e T50 molto spesso, a volte gli Extra Dark da 450 ebc in percentuale massima del 3%, 5%), affiancati da fiocchi d’avena (non ne uso mai più del 10%). Da qualche mese sto gradualmente sostituendo i fiocchi d’avena con l’avena maltata (Thomas Fawcett), perché trovo maggior beneficio per quel che riguarda la rotondità ed il mouthfeel. Per birre più forti come le Imperial Stout, il discorso si fa un pizzico più laborioso. Per la maggior parte delle mie birre scure la base dei malti è una miscela che prevede Pils + Monaco e aggiunte di altri 4 o 5 tipologie di cereali. Escludendo l’uso del malto Black, perché troppo invasivo a mio avviso, consiglio vivamente di acquistare tutti i tipi di malti scuri dei vari fornitori, fare un estrazione a freddo con un paio di litri di acqua e assaggiarli uno per uno (alla cieca, inizialmente) per valutare il contributo che possono dare all’impianto organolettico della birra. Sono da tenere in considerazione anche i cereali che non siano orzo, come il Rye Chocolate o il Chocolate Wheat, perché possono essere estremamente interessanti ed apportare caratteristiche stupefacenti sul risultato finale (ad esempio: ho brassato recentemente una double stout con il 10% di Chocolate Rye ed ha un profilo che vira con decisione sulla fava di cacao, polvere di cacao, cioccolato fondente). I fornitori di malti scuri con cui lavoro sono Simpson e Thomas Fawcett, molto raramente utilizzo Weyermann (solo per i Carafa). Personalmente uso Chocolate e Roasted praticamente sempre nelle birre molto alcoliche, e reputo di estrema importanza per il gusto finale trovare un rapporto ottimale tra loro. In alcune ricette ho dato più importanza alla secchezza ed un gusto tagliente di polvere di caffè e moka (4% chocolate, 6% roasted sul totale), mentre altre volte ho spostato il rapporto a 7% chocolate e 3% roasted, notando come la parte caffettosa lasci spazio ad aromi fortemente tostati e di fondente. Un altro malto che inserisco con frequenza è il Brown; spesso sottovalutato o addirittura dimenticato, se usato in percentuali superiori al 5% è un ottima spalla per fortificare la componente “caffè/chicchi di caffè”. In generale comunque, non mi piace complicarmi la vita con grist troppo elaborati. La bontà sta nella semplicità, soprattutto nelle prime prove. Posso consigliare per birre “ciccione” di stare sotto al 12%-13% di malti tostati, e usare Crystal più invasivi, come l’Extra dark o il DRC Simpson, per un 4 o 5% del totale. I fiocchi o malto d’avena sono un elemento non obbligatorio per la morbidezza, dato che è molto più importante lavorare con un profilo dell’acqua che la accentui (tenendo i cloruri alti, sopra le 200 ppm) e temperature di ammostamento idonee. Usando sempre Pils come base e un 5-6% di avena per le Imperial Stout, faccio mash-in per qualche minuto, poi in pausa saccarificazione aggiungo tutti i malti Crystal e scuri, evitando inutili estrazioni a freddo o aggiunte in mash-out, che secondo me ben poco contribuiscono al gusto finale. Per evitare astringenza, bisogna tener d’occhio il pH in ogni fase, (5.3 in mash, sotto ai 6 in risciacquo e tra i 5.1 e 5.3 in bollitura), macinare tutti i malti adeguatamente e la mattina stessa della cotta, non prima. Per quanto riguarda la fermentazione, prediligo i lieviti totalmente neutri (American Ale liquido) per quasi tutte le birre scure in quanto il carattere tostato e aggressivo della birra prende vita con la massima pulizia. Ho usato con grande soddisfazione anche il lievito Ateflow West Yorkshire (ovvero Wyeast 1469, classico inglese) per la Traditional Mild, in cui più del 10% del grist è composto da Brown, Pale Chocolate e Chocolate. Infine, per le birre scure un po’ più muscolari (e di stampo inglese), potrebbe essere un’idea interessante fare piccole aggiunte di malto Peated, stando ben attenti a non eccedere perché ne basta poco per ottenere già un retrogusto torbato. Con il 3% di malto Peated ed una buona percentuale di Brown, si possono creare birre che ricordano la vecchia Londra industriale e fumosa di fine 800.

di Samuele Cesaroni, birraio di Brasseria della Fonte