Dalla pianta alla pentola: fare la birra con luppolo fresco
Con la fine della stagione calda si avvicina il tempo di raccolta di uno degli ingredienti più amati e importanti per le nostre produzioni, Sua Maestà il Luppolo. Già conosciuto ai tempi di Plinio il Vecchio nel I secolo, catalogato nella sua faraonica opera De Rerum Natura con il nome di Lupus Salicarius, lupo dei salici, perché così come il lupo attacca i greggi di pecore, così questa pianta infesta i salici. Solo successivamente, in epoca medievale, si è diffuso l’attuale nome scientifico Humulus Lupulus, grazie anche ad un massiccio utilizzo proprio nella produzione di birra, in particolare nell’Inghilterra, dove le Ale luppolate e amare facevano da contraltare alle birre continentali, chiamate Beer, spesso più dolci e aromatizzate con differenti miscele d’erbe.
Il luppolo è una pianta dioica (in cui esistono cioè infiorescenze maschili e femminili) nonché perenne, con un rizoma nel terreno dal quale crescono lunghi fusti rampicanti. Per la produzione di birra interessano le infiorescenze femminili, a forma di coni verdi, ricche di una sostanza giallognola creata all’interno dei fiori da ghiandole resinose, composta da alfa acidi, polifenoli e olii essenziali, che donano il caratteristico amaro e aroma erbaceo. Il luppolo selvatico cresce spontaneamente nelle nostre zone, spesso lo mangiamo senza associarlo all’ingrediente della birra, ma il più delle volte non ha le caratteristiche organolettiche adatte all’utilizzo di un homebrewer.
Da un decennio a questa parte anche in Italia si sta sviluppando la coltivazione casalinga del luppolo; grazie alle risorse della Rete si possono acquistare (ma perché no, anche scambiare sui vari forum) in Italia e all’estero i rizomi, da piantare e coltivare. Tutto parte da ciò che volgarmente sembra la radice, il rizoma della pianta appunto. In tarda primavera, passate le ultime gelate, va piantato nel terreno in posizione esposta a sud, dove riesca a prendere otto ore di sole al giorno, in una zona leggermente ventilata e ben drenata. Il raccolto avviene verso settembre. Le infiorescenze risultano di un verde intenso, con alla base le ghiandole cariche di resina dorata. Sfregandole sul dorso della mano l’aroma deve essere forte e fresco. Odori di formaggio e aglio sono da evitare, sintomo spesso di sovramaturazione (per maggiori info sulla coltivazione del luppolo leggere qui).
Se abbiamo a disposizione una considerevole quantità di luppolo fresco: cosa ne facciamo? La conservazione necessita l’essicazione, o in forno a bassa temperatura o su graticole esposte al sole, operazione grazie alla quale il luppolo perde fino all’ 80% del proprio peso. I fiori e in particolare le sostanze amaricanti sono molto sensibili all’ossigeno e alla luce, per cui è consigliabile stoccarli in pacchetti sottovuoto e magari conservarli in freezer o comunque in luoghi freddi e bui. E dei fiori di luppolo cosa ne facciamo? Libri e ricette di homebrewing fanno riferimento agli Alfa Acidi (indicati anche con la sigla AA%) per poter stimare il valore di amaro da trasferire alla birra. Sono un gruppo di acidi di cui fa parte l’umulone, ed è proprio la quantità di questo elemento a indicare il valore di AA. L’unico metodo preciso consiste nell’eseguire l’analisi tramite uno strumento specifico di laboratorio, lo spettrofotometro, che stima con precisione le quantità di umulone presente nel campione di luppolo.
Un metodo artigianale, ma ugualmente efficace, consiste nell’effettuare dei piccoli infusi di luppolo da testare e confrontare con altri infusi di luppolo ‘commerciale’ del quale si conoscono le caratteristiche. Confrontandoli e stimando una somiglianza abbastanza accurata avremo indicazioni su quanto luppolo autocoltivato sia necessario aggiungere per amaricare i nostri batch. Vi è tuttavia una seconda modalità di utilizzo, che, quando ne ho la possibilità, personalmente preferisco: una birra col luppolo fresco. Non sono un’amante di metodi empirici e poco controllabili, per cui aspettando che uno spettrofotometro sia inserito nel volantino delle offerte della Lidl a 29.99€ per poter misurare accuratamente gli Alfa Acidi, preferisco utilizzare il luppolo sfruttandone la caratteristica che prediligo: l’aroma!
Late Summer Humulone Ale
Questa ricetta si ispira alle tradizionali bitter inglesi, con un tocco di originalità dato dall’utilizzo del luppolo non essiccato in quantità considerevoli per una birra tradizionale. Non abbiate paura, il luppolo contiene una enorme quantitativo di acqua, per cui la dose si ridurrebbe di parecchio se si trattasse di prodotto essiccato. Tuttavia l’aroma del luppolo appena colto ha delle fragranze particolari da provare assolutamente!
Ricetta per 22 litri
OG 1042
FG 1009
IBU 15.5
Pale Ale 4,2 Kg
Crystal 0,3 Kg
Northdown 8%AA 60min 17g
Luppolo Fresco 10min 200g
Lievito US05
Procedere con 60 minuti di ammostamento a 65°C, quindi portare il mash ad 80°C per 10 minuti, per inattivare qualsiasi attività enzimatica, quindi procedere con lo sparge. Aggiungere il luppolo all’inizio dei 60 minuti di bollitura. Io ho indicato il Northdown, tipico inglese, ma si può utilizzare qualsiasi varietà ‘neutra’ con un alto indice di Alfa Acidi. Questo permette di diminuire la quantità di ‘materia verde’ che aggiungeremo alla birra, dato che andremo a mettere in infusione un grande quantitativo di prodotto erbaceo fresco, che rischia di aumentare considerevolmente gli aromi erbacei, legnosi e di fieno. Far fermentare a 20°C con il lievito US05, quindi imbottigliare aggiungendo 45 g/L di zucchero.
È una birra che necessita di pochissima maturazione, già dopo 20 giorni di bottiglia è pronta per essere stappata. Col passare delle settimane, l’aroma del luppolo fresco andrà perdendosi, fino ad assestarsi su valori normali per una bitter dopo 2 mesi. Fare birra in casa dà enorme soddisfazione, farla con materie prime coltivate nel proprio giardino è impagabile: si affinano le conoscenze e si aumenta l’esperienza, e perché no, si risparmiano anche dei soldi.