Birra e bicchieri: il Tulip Lager Glass
Una birra, un bicchiere: binomio consolidato, inscindibile. Almeno come principio teorico: perché poi, a ben vedere, mille e una sono le motivazioni per cui uno stile brassicolo si accompagna a un glass-design. Sì, le finalità della valorizzazione organolettica, d’accordo; ma non ci son mica solo quelle. Ci sono le (spesso possenti, spesso inamovibili) le ragioni della tradizione e della consuetudine: quelle che ad esempio tengono vivo l’uso di una forma come quella dello Stivale, così poco gestibile, specie nelle capienze più ampie (le misure vanno da due a cinque litri). E poi ci sono i gusti personali dei produttori, le esigenze moderne della maneggevolezza e dell’appeal visivo: tale e tante variabili che, non di rado, da due punti di partenza molto distanti (e in relazione a tipologie esse stesse per niente apparentate) si giunge a sagomature in realtà abbastanza simili. Il tema dei bicchieri, comunque, ci ha intrigati: al punto di voler aprire – da qui – una carrellata con la presentazione, in ordine sparso, di alcuni del modelli più diffusi e conosciuti.
Il primo a salire sul nostro ideale palcoscenico è quello che gli inglesi (tra i più seriamente impegnati catalogatori del manufatto birrario per eccellenza) indicano come Tulip Lager Glass. In pratica un bicchiere a colonna (sia esso provvisto di uno stelo molto corto; oppure totalmente privo di elementi di raccordo tra piede e fusto) caratterizzato da un diametro progressivamente crescente, nel salire dalla base alla sommità, in modo da determinare una silhouette flessuosamente svasata.
Si tratta di un modello ancora assai diffuso; e contemporaneamente molto longevo, visto che gli storici ne attestano l’esistenza da almeno sessant’anni. Ad averne suggellato l’adozione su larga scala numerosi marchi pilastro della geopolitica Lager, quali i continentali Carslberg e Pilsener Urquell; ma anche prestigiosi brand in terra D’Albione, come Barclay Perkins.
Quali i motivi di una simile resistenza alle leggi del tempo e del ricambio? Probabilmente un insieme di fattori: di tipo, contemporaneamente, identitario in senso sia territoriale sia, soprattutto, stilistico (se un produttore inglese adotta questa morfologia per veicolare la sua Lager, qualcosa vorrà dire); e di tipo effettivamente meccanico-sensoriale. Oltre che favorire (in virtù della sua longilineità a vita stretta) la formazione di un buon cappello di schiuma, l’architettura del bicchiere a colonna sembra pensata appositamente per veicolare in modo veloce verso le narici le non sempre esplosive cartucce aromatiche di una bassa fermentazione. Peraltro, l’apertura via via crescente, fino alla svasatura sommitale, risulta in grado di più efficacemente diffondere i profumi di una Pils, statisticamente maggiori – pur restando in ambito Lager – di quelli (ad esempio) di una Dortmunder o di una Bavaria Hell.