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A piccoli sorsi nel Parco del Circeo

Il 2021 dovrà pur promettere qualcosa, magari un po’ di sole in inverno, o un pomeriggio sul lungomare. Decidere da dove cominciare a scegliere la promessa che si vuole o si chiede di mantenere è sempre difficile. Se poi l’orizzonte non ha sciolto ancora la nebbia, i dubbi aumentano. E allora proviamo a immaginare un metodo, un’idea che risolve, la via per costruire che parte dalle piccole cose. Impariamo a camminare le strade di casa. A rendere incredibili le distanze minime, perché a passo lento si vedono più cose, si sentono più rumori, si mette a fuoco meglio, dopotutto, la vita. L’Italia è densa di luoghi perfetti per mettere in pratica questa semplice regola, da nord a sud le possibilità sono tantissime tra mare, montagna, laghi e città. Ma io ho scelto di raccontarvi un luogo verticale, più o meno in mezzo alla penisola, dove passato e presente si mescolano e dove le città sono confine ai campi, al mare, alla memoria. Roma è a due passi, ma il rombo dei motori e lo straparlare di troppi qui non arriva. Si stempera tutto in un’eco lontana che lascia la testa leggera. Questa volta vi accompagno nel meraviglioso Parco Nazionale del Circeo, sede di aree naturali, cittadine, isole e, naturalmente birrifici artigianali. Il Parco, facilmente raggiungibile in auto o in treno, ricade nei Comuni di Latina, Sabaudia, Ponza e San Felice del Circeo e si estende lungo la costa da San Felice a Foce verde, sotto Anzio. Comprende anche l’isola di Zannone e una porzione di entroterra. Il nostro itinerario si articola lungo un anello da percorrere come preferite, anche a piedi o in bicicletta, che inizia e finisce nel comune di Latina, luogo che custodisce una storia molto più ricca di quanto comunemente si creda.

Come detto la prima tappa è Latina, Comune che rientra nel Parco del Circeo con il tratto di dune, bellissime, che va da Capo Portiere al lago di Fogliano, compreso il suggestivo Borgo Fogliano. Latina merita sicuramente una visita anche se non vanta monumenti o siti particolarmente famosi. L’opera da ammirare è piuttosto il centro stesso nel suo complesso. La città fu costruita in soli sei mesi, da giugno a dicembre del 1932, grazie all’intuizione dell’allora commissario governativo per la bonifica, Valentino Orsolini Cencelli, il quale si rese conto che i centri abitati esistenti non bastavano affatto a sostenere la crescita demografica attesa con la nascita dei nuovi distretti rurali. Ma la scelta di Latina è soprattutto strategica, perché qui si trova il primo birrificio di giornata.

Pronti per una visitina da Eastside Brewing? Il birrificio nasce come Beer Firm nel 2013 grazie all’intraprendenza di due amici, il birraio Luciano Landolfi e Alessio Maurizi, cui si uniscono in breve altri tre soci: Tommaso, Fabio e Cristiano. Confortati dai buoni riscontri di pubblico e critica, l’anno successivo Luciano e soci decidono di fare il “grande salto” e mettere in piedi una produzione vera e propria. Come sempre quando si parte con un progetto impegnativo bisogna tenere conto del tempo fisiologico che intercorre tra l’idea e la prima bottiglia. E così Eastside nasce di fatto a metà del 2015. Nel tempo il birrificio ha prodotto moltissime etichette, frutto di idee, sperimentazioni anche estreme, collaborazioni con altri brand e una passione evidente e sempre viva. Non credo si possa identificare Eastside con un mondo brassicolo specifico. Dovendo semplificare potrei classificare schematicamente in tre blocchi le birre di Luciano: la tradizione belga, quella anglosassone (Britannica e made in USA) e i colpi d’estro. La tassonomia è, come detto incompleta, ma penso possa rendere l’idea. Ad oggi tra bottiglie e lattine dallo stabilimento di Latina escono oltre trenta differenti birre. Impossibile raccontarvele tutte, pena una didascalia infinita poco utile al nostro racconto.

Quindi vi propongo oggi solo le mie preferite. La prima è una birra sicuramente per beer lover che sfiorano la nerditudine: la Personal Jesus, Wheat Wine, quindi con aggiunta di frumento maltato, da 10 gradi alcolici, ricca, morbida e complessa, con note di frutta sciroppata, pesca, cedro, appena resinosa in bocca. Altra splendida etichetta è la Sleepless Night, monumentale Imperial Porter al caffè da 9% vol., che vi farà sognare ad occhi aperti un orizzonte caldo e speziato, dove il caffè si fonde con cioccolato e liquirizia in un susseguirsi di sorsi setosi e ricchissimi, senza divenire stucchevoli (gli IBU sono pur sempre 54). Abbinatela a pasticceria secca, formaggi stagionati, dolci al cioccolato, oppure fate come me, aspettate una sera di pioggia, guardate fuori, prendete il primo sorso e fate la faccia seria, ma dentro, ridete. Cambiando decisamente stile e orientandoci sul fronte amaro, una scelta sicura è la Sunny Side, American IPA da 7% vol., oggi disponibile anche in versione Vermont. Piacevolissima alla beva, conquista con le sue note agrumate lievemente tropical, con un ritorno di biscottato a testimonianza che la componente maltata non manca di fare la sua parte. Frittino misto e via. Restiamo in zona con un altro must, a mio modesto avviso, la Sun Stroke: American Double Ipa da 8.5% vol. che sorprende per la sua grande facilità di beva, nonostante il corpo importante, l’amaro potente (75 IBU) e l’elevato grado alcolico. Concludo questa personalissima panoramica con un’altra birra non proprio nazional popolare, ma che adoro, la Fata Morgana. Lo stile, Wee Heavy, è di origine scozzese, ma nel tempo ha preso il suo nome dal gioco di parole tra Wee, piccolo, leggero e Heavy, pesante, forte. Trattandosi di birre che raggiungono facilmente i dieci gradi alcolici, è facile cogliere l’ironia. La Fata Morgana vanta giustappunto un lodevole 9% vol e uno spettro aromatico che abbraccia note di frutta disidrata e sotto spirito, ciliegie, amarene, prugne, ma anche sentori maltati di caramello. Chiede la ciccia. O un bel pecorino stagionato. 

Ecco, direi che a questo punto possiamo rimetterci marcia. Lasciamo dunque Latina e raggiungiamo il Borgo di Fogliano. Si tratta di un bel complesso di edifici settecenteschi che comprendono anche un Orto Botanico. Vale una sosta. Approfittate anche per fare un giro sul vicino lago, il più grande tra quelli della costa laziale. Imbocchiamo poi la Strada Lungomare Pontino e… godiamoci lo spettacolo. Il litorale è bellissimo a tratti spettacolare, soprattutto da Belsito, fino al Promontorio del Circeo. Un luogo iconico, stupendo. Dove perdersi su sentieri semplici oppure molti impegnativi, che conducono a panorami mozzafiato, ammirati fin da tempi remoti. Attraverso questa rete che si articola lungo 21 chilometri di tracciati, si possono raggiungere, ad esempio, il centro storico di San Felice Circeo, l’Acropoli dei Circei con le sue mura ciclopiche, le fortificazioni costiere cinquecentesche di Torre Paola e Torre Fico o l’avamposto napoleonico della “Batteria” ai piedi del promontorio, direttamente sul mare. Il Promontorio del Circeo, un rilievo calcareo alto 541 metri, simbolo stesso del Parco, troneggia ovunque nella Pianura Pontina e il suo profilo scatena da sempre la fantasia umana, facendone nei secoli, dimora di dei, maghe ed eroi di ogni sorta. Secondo la tradizione, Ulisse sarebbe entrato con la sua nave nell’odierna Cala dei Pescatori sul Lago di Paola, per poi rimanere vittima della Maga Circe, il cui profilo sarebbe ancora oggi riconoscibile nella sagoma della montagna. Il versante interno del Promontorio, chiamato “quarto freddo”, ospita una fitta foresta termofila. E sul versante opposto, il “quarto caldo”, esposto a sud e a ridosso del mare, il clima determina una vegetazione a macchia mediterranea meno rigogliosa, con specie resistenti a salsedine, siccità e alle alte temperature estive. Sul versante a mare ci sono molte grotte, da visitare in barca, in canoa, in sup (stand up paddle), o in diving, dove sono anche stati rinvenuti numerosi reperti preistorici di notevole interesse. La più famosa è la Grotta Guattari in cui nel 1939 fu ritrovato un cranio neanderthaliano. E così ci ho messo pure la nota dark. Prima di lasciare il Promontorio, se non ci siete capitati perdendovi su qualche sentiero, non dimenticate di fare un giro a San Felice Circeo. Borgo antichissimo, preistorico, che fu colonia romana, possedimento Templare nel Medioevo, Feudo dei Caetani e poi roccaforte strategica per lo Stato Pontificio. Davvero notevole. Una volta terminata la visita con la dovuta calma (consiglio una giornata intera per il Promontorio), rimettiamoci in marcia. 

Costeggiamo il Lago di Paola dal lato interno, passando dalla Fonte di Lucullo (primo secolo a.c.) e raggiungiamo il sito archeologico della Villa di Domiziano, edificata, come detto, nel primo secolo dopo Cristo. La Villa merita senza dubbio una deviazione, sia per la bellezza del sito, sia per il contesto ambientale in cui si trova. Mettete in conto un paio d’ore. Da qui iniziamo a risalire verso Latina, percorrendo la Strada Litoranea. Mettete in un’ora e mezza in bicicletta. Se invece siete comodamente in auto, prendete le SS148 e poi la SS156, fino a via dei Monti Lepini, dove ha sede il secondo birrificio del nostro itinerario: il Birrificio Pontino. In pratica abbiamo fatto il giro lungo tra i due produttori cui è dedicato questo racconto, in effetti distanti appena cinque chilometri, una decina di minuti insomma. 

Pontino nasce nel 2011 dopo lunghe meditazioni al bancone dei pub romani, su tutti il “Ma che siete venuti a fa’”. L’idea è trasferire la passione in un’attività professionale e così, dopo un classico percorso di homebrewing durato alcuni anni, la compagine decide di trasformarsi in un’impresa a tutti gli effetti. Con i comprensibili andirivieni del primo periodo si forma il team di lavoro, composto da quattro soci: il birraio Matteo Boni, fondatore assieme a Stefano Ruffa (contabilità), il commerciale Egidio Palumbo e Roberto Tofani alla comunicazione. Caso vuole che, a seguito del devastante terremoto abbattutosi su l’Aquila nel 2009, il locale Brew Pub Magoo di Adolfo Scimia sospese la produzione. Da qui, nel 2012, la decisione di rilevarne l’impianto, estratto letteralmente dalle macerie e portato in birrificio. Si tratta di un Compact Wachsmann da 10 hl del 1998, che va a sostituire l’impianto utilizzato per le prime cotte, preso di seconda mano dal toscano L’Olmaia. 

Altro momento fondamentale per la crescita tecnica del birrificio è stato l’incontro con Mike Murphy durante un’edizione della crociera “Un mare di birra”. Mike ha fornito consigli utili e soprattutto ha inviato i ragazzi di Latina nel suo tempio: il birrificio Lervig Aktiebryggeri. Nonostante fosse divenuto nuovamente padre da pochi giorni, il buon Mike non si è risparmiato, rendendo la trasferta decisamente utile. L’amicizia rimane e difatti tempo dopo nascerà anche una collaborazione tra Pontino e Lervig, la Spaccapalato, una West Coast Ipa da 6.7 gradi e 146 IBU, davvero ben riuscita. Ad oggi tra classiche, one shot stagionali Pontino conta su oltre trenta referenze dedicate agli stili più disparati, con un occhio di riguardo per il mondo luppolato. Tra le più significative merita menzione la prima birra brassata, la Runner Ale, una American Pale Ale da 4.8% vol. con luppoli americani a dispensare beva e freschezza. Altra etichetta bandiera è la Purple Ale, una Double Peated Ipa da 8.5% vol. aggressiva, calda e pericolosa. Gran corpo con una leggera nota torbata a graffiare la bevuta. Cambiamo decisamente stile ed ecco a voi la 41° Parallelo Barrel Aged, una Farmhouse Ale di 5 gradi prodotta con lieviti spontanei, brettanomiceti e Kiwi giallo dell’Agro Pontino IGP. Il tutto affinato in botti di legno per alcuni mesi. Intrigante davvero. Chiudo con un altro cavallo di battaglia del birrificio, la Mosquito Pale Ale, 5.3% vol., dedicata alle piacevolissime zanzare delle pianure pontine. Una birra rinfrescante, facile, piacevole. La giusta difesa contro calura e umidità. Da segnalare la Tap Room che il Birrificio Pontino ha aperto nel 2016 nella stessa sede di produzione. Uno spazio davvero simpatico, in stile urban moderno, dove parlare, leggere e, speriamo presto, poter tornare a partecipare a eventi tematici e degustazioni.