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7 consigli per fare una Lager perfetta. Parola di Josif Vezzoli di Birra Elvo

Josif Vezzoli, birraio di Birra Elvo regala ai nostri lettori sette consigli per realizzare una splendida bassa fermentazione.

Avere pazienza.

Prima di iniziare a fare lager bisogna essere consapevoli dei tempi. Per un ciclo di fermentazione fatto bene servono dai 15 ai 21 giorni a cui bisogna aggiungere almeno un mese di lagerizzazione. Produrre queste birre ha anche un costo per un birrificio, dovuto ai lunghi tempi, ad un’attrezzatura adeguata e allo spazio necessario in cantina. Regole che valgono, con le dovuto proporzioni, anche per chi produce in casa. Il consiglio per gli homebrewer è quello di farle meno volte durante l’anno, meglio quando le temperature più fredde aiutano, ma farle bene, rispettando i tempi. Per fare un esempio che avvalora l’importanza della maturazione, durante il Covid, non avendo problemi di cantina, ho avuto modo di far sostare alcune lager anche per 6 mesi. Risultato? Sono diventate ancora più buone, pulitissime, prive di ogni sorta di spigoli, con un gusto unico dato dalla fusione totale di malto e luppoli. E non c’è segreti, se non quello di aspettare. Certo la birra deve essere buona in partenza e priva di problematiche che con il tempo possono manifestarsi (tipo l’ossidazione). Ma chi sa aspettare, sa godere.

 

Far lavorare al meglio il lievito.

Il lievito durante la fermentazione rilascia sensazioni sgradevoli. Anche qui la regola è la stessa, semplice ma efficace: con maturazioni adeguate (3-4 settimane) i composti dello zolfo vengono assorbiti. Si deve lavorare anche a monte però, ovvero in fermentazione, per evitare un eccesso di problematiche. Fondamentale far seguire alla birra le corrette temperature per ridurre composti indesiderati, come la pausa diacetile. In birrificio quando la birra arriva a circa un paio di plato lascio salire la temperatura a briglia sciolta, perché il lievito non ha più la potenza di alzare la temperatura di molti gradi. Così facendo la temperatura può arrivare fino a 16 gradi dai 10 a cui si trovava. Certo questo dipende anche dalla temperatura esterna, ad esempio d’estate non faccio mai superare i 16-17 gradi. In inverno invece è difficile ottenere questo risultato quando in cantina il termometro segna 10 gradi e massimo la birra arriva a 13. In questo caso lascio qualche giorno in più alla pausa diacetile (in generale da un minimo di 3 a un massimo di 7 giorni). La produzione di puzze dipende anche dal ceppo di lievito utilizzato. Ad esempio io faccio una birra che si chiama Garanzia, una keller fermentata con il lievito W-159 che rispetto a un 34/70 rilascia molti più composti dello zolfo e necessita di lagerizzazioni maggiori. Basta saperlo e comportarsi di conseguenza.

Utilizzare l’acqua giusta.

Avere un’acqua batteriologicamente buona non è sufficiente, questo assicura che i valori rientrino nei termini di legge ma possono esserci degli elementi che influiscono sul lavoro del lievito, stressandolo, aumentando così la possibilità di creare degli odori non gradevoli. La qualità dell’acqua è fondamentale. Noi abbiamo la fortuna di avere un’acqua leggera, la più leggera d’Europa, è quasi un’acqua distillata. Comunque dipende da che lager si vuole fare: per una helles, una bock, una keller rispetto ad una pils va bene un’acqua leggermente più ricca in sali come quella di Monaco ad esempio, con più carbonati e un po più di calcio. Io non modifico mai la mia acqua, perché voglio che sia un marchio distintivo del birrificio, per questo le mie helles e bock sono più snelle, hanno una rotondità meno marcata e sono dotate di buona secchezza. Il consiglio in casa per una Pilsner è quello di acquistare l’acqua in bottiglia, con caratteristiche tipo la Lauretana.

Valorizzare il malto.

Un bravo birraio deve plasmare il malto a seconda della birra che vuole ottenere. Il lievito deve lasciare meno traccia possibile di sé e anche il luppolo non è un attore protagonista. Molto importante è quindi selezionare malti di qualità. L’ammostamento deve essere calibrato bene anche sulla base dell’acqua che uno dispone: ad esempio con la mia posso permettermi di ridurre al minimo le destrine perché voglio che il residuo zuccherino sia quello che lascia il lievito e basta.

Avere costanza e metodo.

Il mio consiglio è quello di limare la ricetta, non cambiate sempre gli ingredienti, scegliete le migliori materie prime e selezionate sempre lo stesso fornitore di malto. Solo così potrete migliorare. Le lager non sono birre da creativi, bisogna essere metodici e precisi. La ricetta va studiata e una volta raggiunto l’obiettivo si lavora su pulizia e rigore.

 

Usare il naso.

Fate degli assaggi e annusate la birra in fase di fermentazione. È normale che ci siano delle puzze. Personalmente con il tempo ho accumulato un’esperienza per cui riesco a individuare il momento preciso per cambiare temperatura sulla base degli odori che la birra esprime fin dalla fermentazione. Oggi riesco addirittura dall’odore a stimare il plato. Le puzze è giusto sentirle nella prima fase di fermentazione quando il gorgogliatore è aperto. Bisogna far volatilizzare questi composti e bisogna mettere in pressione il più tardi possibile. Io chiudo ad un plato, un plato e mezzo, quasi contemporaneamente alla pausa diacetile. Per essere precisi metto in pressione un giorno dopo l’inizio della pausa diacetile. Io non uso CO₂ aggiunta, quindi chiudo quando so che la CO₂ che verrà generata è quella che mi serve, e mando in pressione fino ad un 1,2-1,3 bar. Quando metto in pressione il 90% delle puzze si sono dileguate e il grosso delle problematiche se n’è andato via. Certo non ci sono quei profumi della prima fase di fermentazione, ma per tornare ai livelli di pulizia serve la lagerizzazione, non ci sono alternative o scorciatoie. Il consiglio non è quello di guardare solo il densimetro, noi ad esempio non lo usiamo più in birrificio. Con l’esperienza si riesce a capire se la birra ha una problematica o meno, se è pronta o meno, non servono solo i numeri. Certo questo livello di esperienza si raggiunge con gli anni e aiuta molto replicare sempre la stessa birra.

Evitare di rifermentare.

Ci sono delle lager artigianali che effettuano rifermentazione, ma a mio avviso questo processo anche se effettuato nei migliori dei modi, ovvero cercando di minimizzare gli effetti, comunque produce un qualcosa a livello organolettico che è avvertibile nel bicchiere e che mi procura fastidio. Personalmente riconosco quando c’è una una pilsner rifermentata da una dolcezza aggiuntiva di sottofondo associabile allo zucchero leggermente candito che sporca il profilo della birra.

Concludendo: Il trucco per fare una buona lager? Non esiste! Non ho da dire qualcosa che vi farà esclamare: ecco il segreto! Sulla carta la missione appare semplice: riuscire a fare un mosto che sia più adatto possibile alla birra che vogliamo realizzare, fare una fermentazione con i tempi giusti e sapere aspettare.