Approfondimenti HBHomebrewingIn vetrina

4 lieviti per 4 birre: l’importanza del lievito nella produzione casalinga [test]

Quando si produce birra in casa, prima o poi si entra nel loop del perfezionamento delle ricette. Avendo a disposizione centinaia di ingredienti diversi tra luppoli, malti, lieviti e addirittura acque, a un certo punto ci si domanda quanto la variazione di un singolo ingrediente incida davvero sul prodotto finito. Tenendo conto che i tempi di produzione, dalla cotta all’assaggio, variano dal mese agli anni, è facile che la frustrazione monti a livelli paranoici, specialmente quando si utilizza un nuovo ceppo di lievito. Se infatti gli altri ingredienti si possono assaggiare e annusare prima della produzione, per avere un’idea, anche vaga, del loro effetto sul prodotto finito, nel caso del lievito questo è impossibile. L’unico modo è produrre e aspettare. Assaggiare birre in commercio può essere utile, ma spesso non si conosce il ceppo utilizzato dal tal birrificio e comunque, in molti casi, non è detto che il contributo del lievito risulti evidente. In alcuni stili, come per esempio quelli appartenenti alla cultura belga, la fermentazione produce un’impronta organolettica piuttosto evidente e facilmente identificabile anche dal naso meno esperto: spezie come pepe o chiodo di garofano dominano il bouquet aromatico, supportate spesso e volentieri da una buona dose di sentori fruttati con sfumature di pesca, banana o pera. In molti altri casi, invece, il lievito gioca nelle retrovie, lasciando il campo alla muscolosa aromaticità del luppolo o alle note tostate dei malti. Ma è proprio in casi come questi, dove il ruolo della fermentazione sembrerebbe ridursi alla sola conversione degli zuccheri in alcol, che il lievito gioca un ruolo importantissimo. Molti ceppi vengono impropriamente definiti “neutri” perché non producono aromi in quantità significativa, ma il loro lavoro è tutt’altro che neutro.

A volte rilasciano composti che ingentiliscono e ammorbidiscono il profilo aromatico di una birra, oppure producono delle sostanze, come il glicerolo, che arrotondano il mouthfeel; alcuni lieviti cosiddetti neutri esaltano le note aromatiche del luppolo, altri smorzano l’aroma del malto. Inoltre, ogni ceppo porta la birra a livelli di attenuazione differenti, lasciando dietro quantità e tipologie diverse di zuccheri non fermentati: anche questo ha un impatto sul corpo e sul gusto della birra, rendendo ciascuna fermentazione unica. Nessun lievito è veramente neutro, ma cogliere le differenze tra l’uno e l’altro può essere tutt’altro che banale. Da amante degli stili anglosassoni, dove il lievito non caratterizza le birre come negli stili belgi, mi sono sempre chiesto quali fossero i tratti distintivi di un ceppo rispetto ad un altro. Sulla carta, le caratteristiche di questi ceppi sono abbastanza chiare: attenuano mediamente meno di quelli americani o belgi; hanno un profilo aromatico leggermente fruttato, anche se non ben definito come quelli belgi; producono spesso diacetile, un aroma burroso che in basse quantità può rendere la birra più morbida e rotonda al palato; tendono a esaltare le note del malto, portando in evidenza i toni biscottati e tostati. Parliamo però di lievi sfumature, dettagli che spesso sono difficili da cogliere quando si assaggia il prodotto finito.

 

Curioso di esplorare questo tipo di fermentazioni con maggiore profondità, ho pensato di lanciarmi in un piccolo esperimento comparativo: produrre diverse birre partendo dallo stesso mosto, variando unicamente la tipologia di lievito impiegato per la fermentazione. Ho contattato quindi l’amico homebrewer Claudio Neri e insieme abbiamo deciso di estendere l’esperimento a quattro ceppi di lievito. Abbiamo prodotto due birre a testa sui nostri due impianti casalinghi, per poi convocare qualche amico degustatore e confrontarci, con assaggi alla cieca, annotando le osservazioni di ciascuno sui diversi profili organolettici. Ci è sembrato un approccio ragionevole per avere dei risultati qualitativi, senza alcuna pretesa di rigore statistico. Come base abbiamo scelto una birra semplice, non fortemente luppolata, che potesse lasciare il giusto spazio al lavoro del lievito. Una Irish Red Ale, da fermentare con quattro lieviti, tre secchi e uno liquido: il Safale S04 della Fermentis, l’M15 Empire Ale della Mangrove Jack’s, l’US05 della Fermentis (il cosiddetto lievito “neutro”) e il liquido London Ale III della Wyeast. Siamo consapevoli che il fatto di aver prodotto la ricetta su due impianti diversi ha aggiunto una ulteriore variabile al test: l’assaggio alla cieca, tuttavia, non ha evidenziato differenze significative riconducibili a questo fattore. Parliamo di evidenze qualitative, sia chiaro, quindi in qualche modo soggettive e difficilmente dimostrabili. Tuttavia i risultati ci sono sembrati interessanti. Tutte e quattro le birre sono state fermentate alla stessa temperatura partendo dalla medesima ricetta. Delle quattro birre, tre sono arrivate a una densità finale di 1.016 (le tre fermentate con i lieviti secchi), mentre il lievito liquido London Ale III ha portato la quarta birra a una densità di 1.014.

Vediamo cosa è emerso dagli assaggi alla cieca.

FERMENTIS US-05
Al naso l’intensità è scarsa. Il profilo maltato è molto semplice e diretto: il campo è dominato dal caramello tostato, accompagnato da una lievissima sfumatura di diacetile. Al palato si conferma il caramello tostato, piuttosto intenso, che lascia spazio ad un ricordo di liquirizia sul finale. La birra, nel complesso, risulta piuttosto monodimensionale e forse eccessivamente watery. Da segnalare un leggero diacetile anche al palato: probabilmente svanirà del tutto con una maturazione più prolungata (il lievito US05 tende a produrre questo composto ma lo riassorbe totalmente con il tempo).

FERMENTIS S-04
Sebbene questa birra sia stata prodotta a partire dallo stesso mosto della precedente sul mio impianto casalingo, le differenze rispetto alla sorella fermentata con US-05 risultano piuttosto evidenti. Al naso l’intensità è ancora scarsa, ma la complessità migliora decisamente: non troviamo solo caramello ma anche note di crosta di pane e biscotto. L’aroma di caramello è più morbido, ed evoca un ricordo di un dolce cremoso. Alla componente maltata si affiancano leggere note erbacee e floreali, molto sottili. Al palato le differenze rispetto alla versione fermentata con US05 si notano meno. La principale è l’assenza di diacetile, per il resto le due birre risultano abbastanza simili. In generale, questa versione è più rotonda e piacevole.

MANGROVE JACK’S EMPIRE ALE (M15)
Aroma molto simile al profilo del campione precedente. Caramello e mou in evidenza, con note che ricordano qualcosa di dolce (una leggera vaniglia). Intensità scarsa anche in questo caso, come del resto è previsto dallo stile. Al palato presenta un corpo leggermente più pieno rispetto alle altre due birre, più simile alla birra fermentata con S04.

WYEAST LONDON ALE III (1318)
Al naso l’intensità è media. Emergono note di caramello supportate da sentori mielati. Buona anche la persistenza aromatica, con note che ricordano sensazioni dolci (crema), forse dovute ad un leggerissimo diacetile comunque molto piacevole. Al palato colpisce il corpo morbido e vellutato, che alterna al caramello sentori di mou e miele, tenuti egregiamente insieme da una cremosità inaspettata. Emerge netto il carattere del lievito inglese che stupisce senza eccedere, conferendo a questa birra un’intensità inaspettata senza snaturarne lo stile.

 

CONCLUSIONI
Tra le quattro birre, quella fermentata con il lievito liquido ha nettamente superato le altre. La differenza principale si è rivelata nel corpo: il mouthfeel morbido e cremoso ha reso la bevuta estremamente piacevole e soddisfacente, nonostante la bassa gradazione alcolica e la consistenza watery caratteristica di questo stile. I tre lieviti inglesi, nel complesso, hanno prodotto un bouquet aromatico di maggiore complessità rispetto al lievito neutro, pur non manifestandosi in maniera evidente con esteri o sentori speziati. L’assenza di una luppolatura decisa in aroma sembra aver reso piuttosto spenta la birra fermentata con US05, ceppo americano che solitamente amplifica il contributo aromatico del luppolo. L’US05 ha prodotto un profilo maltato monodimensionale, nonostante la ricetta prevedesse diverse tipologie di malto (sentori che sono emersi nelle altre fermentazioni). Al palato, le tre birre prodotte con i lieviti secchi sono risultate invece piuttosto simili, con differenze meno marcate rispetto all’aroma.

 

RICETTA
OG: 1.045 / FG: 1.014
IBU: 25 / ABV: 4.4%
MALTI
Maris Otter | 83.8%
Weyermann CaraRed 50EBC | 5.6%
Crystal (120EBC)| 3.7%
Fiocchi d’orzo | 5.6%
Chocolate (900EBC) | 1.3%
LUPPOLI
Magnum | 60 minuti | 13 IBU
East Kent Goldings | 15 minuti | 2 IBU
LIEVITO
Wyeast London ALE III (1318)

PROCEDIMENTO
Ammostare a 67 gradi per 60 minuti o fino a conversione. Portare a ebollizione e aggiungere le gettate di luppolo come indicato in ricetta. Preparare adeguato starter di lievito per raggiungere il tasso inoculo. Fermentare a 18°C per due giorni. Al terzo giorno alzare la temperatura a 19°C e al sesto giorno portarla a 20°C, mantenendola costante per altri 5 giorni. Abbassare quindi la temperatura intorno ai due gradi per un paio di giorni, travasare e imbottigliare puntando a una carbonazione di 2 volumi. Si può iniziare a gustare ad un mese dall’imbottigliamento, valutandone in prima persona l’evoluzione organolettica che dovrebbe raggiungere il picco in un paio di mesi.