News

Per fumare sul divano: Il Toscano del Presidente e la Xfumé targata Le Baladin

“Una scoperta non è né grande né piccola; dipende da ciò che essa significa per noi” (Ludwig Wittgenstein)

Come frase d’inizio può apparire strana, ma racchiude il sentimento che ho provato dopo che Teo Musso ha appoggiato sul mio tavolo una piccola bottiglia scura, ma soprattutto il momento in cui ho versato nel bicchiere il contenuto e l’ho gustato. Parliamo spesso di nuovi inizi, siamo passati attraverso la fine di un secolo, stiamo lasciando l’era dei Pesci per essere accolti in quella dell’acquario (e questo passaggio per me è un poco claustrofobico: non sopporto gli spazi ristretti), ma io sono definitivamente entrato nell’era delle Birre da divano.

Ma credo di dover fare prima un passo indietro perché magari qualcuno, ben pochi credo, si chiederà: chi diavolo è Teo Musso? Racchiudere Teo in poche parole è un’ardua impresa, sono stato a cena con lui il 14 di marzo, e ci ha raccontato un poco della sua vita; quando ha finito mi sono chiesto se davvero ha solo 44 anni, perché per fare, e sorreggere, tutte le iniziative da lui avviate ci vorrebbe una vita intera. Comunque il mio scopo è sintetizzare (quanto sono riduttive ed inesatte le sintesi, ma nella loro imperfezione vere forme d’arte, quasi haiku), Teo è il precursore ed il demiurgo della birra artigianale in Italia, il creatore delle birre Baladin. Ma soprattutto è lo sperimentatore a cui dobbiamo questa meraviglia che riposa nel mio bicchiere (anch’esso una creazione del nostro in collaborazione con Kuaska, ma questa è un’altra storia).

Il liquido che giace nel mio TEKU non è altro che acqua, malto, luppolo e lievito, in poche parole birra, ma ricordate sempre che non esiste la Birra, ma esistono le Birre. Per spiegarvi cos’è devo partire di nuovo dalle parole di Teo a cena quella sera quando ci ha disgelato il suo rapporto conflittuale con il mondo del vino (che per un langarolo è una stranezza assoluta). Teo non ama il vino, disavventure giovanili credo, e l’unica forma in cui apprezza il succo d’uva fermentato è quella dei passiti. Per cercare di riunire a questo piacere quello primario della birra decise di fare degli esperimenti legati all’ossidazione del prodotto e alla maturazione del medesimo attraverso l’utilizzo dell’ossigeno e dell’acciaio in cui staziona la birra per circa due anni. E’ un processo apparentemente semplice, ma che ha una potente matrice alchemica trasformando una base di prodotto in un prodotto più nobile: nasce Xiauyù.

Ma la voglia di sperimentare non si ferma qui, l’abbinamento con i sigari (Teo non fuma più, troppe sigarette ahilui, ma i suoi collaboratori amano il sigaro) viene testato più volte e i risultatati sono sempre ottimi e allora perché non osare di più? Attraverso il sapiente uso del lapsang souchong, un tè il cui colore ambra scura viene ottenuto prima per ossidazione (ricordate la birra), quindi per affumicatura delle foglie; è un tè nero che, grazie ai processi sopra accennati, rilascia aromi di tostato e frutta secca, legno e anche un poco di stallatico (sembra quasi di fumare un extravecchio eh?), il nostro mastro birraio ha ottenuto una birra da divano perfetta per una grande fumata. Attenzione, dimenticatevi il cappello di schiuma e le bollicine, qui siamo davanti ad un grande cognac, ad un calvados depotenziato dall’alcol e arricchito dai sentori di fumo (mi richiama alla mente il Brandy al Tabacco Toscano di Villa Zarri). La bottiglia potete lasciarla aperta per mesi e la birra non si deteriorerà, la scadenza non deve preoccuparvi (o forse in un certo senso si) è soltanto la fine del mondo.

La Xfumè (questo è il nome) è importante per la sua nobile e magica natura abbinarla ad un grande prodotto, e per l’occasione mi sono procurato una scatola di Toscano del Presidente appena uscita. Fatto solo con tabacco Kentucky della più alta qualità, il sigaro Toscano del Presidente stagiona per un anno seguendo gli stessi antichi procedimenti che venivano utilizzati nel XIX° secolo. Già l’aspetto rivela il carattere particolarissimo del Toscano del Presidente: una spiccata personalità contrassegnata dalla forma sempre diversa.

A vederlo il Toscano del Presidente si presenta scuro conbagliori color terra di Siena, stortignaccolo quanto basta ancora spento profuma di cuoio e liquirizia. Ma è quando l’accendi che esprime la parte migliore di sé: maturo, vigoroso e rotondo, ti avvolge il palato di cacao amaro e rilascia gli amati aromi di legno e stallatico che riempiono il tuo naso e la tua anima. Un aroma nobile e persistente che si esprime con forza e decisione. Nel finale si addolcisce, ma rimane pungente e vigile virando dal fondente al cioccolato al latte. Il connubio con la birra permette ad entrambi di affilare le armi ed esprime le caratteristiche precipue, ma i toni non sono il clangore della battaglia, anzi si evocano pelli d’orso (non me ne abbiamo gli animalisti, parliamo di pelli finte) e camini accessi ed il fumo è un preludio (come diceva Gadda “Il fumare lo aiutava molto davanti alle donne, a cui il fumo piace, anche perché lo ritengono, e magari con ragione, un gradevole presagio dell’arrosto”). Le spezie diventano padrone del nostro palato, accanto al pepe appare una punta di coriandolo, il palato è impregnato piacevolmente di cioccolata salata e un vago sentore di banana.

E’ una degustazione che potete e dovete fare in dolce compagnia perché sono prodotti che generalmente le donne diranno di non amare, ma in questo caso credo che si dovranno ricredere: la dolcezza amara della birra attenua ed esalta il sapido velato di miele di corbezzolo del nostro sigaro in un incontro fra armonie e dissonanze (mi dovranno dare un premio per la frase con più ossimori in un articolo!), il fumo si confonde con il fumoso, i sentori con la realtà e così annebbiamo le nostre preoccupazioni:

“Io qui respiro il mio futuro fumo. E il cielo canta all’anima in consumo”.

2 Commenti