Stili da riscoprire: Stjørdalsøl, la birra affumicata norvegese
Non solo Franconia (con le Rauchbier), non solo Scozia (con le Smoked Ales torbate). La birra affumicata rivela un’altra sua patria: la Norvegia e in particolare il territorio, nella contea di Nord-Trøndelag, attorno alla città di Stjørdal. Questa comunità, di circa 21mila abitanti, costituisce, insieme al vicino villaggio di Hegra (860 anime), la culla di uno stile brassicolo denominato, alternativamente (a seconda che ci si trovi nell’uno o nell’altro de due centri abitati), Stjørdalsøl oppure Hegra Maltøl.
Al di là delle sottigliezze (e delle dispute rivendicative di campanile: tutto il mondo è paese), quel che conta è che si tratta della stessa tipologia, elaborata seguendo le medesime regole d’ingaggio. La prima delle quali è di carattere organizzativo. Secondo la tradizione, il brassaggio è curato da un gruppo di persone (da 5 al 10), il såinnhuslag, così chiamato perché assume la gestione di un impianto definito såinnhus: un sito progettato precipuamente per l’essiccazione del malto, ma (di norma) attrezzato anche per completare l’intero ciclo di produzione della birra.
Fulcro dell’installazione è comunque l’attrezzatura per l’asciugatura del cereale: rigorosamente provvista di aperture superiori onde lasciar uscire il fumo, giacché il cuore della struttura (ovviamente costruita in mattoni) è una vasca contenente un forno nel quale vengono fatti ardere ciocchi di ontano bianco; anzi, ogniqualvolta si accende un såinnhus occorre darne comunicazione alle autorità di controllo del traffico aereo e di vigilanza antincendio. Dal punto di vista del risultato brassicolo, la peculiarità della procedura risiede nella presenza, a chiudere superiormente la vasca dalla quale escono i vapori della combustione, di un tavolato anch’esso ligneo, finemente disseminato di piccoli fori: la cui larghezza è, da un lato, sufficiente a lasciar passare il flusso degli appena citati vapori; e, dall’altro, abbastanza contenuta da non fare cadere il cereale disseminato al di sopra delle assi stesse, che quindi riceve un’impronta inequivocabilmente fumée .
Il malto così ottenuto (per la cottura occorrono da 15 a 20 ore: ci si ferma non appena il primo chicco d’orzo esplode sotto l’effetto del calore, come il mais nel preparare il pop-corn) viene miscelato in percentuali diverse ad altre varietà; e unito, in parimenti varie proporzioni, all’acqua di mashing, ricavandone – dopo la trasformazione del mosto ad opera di lieviti al alta fermentazione – risultati finali differenti per colore, corpo e grado alcolico. Non negoziabile è invece la tipicità del processo di bollitura del mosto, da effettuare inderogabilmente con einlaug ovvero acqua portata a ebollizione con rami di ginepro.
Per quanto specialità di nicchia (nella stessa Norvegia circola raramente lontano dal distretto di Stjørdal), questa tipologia fortemente identitaria è oggetto di interesse e forte riscoperta: nel giro di pochi anni, a Hegra, i såinnhuslag sono passati da cinque a oltre 40.