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Ricetta dell’Imperial Coffee Stout del Birrificio Amiata

Nella miglior tradizione delle birre di Natale, abbiamo sempre prodotto una scura (porter) molto speziata, con cannella, zenzero, noce moscata, uva sultanina, sciroppo d’acero e cacao. Quest’anno si è invece deciso di variare, di incrementare il tasso alcolico ma soprattutto di cambiare la ricetta, incuriositi dall’idea di infondere nella birra un caffè di qualità. Ci siamo quindi rivolti ad uno stile, l’Imperial Coffee Stout, poco “frequentato” in Italia, che negli USA regala birre interessanti quali la Jahva di Southern Tier, la Terrapin Coffee Oatmeal Imperial Stout e la Kujo Imperial Coffee Stout di Flying Dog. Nella progettazione della ricetta volevamo evitare sia l’effetto cioccolatino che quello liquore al caffè, cercando al tempo stesso che l’aromatizzazione fosse presente, “nobile” e percepibile anche dopo diversi mesi. Essendo infatti una birra ad alta gradazione, la sfida era di provarne le caratteristiche nell’invecchiamento. Per la materia prima ci siamo rivolti alla torrefazione livornese “Le Piantagioni del Caffè”, chiedendo un caffè morbido, profumato, dalle note di cioccolato, tabacco e spezie, che ben si sarebbe integrato con i malti scuri della Imperial Stout. Ci hanno suggerito una miscela di due varietà mono: 50% di San Luis e 50% di Raigode, il primo proveniente dal Salvador, il secondo dall’Indonesia. Ricordo che mentre portavo in auto queste due confezioni di caffè, da Livorno ad Arcidosso, mi sembrava di essere in una stanza di tostatura: un aroma potente si sprigionava nell’abitacolo, tenendomi ben sveglio nonostante fosse notte fonda. E mi venivano in mente tutti quei birrai americani o tedeschi che, quando vanno a prendere il luppolo fresco, si muovono in diversi, per guidare a turni serrati evitando di cedere ai potenti effluvi soporiferi dei fiori di luppolo. Fortunatamente, visto che ero solo alla guida, gli effetti erano contrari.

La nostra acqua è molto leggera, con pochissimo di tutto, per cui è stato necessario, per tamponare l’acidità dei malti scuri, l’aggiunta di un po’ di bicarbonato, elemento in genere bandito e odiato dai birrai ma in questo caso necessario. Tra l’altro, per evitare l’asprezza che gli stessi malti provocano se riscaldati per lunghi periodi, ne abbiamo inserita la maggior parte al momento del trasferimento dal tino di ammostamento a quello di filtrazione. Infatti Roasted, Cara Afa III e Crystal sono stati aggiunti tardivamente, mentre l’ammostamento è stato eseguito con Pale Ale, Chocolate e Cara Munich. Sul lato luppoli ci siamo rivolti al Nugget come amaricante ed a EKG e Willamette per l’aroma. Normalmente non mixiamo mai i lieviti, ma per questa birra natalizia abbiamo voluto creare una specie di party per i nostri amici mangiatori di zucchero e per questo abbiamo aggiunto S-33, K-97 e Windsor.

Il caffè è stato tenuto in frigorifero qualche giorno, poi portato nella migliore caffetteria di Arcidosso per una macinazione molto fine e infine aggiunto a una buona porzione di acqua di montagna bella ghiaccia, per un’estrazione a freddo durata tre giorni. A fine fermentazione, iniziato il raffreddamento della birra, l’estratto è stato versato nel fermentatore e lì mantenuto per più di dieci giorni: in più abbiamo messo una piccola dose di chips di botti di Jack Daniels, che hanno aggiunto un po’ di tannini senza però renderla aspra ed asciutta.

Si tratta di una prima cotta, quindi c’è tutto ancora da capire, specie sul comportamento nel medio e lungo periodo. Ancora giovane è stata però presentata al Salone del Gusto di Torino, ricevendo consensi abbastanza unanimi. La nostra più grande soddisfazione è stata quella di aver ricevuto i complimenti di “niente popò di meno che” Sam Calagione, accorso al banco incuriosito dalle lodi di un ragazzo americano che aveva provato la birra il giorno prima. Perché abbiamo scelto per una birra il nome di San Niccolò? Primo perché è il patrono di Arcidosso, e i nomi delle birre di Amiata sono in primis legati al territorio, poi perché Santa Klaus altri non era che San Nikolaus, San Niccolò appunto, che con il suo bel faccione rubizzo tiene in mano una buona birra e sorride a chi si ferma davanti alla bottiglia.

Dopo tanto parlare siete curiosi di sapere il risultato? La San Niccolò 2012 si presenta con una bella schiuma, densa e di color cappuccino (per godere maggiormente si consiglia di spinare a carboazoto), con un colore buio come una notte senza luna e senza stelle, un profumo dominante di caffè che poi si apre anche al gusto, sensazioni di affumicatura, quasi bruciate, arricchite da un lieve cenno di frutti a buccia rossa e una nota finale di luppolo. Si tratta di una birra di 8,8 gradi alcolici. Il più grande cruccio è stato non poterla inserire in una barrique di whisky che era stata preparata apposta, ma che purtroppo si è messa a perdere proprio il giorno prima dell’imbottigliamento.

Ricetta per 25 litri

Og.1083
Fg. 1017
Alcool 8,7%

Malti:
Pale 7.64 kg
Munich 0.60 kg
Caramunich 0.30 kg
Biscuit 0.20 kg
Special B 0.20 kg
Whet malt 0.20 Kg

Zucchero candito scuro 0.60 kg

Luppolo:
Perle 6.5 %AA 75 min. 22 g
Hallertau 3.8 %AA 25 min. 18 g

Spezie:
Uva Passa 5min. 50g
Cannella (stick) 5min. 30g
Pepe Bianco (Macinato) 5min. 10g

Lievito:
White Labs WLP500 Trappist Ale

 

 

Ricetta di Claudio Cerullo del Birrificio Amiata