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Alla ricerca della birra perduta!

Come sia effettivamente nata la birra non c’è modo di saperlo, sia perché non esistono testimonianze scritte, sia perché fino a prima dell’invenzione della ceramica quasi tutti gli utensili necessari alla produzione erano di materiali deperibili. Le antiche birre erano sicuramente molto diverse da quello che siamo abituati a bere oggi. Proprio queste “produzioni d’antan” sono l’oggetto di studio di diversi birrifici: alcuni realizzano birre a partire da ingredienti dell’epoca, come antiche varietà di lieviti o di grani, altri ancora cercano di ridare vita ad antiche ricette.

Phils Fossil Fuel1Tra gli esponenti del primo gruppo il caso più eclatante è quello di Fossil Fuel Brewing Company, il Jurassic Park brassicolo. Il lievito che viene utilizzato per brassare la loro wheat ale è stato infatti estratto da materiale biologico intrappolato in gocce di ambra provenienti da siti archeologici, databile tra i 20 e i 45 milioni di anni fa. L’idea di utilizzare questo antico fungo è venuta al micologo Raul Cano, ora comproprietario del birrificio, quando si accorse della  similitudine del lievito da lui isolato con il Saccharomyces cerevisiae. A ben vedere la Fossil Fuel ha più attinenza con la fantascienza di quanto non ne abbia con la storia: non si tratta infatti di una riproduzione storica, poiché il lievito è di svariati  milioni di anni antecedenti la comparsa dell’uomo e di buona parte dei mammiferi viventi ai nostri tempi.

international-arms-raceMolto più corrette, storicamente parlando, le birre che ripropongono tecniche produttive scomparse, come ad esempio il riscaldamento del mosto tramite l’inserimento di pietre roventi (processo attribuito ai Galli da cui derivano le steinbier). Anche l’uso del gruyt, la miscela di spezie ed erbe utilizzate un tempo al posto del luppolo, può essere fatto rientrare in questo contesto. Ne sono esempi recenti la La-Zia-Ale, una collaboration brew realizzata dalla A.Bi. (associazione che riunisce i mastri birrai del Lazio), brassata con un gruyt “laziale” composto da cicoria, tarassaco, mandorle e puntarelle, o la recente sfida tra Flying Dog e Brewdog chiamata International Arm Race, con i due birrifici impegnati nel realizzare la loro miglior Duoble Ipa a zero IBU con luppoli rimpiazzati da erbe bacche e radici. Non dimentichiamoci le birre realizzate con grani antichi, come ad esempio l’italiana Nora del Baladin, che evoca l’antico Egitto con il frumento Kamut e una speziatura dal sapor mediorientale.

TaHenketSe è vero poi che ci sono birrifici, come il norvegese Haandbryggeriet, che si propongono di mantenere in vita, e in certi casi di rinverdire, alcune ricette tradizionali prima che vadano perse, altri vanno ben oltre, puntando a vere e proprie “resurrezioni” birrarie. Potremo definirle “archeo-birre”, prodotti che traggono ispirazione dai reperti ritrovati durante gli scavi (anfore, recipienti e strumenti vari). In questa direzione uno dei più attivi è sicuramente l’americano Dogfish Head dell’eclettico Sam Calagione. Come fece Dupont nel 1983 per realizzare la sua Cervesia, il birrificio di Milton, Delaware, si avvale addirittura della consulenza di un archeologo per realizzare birre “del passato”. L’esperto in questione si chiama Patrick McGovern, direttore scientifico del laboratorio di Archeologia Biomolecolare del Museo di Archeologia e Antropologia presso l’Università della Pennsylvania, e dal 1999 si confronta con il team di Dogfish Head per ricreare antiche “proto birre” sulla base delle prove raccolte in siti archeologici, che formano la linea battezzata Ancient Brew. La prima di queste fu la Mida’s Touch, realizzata su tracce di un recipiente rinvenuto in Turchia nella tomba attribuita al leggendario Re Mida, con ingredienti come zafferano, uve di moscato bianco e miele. La seconda della serie fu la Chateau Jiahu, interessante perché basata sui resti databili a 9000 anni fa della più antica bevanda fermentata ad oggi conosciuta, rinvenuta dall’analisi di giare provenienti dal villaggio neolitico di Jiahu, in Cina: realizzata con riso, orzo, biancospino, miele di fiori selvatici, uve e fiori di crisantemo, la Chateau Jiahu viene fermentata con lieviti da sakè. Seguirono poi la Theobroma (“cibo degli Dei”), ispirata da frammenti di 3000 anni fa ritrovati in uno scavo in Honduras e brassata con cocco, fave di cacao, peperoncini e semi di anatto, e la Ta Henket, basata sull’interpretazione di geroglifici egiziani, con uso di un’antica varietà di grano, pagnotte di pane cotto a legna, camomilla e frutti della palma Dumn (Hyphaene thebaica) e una fermentazione affidata a lieviti selvaggi catturati nella zona de Il Cairo.

birraNel marzo 2012 Sam Calagione si è unito a due creativi birrai italiani quali Teo Musso (Baladin) e Leonardo di Vincenzo (Birra del Borgo) per realizzare una birra dedicata agli etruschi. Prodotta ancora una volta con la supervisione del dottor McGovern, annovera tra gli ingredienti un’antica varietà di grano detta Saragolla, malto d’orzo, melograni, miele, nocciole, resine naturali e uva passa. La birra è stata fermentata in anfore di terracotta appositamente realizzate da un artigiano toscano. Un altro recente e illustre caso di utilizzo di anfore per scopi birrari è quello di Cantillon: Jean Van Roy ha da poco cominciato a fermentare/affinare alcune delle sue birre direttamente in anfore di terracotta provenienti dalla Spagna. In un post sul sito della birreria dall’eloquente titolo “Back to the Future” (ritorno al futuro), Jean afferma di essersi lanciato in questa esperienza a seguito dell’incontro con i vini del produttore Gabrio Bini di Pantelleria: tanto è stato l’entusiasmo per la loro mineralità, la freschezza e le note fruttate da convincere Van Roy ad adottarne il metodo produttivo.

Articolo estratto dal numero 3 di Fermento Birra Magazine